AnimalsAsia e gli orsi della luna: “Salviamo queste creature da una vita di torture”
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Ricordo come già nel 2008 fui sconvolto dallo scoprire le “fattorie della bile”. All’epoca dirigevo il mio primo giornale – Terranauta – e pubblicammo un articolo a firma di Giovanna Di Stefano che denunciava il problema. Scriveva Giovanna, spiegando il fenomeno: “Cosa sono esattamente queste fattorie della bile? Sono delle camere di tortura. Non basta parlare di lager o di prigione, si tratta di una realtà ben peggiore, che va al di là di ogni umana immaginazione…”.
Ecco, talmente era dolorosa la realtà che dopo qualche anno il mio cervello deve aver inconsciamente rimosso il problema e ho quasi finito per dimenticarmene. Fino a che, in occasione del Macrolibrarsi Fest, ho avuto occasione di parlare con Carla Marani, di AnimalsAsia – nel video qui sotto potete vedere l’intervista – e di “rinfrescarmi la memoria” per scoprire che quindici anni dopo quel lontano 2008 il problema esiste ancora, ma anche che – per fortuna – molte persone, a differenza del sottoscritto, non hanno dimenticato la causa e grazie a loro si sono ottenute fondamentali vittorie. Ma facciamo un passo indietro.
COSA SONO LE FATTORIE DELLA BILE E CHI SONO GLI ORSI DELLA LUNA
Venticinque anni fa Jill Robinson, veterinaria, si trovò per caso in una fattoria della bile, con centinaia di orsi della luna in gabbia a cui, con metodi violenti e crudeli, quotidianamente veniva estratta dalla cistifellea la bile utilizzata in alcune medicine tradizionali. Dopo questa visione e il contatto diretto con uno di questi animali in gabbia, Jill decise che avrebbe dedicato la sua esistenza alla salvaguardia di questa specie.
È nata così AnimalsAsia, una rete oggi presente in tutto il mondo, principalmente in Cina e Vietnam – paesi in cui esistono numerose fattorie della bile – impegnata a mettere in campo azioni e campagne allo scopo di porre fine all’allevamento di orsi della luna nelle fattorie della bile e a migliorare le condizioni di vita degli animali in Asia.
Il paradosso è che dalla fine degli anni 70 l’orso nero – o orso della luna – rientra tra le specie protette perché in via di estinzione. È così che, per evitarne l’uccisione, si sono via via sempre di più diffuse le fattorie della bile che li tengono in “vita”, estraendo la bile. Queste fattorie sono spesso gestite, soprattutto in Cina, da famiglie poverissime che si servono di questa pratica per sopravvivere.
Nel 1998, quando pubblicavamo l’articolo su Terranauta, scrivevamo: “Circa 10.000 orsi sono in questo momento imprigionati a vita per l’estrazione della loro cistifellea, sostanza utilizzata per la preparazione di medicinali e profumi secondo la tradizione asiatica. In queste fattorie il possente corpo di questi animali è costretto tra le sbarre di una gabbia grande come loro stessi, nella quale sono condannati a rimanere per tutta la loro tragica esistenza, nella medesima posizione, ogni giorno, ogni minuto, senza poter mai uscire né muoversi, fino alla morte”.
ANIMALSASIA, TANTI ORSI LIBERATI E LA FINE DELL’INCUBO IN VIETNAM
Jill Robinsono ha quindi fondato AnimalsAsia, associazione che ha appena compiuto 25 anni e che è in prima linea nella lotta allo sfruttamento degli orsi della luna, nonché nel contrasto alla proliferazione del mercato della carne di cane e gatto o alla crudeltà contro altri animali in cattività. Secondo gli studi dell’associazione, gli orsi della luna sono la specie di orso più cacciata e trafficata al mondo. Con che risultati?
«Dal 1998 abbiamo salvato circa 700 orsi che abbiamo recuperato fisicamente e psicologicamente; abbiamo due santuari, uno nel sud della Cina e uno al nord del Vietnam. Stiamo costruendo la seconda riserva in Vietnam grazie a un accordo firmato nel 2017 con il governo locale, che si impegna a chiudere tutte le fattorie non appena sarà pronto un luogo dove ricoverare tutti gli orsi. A novembre cominceremo a spostare i primi orsi e il Vietnam sarà un paese completamente libero da questa piaga», racconta Carla Marani.
L’approccio di AnimalsAsia è sensibile e non giudicante e promuove una collaborazione con le comunità per trovare soluzioni sostenibili per tutte le parti interessate. Attraverso l’informazione rendono responsabili le comunità locali per il welfare di animali e persone, promuovendo cambiamenti a livello di base: ad esempio alternative ai prodotti di origine animale per l’uso nella medicina tradizionale.
E i risultati si vedono. Oggi, in Vietnam, gli orsi vengono ceduti volontariamente o confiscati dalle autorità perché la pratica è illegale. In Cina invece, poiché la pratica è ancora legale, gli animali vengono riscattati dietro un piccolo compenso che viene corrisposto a chi li detiene per consentire loro di riconvertire le proprie attività.
«In Cina è molto cambiata la situazione, il terreno dove sorge il santuario è di proprietà del governo, siamo stati accettati pur essendo un’organizzazione occidentale. Purtroppo il Covid ha bloccato tutto, la Cina si è chiusa molto e adesso stiamo lavorando molto poco, ma come dimostra l’esempio del Vietnam, “con perseveranza e gentilezza in azione” – il nostro motto –, nonostante i tempi lunghi, si ottengono grossi risultati» continua Carla.
Nonostante le difficoltà dovute al momento storico in particolare infatti, un abitante cinese della provincia di Liaoning di recente ha deciso di liberare tutti i suoi 140 orsi. All’inizio del 2021, 26 camion hanno percorso 1200 chilometri per arrivare al santuario di AnimalsAsia in territorio cinese, dove adesso gli orsi hanno trovato una casa e le persone che, fino a poco tempo prima li torturavano, oggi lavorano nella riserva. «Questa è la dimostrazione concreta che cambiare è possibile. Spesso noi occidentali pensiamo di essere superiori rispetto agli asiatici. Non è così! Anche noi abbiamo le nostre responsabilità. Ci siamo mai chiesti come ci comportiamo nei confronti degli animali?».
LA RETE DI ANIMALSASIA
AnimalsAsia non è impegnata solo a porre fine all’allevamento di orsi nelle fattorie della bile, ma anche a migliorare le condizioni di vita degli animali in genere, promuovendo compassione e rispetto. Cani, gatti, elefanti, circhi, parchi acquatici, nessuno è escluso. Nella riserva in Cina è presente anche una clinica veterinaria in cui si promuove la formazione per veterinari che, generalmente, hanno imparato a gestire solo animali da reddito. In questa clinica è possibile curare gatti, cani, conigli e animali domestici.
«Abbiamo una rete di volontari che lavora in tutto il mondo; faccio un appello anche a chi, in Italia, ha voglia di dedicare una parte del proprio tempo a questa causa. È possibile contribuire in tanti modi, ma serve molto sensibilizzare sempre più persone sul tema e al cambiamento, a partire dal nostro modo di alimentarci, di muoverci, consumare, leggere. Bisogna davvero cambiare la mentalità. Non è impossibile, noi abbiamo esempi concreti. Basta volerlo e cominciare, passo dopo passo e a partire da noi stessi, a lasciare le nostre comfort zone; solo così potrà avvenire un cambiamento anche al di fuori di noi», conclude Carla Marani.
Come dimostra la manifestazione dello scorso 7 ottobre sul tema dei santuari italiani, sempre più persone sono sensibili alla vita degli animali, incluso chi possedeva animali da reddito e ha deciso di restituire loro la dignità e la cura necessaria nel rispetto delle esigenze della specie a cui appartengono. Un segnale che dà speranza per un mondo sempre più inter-dipendente e più “umano”, anzi più “anima-le!”.
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