Il teatro, i ragazzi e l’ecologia: da Italo Calvino a Jean Giono
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Roma, Lazio - Capita sovente che colleghi teatranti o docenti mi chiedano testi o proposte per realizzare uno spettacolo con le proprie classi o gruppi di bambini e ragazzi. Credo che possiamo dirci tutti d’accordo che il teatro nell’età evolutiva è una magnifica occasione per dialogare intorno a tematiche importanti e successivamente portarle in scena. E al momento purtroppo non riesco a ravvedere nulla di più importante o urgente della cura per il nostro pianeta. Ecco pertanto alcune proposte per stimolare nelle giovani generazioni la presa di coscienza delle azioni da intraprendere e quelle invece da rifiutare.
Quello che ignori non esiste, trovi?
La fantasia per te non è realtà?
Ma solo lei ci schiude mondi nuovi:
nel creare è la nostra libertà
Questa battuta appartiene al personaggio di Jojo della commedia La favola dei saltimbanchi scritta per il teatro da Michael Ende, celeberrimo autore de La storia infinita. La favola dei saltimbanchi mi capitò per caso tra le mani nel 1995. Era quello il mio primo, faticosissimo anno, del lavoro come docente di Teatro Ragazzi presso un liceo salesiano. Primo di infiniti altri, traboccante di errori e attimi preziosi con i dodici adolescenti che partecipavano al laboratorio e che insieme a me si innamorarono della commedia.
La storia è presto detta: gli artisti di un circo fallito stanno per essere sfrattati da una ditta di prodotti chimici. I nostri sono vecchi, delusi, affamati. Senza lavoro, senza tendone, senza un posto dove stare. Mesi prima hanno trovato in una pozzanghera una ragazzina con evidente disabilità intellettiva e l’hanno presa con loro.
Eli è rimasta sola dopo che un incidente in una fabbrica, molto simile a quella che sta per sfrattare i nostri, aveva riversato nell’ambiente grandi quantità di prodotti tossici, facendo ammalare persone e morire gli animali. Ora i nostri malconci artisti si trovano di fronte a un bivio: l’azienda vorrebbe ingaggiarli per affidargli la pubblicità dei prodotti, a patto che loro siano d’accordo nel tacitare la propria coscienza e relegare Eli in un istituto.
Nella notte che precede l’ultimatum – «firmate il contratto o dovete sloggiare», ha detto loro la direzione – Jojo, il clown, racconta a tutti una storia. La favola dei saltimbanchi è ambientata nel Regno di Domani e in essa ritroviamo tutti i nostri personaggi più altri ancora. Una storia che parla di avidità senza fine, di distruzione e morte ma anche dell’amore come unica chiave di salvezza e libertà. Terminata la notte si conclude anche la nostra storia. Nessuno dei saltimbanchi se la sente di firmare il contratto.
Tutti si stringono attorno a Eli, mentre le ruspe della fabbrica sembrano inghiottire con le loro fauci il loro piccolo mondo. Ho sempre trovato eccezionale questo testo e a distanza di quasi trent’anni è purtroppo ancor più attuale di quando fu scritto. Ritengo possa essere un’ottima drammaturgia per realizzare uno spettacolo con gli adolescenti del secondo ciclo della scuola secondaria.
Il prossimo 15 ottobre verrà celebrato il centenario dello scrittore e intellettuale Italo Calvino, del quale abbiamo tutti letto e apprezzato opere come Il Barone rampante o il Visconte dimezzato, Se una notte d’inverno un viaggiatore e numerose altre. Forse Marcovaldo è meno conosciuta delle precedenti. Eppure i racconti che vedono l’operaio protagonista, sono perfetti per essere messi in scena da ragazzi del primo ciclo della scuola secondaria.
Marcovaldo è padre di sei figli. Lui e sua moglie Domitilla vivono in due misere stanzette, che li fanno soffocare dal caldo in estate e morir di freddo in inverno. Il salario che il nostro percepisce come manovale della ditta Sbav non è mai sufficiente a sostenere le esigenze della famiglia e il nostro si trova costantemente in bolletta. Accanto a lui vediamo una città grigia, piena di palazzi e cemento, dove il verde di parchi o quantomeno aiuole ha lasciato il posto a manifesti pubblicitari, scritte al neon, traffico, smog.
Marcovaldo anela agli alberi, a un soffio d’aria fresca, al profumo dei fiori ricoperti di rugiada. Ma le sue aspettative vengono sempre deluse. La città è trasformata, il consumismo e l’eccessiva industrializzazione hanno inghiottito tutto e sembra che chiunque tenti di sottrarsi alle rigide regole di produrre-guadagnare-comprare-consumare cercando qualcosa per cui non occorra il denaro, venga perennemente sconfitto. Eppure, Marcovaldo non si arrende. Il suo animo a volte poetico, spesso naturalistico, continua a combattere contro l’inquinamento e la spersonalizzazione tipica delle metropoli.
Marcovaldo: Potessi dormire in mezzo al fresco e non in questa stanza bassa e calda, non nel russare e nel parlare nel sonno di tutta la famiglia… oh potessi vedere foglie e cielo aprendo gli occhi! Potessi destarmi una volta al cinguettare degli uccelli e non al suono della sveglia e all’inveire di mia moglie Domitilla.
Domitilla: Io non inveisco, parlo ad alta voce.
Marcovaldo: Parli talmente ad alta voce che mi rompi i timpani.
Domitilla: Io rompo i timpani? Io rompo i timpani?? Non saranno forse i tuoi figli oppure i tuoi genitori che sono sordi come campane?
Nonna Cara, perché devi piantare le lantane?
Domitilla: Che ti dicevo? È sorda come una campana!
E mentre tutti si alzano e cominciano a litigare, Marcovaldo si estranea mettendosi il cuscino sulla testa, finché
Marcovaldo: Bastaaaa! Silenzio non ce la faccio più! Me ne vado a dormire al parco! Esce
Questo stralcio di scena è stata scritta insieme ai ragazzi nel 2017 e appartiene all’adattamento teatrale del racconto La villeggiatura in panchina. Tutti i venti racconti sono facilmente adattabili per il palcoscenico, ma forse i più interessanti sono La pietanziera, Dov’è più azzurro il fiume, Luna e Gnac, Marcovaldo al supermarket, Fumo vento e bolle di sapone.
E infine un altro bellissimo racconto. L’uomo che piantava gli alberi scritto da Jean Giono nel 1953 è una piccola perla, tanto soave quanto delicata, nella quale un pastore persegue uno scopo per tutta la sua vita: piantare alberi. La voce narrante è quella di un giovanotto che per puro caso si imbatte in lui e scopre la sua missione ma soprattutto la sua paziente determinazione. Il testo offre praticamente solo questi due personaggi, ma quando lo misi in scena con una classe terza della scuola primaria, i bambini mi aiutarono a trovare personaggi per tutti.
Inserimmo quindi due famiglie litigiose, bambini che giocano in mezzo agli alberi parlanti, adulti che commentano i vari avvenimenti, un imprenditore che vorrebbe la foresta per farne un sontuoso albergo e così via. Fatevi aiutare dai vostri allievi per trasformare in azione scenica, viva, la parola scritta. Tireranno fuori talenti e risorse insospettabili. Spero che questi suggerimenti siano utili. Ciascuno di noi può realizzare un piccolo mattoncino nella costruzione di un mondo migliore. Persino lavorando con il Teatro Ragazzi.
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