15 Set 2023

La Svezia vieta i tablet a scuola. Davvero? Quando? Dove? Perché? Parliamone

Scritto da: Daniel Tarozzi

Sta circolando sul web la notizia della decisione del Governo svedese di vietare l'utilizzo dei tablet come supporto didattico. Proviamo a capire meglio cosa sta succedendo, non solo analizzando il rapporto fra bambini e tecnologia digitale, ma anche soffermandoci su come i media e il popolo di internet hanno confezionato la notizia.

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Mia figlia ha 4 anni e non ha mai guardato un cartone in tv, su uno smartphone o su un tablet. Vivo e lavoro con la tecnologia, ma sono ben consapevole dell’impatto che questa potrebbe avere sui bambini molto piccoli e dei meccanismi di dipendenza che gli schermi luminosi esercitano su tutti, grandi e – ancor di più – piccini. Adoro leggere, libri, giornali, fumetti. Leggo su carta e su e-reader. E leggo ogni giorno a mia figlia libri cartacei. Più volte al giorno.

Non credo che la scuola non debba insegnare la tecnologia, anzi penso che sia fondamentale educare a un corretto uso dei diversi strumenti. Ma ogni cosa a suo tempo. Sono, infatti, un grande fan dell’outdoor education, della scuola all’aperto, dei lavori manuali, del contatto con la Natura, le piante, gli animali, il mare.

Nonostante ciò, quando sui social leggo affermazioni assertive tendo ad innervosirmi e il mio lato da giornalista subito alza le antenne. Nei giorni scorsi sono stato inondato – sulla mia bacheca – dalla condivisione di una grafica contenente a grandi caratteri la seguente affermazione: “La Svezia dice addio ai tablet: sono dannosi. Si torna a carta e penna”.

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In moltissimi hanno esultato leggendo questo titolo “Ah vedi, gli svedesi! – devono aver pensato i commentatori social mentre digitavano sul loro smartphone o sul loro tablet – finalmente ammettono che i tablet fanno male! E si torna alla buon vecchia carta e penna”. In parte io ero tra essi. Ma poi ho approfondito.

Allora cominciamo a chiarire il discorso. Prima di tutto, in Svezia i tablet in questione erano stati introdotti fin dalla materna, quella che ai miei tempi si chiamava “asilo”. Quindi il dibattito non è sui tablet nella scuola primaria o secondaria, ma nella materna. Dibattito direi sacrosanto e – seppur nessuno me lo abbia giustamente chiesto – personalmente sarei favorevole all’eliminazione di dispositivi elettronici nelle materne e quindi fino ai sei anni. Poi – sempre per essere puntiglioso – per ora si parla di dichiarazioni e non di leggi entrate in vigore, nonostante molti giornali raccontino che gli studenti tornando in classe hanno trovato carta e penna al posto dei vecchi tablet.

In particolare, la Ministra dell’Istruzione Lotta Edholm ha detto di voler porre fine a ogni forma di insegnamento digitale per i bambini sotto ai sei anni, in modo da non compromettere la loro capacità di apprendimento: i tablet nelle scuole materne, a suo giudizio, hanno portato a un forte declino delle competenze di base, anche da parte degli insegnanti che spesso affidano principalmente ai computer il ruolo didattico che toccherebbe a loro svolgere.

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La Ministra dell’Istruzione svedese Lotta Edholm

Già nei mesi scorsi si era espressa più volte a favore dei libri di testo e ora ha presentato i risultati di una ricerca del Karolinska Institutet secondo la quale “ci sono chiare prove scientifiche che gli strumenti digitali compromettono piuttosto che migliorare l’apprendimento degli studenti. Riteniamo che l’attenzione dovrebbe tornare all’acquisizione di conoscenze attraverso libri di testo stampati e competenze degli insegnanti, piuttosto che acquisire conoscenze principalmente da fonti digitali liberamente disponibili che non sono controllate per l’accuratezza”.

Nello specifico lo studio in questione è un’indagine internazionale che si ripete ogni cinque anni volta a misurare l’abilità di lettura degli studenti tra i nove e i dieci anni di età. Nel 2021 gli svedesi hanno avuto un calo di 11 punti rispetto al 2016.Alcuni critici del Governo hanno sostenuto che l’uso di tablet e computer sia solo uno dei vari fattori da tenere presenti per analizzare il recente calo di rendimento degli studenti.

Se è sacrosanto vietare tablet e strumenti affini alla materna e magari in parte anche alla primaria, ciò non significa che generalizzare in modo indiscriminato sia un passo avanti

In particolare, gli ultimi cinque anni comprendono il periodo della pandemia, della DAD e di molte altre problematiche prima sconosciute e quindi sostengono che questo auspicio di tornare a un’istruzione fatta sui libri di carta e con le matite colorate non sia motivato solo da una preoccupazione nei confronti dei bambini, ma anche dalla volontà di alcuni politici conservatori di mostrare di avere a cuore i valori tradizionali.

In generale scienziati e organismi di settore di tutto il mondo in realtà concordano sul fatto che esporre i bambini in età prescolare a dispositivi tecnologi possa essere molto dannoso e che fino ai 14 anni va comunque mantenuta un’allerta alta e che se è inevitabile e per certi versi auspicabile, via via che passano gli anni, introdurre strumenti informatici lo è altrettanto porre dei limiti al loro utilizzo, sviluppare anche capacità analogiche e più in generale formare i minori sui possibili problemi legati a questi mondi: dalla dipendenza che possono creare ai fenomeni di bullismo legati ai social e ai mille altri problemi che ogni tanto assurgono alle cronache locali.

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Il tema è quindi di importanza capitale e fa piacere vedere che alcuni governi si interroghino su scelte a volte ideologiche e affrettate, ma su Italia che Cambia non ci stancheremo mai di sottolineare come la complessità sia alla base di ogni aspetto della realtà. E se è quindi sacrosanto vietare tablet e strumenti affini alla materna e magari in parte anche alla primaria, ciò non significa che generalizzare in modo indiscriminato sia un passo avanti.

I social e purtroppo molti giornali, ancora una volta, mostrano come la voglia di mostrarsi “diversi” e “controcorrente” porti a semplificare e banalizzare argomenti di straordinaria complessità in nome del sempre verde “si stava meglio quando si stava peggio”.

In questo caso una legge non ancora approvata e che riguardava le scuole materne è diventata – nella narrazione dei media – un fatto oggettivo e riguardante la scuola tutta. E mentre leggo sul mio smartphone queste dichiarazioni, lo nascondo da mia figlia, infilandolo sotto il tablet, nascondendo quest’ultimo col mio pc e coprendo il mio pc con un libro cartaceo, che al mercato mio padre comprò.

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