A scuola di cinghiali: a Genova si sperimenta la “didattica viva” sul greto del Bisagno
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Genova - In che modo si può dare alle nuove generazioni una diversa prospettiva di conoscenza degli animali? E come aiutarli a guardare i cinghiali in città da un altro punto di vista, che non provenga dai soliti titoli di giornale che fanno il giro delle bacheche social? Diventando etologi per un giorno, per imparare una coesistenza inclusiva con le altre specie animali, senza etichettarle quindi come dannose o pericolose.
“A scuola di cinghiali” è un’iniziativa genovese lanciata la scorsa primavera che ha proposto a una decina di bambini tra i dieci e i dodici anni alcune uscite di osservazione dei cinghiali stanziali nel greto del torrente Bisagno, accompagnate da un etologo-guida, per studiare questi animali in libertà. Ne ho parlato con Erika Antona, la mamma da cui il progetto ha preso il via.
“A scuola di cinghiali”: Erika, raccontaci com’è nata l’idea.
In primis il mio intento era quello di testare se ai ragazzi sarebbe piaciuta “una gita urbana” a osservare i selvatici e devo dire che è andata molto bene, ha avuto il successo sperato. Sono dell’idea che portare i bambini e i ragazzi a vedere gli animali in cattività, allo zoo, al circo o nei delfinari, dove si comportano diversamente rispetto a quelli che vivono in libertà, sia tutta un’altra cosa. E poi è un’emozione poter vedere dei selvatici sotto casa – in totale sicurezza, perché da un punto di osservazione “protetto” – e poter guardare i loro comportamenti naturali.
Che cosa ti ha mosso nello sviluppo di questa iniziativa?
Il punto è che abbiamo una concezione della realtà animale che nei fatti è distorta, è una bugia. Quindi perché non insegnare alle nuove generazioni la bellezza di vedere gli animali liberi? Il mondo sta cambiando e non possiamo certo fermarlo: quello che possiamo fare invece è imparare a convivere con il cambiamento, accettando il fatto che i selvatici scendano in città e trovando un modo etico di coesistere pacificamente. D’altronde gli animali non sono qui per noi, sono qui con noi.
Come si sono svolte le uscite?
I ragazzi sono stati “etologi per un giorno”: il professor Francesco De Giorgio [ve lo abbiamo presentato qui, ndr] li ha invitati ad annotare su un taccuino tutto quello che osservavano durante la passeggiata, per poi mettere insieme tutto il materiale raccolto e solo dopo interpretare quanto avevano trascritto. Hanno quindi agito al rovescio rispetto a come siamo abituati a fare nel nostro quotidiano, in cui spesso giudichiamo le cose ancora prima di averle osservate con cura.
Il professor De Giorgio, che è un etologo con la E maiuscola, è stato il valore aggiunto: io sono una semplice mamma attivista per i diritti degli animali che non ha la sua esperienza né la sua competenza. Quando gli ho spiegato quello che avevo in mente è stato entusiasta e mi ha subito appoggiato. Così il progetto è partito semplicemente coinvolgendo gli amici di mia figlia, una decina di ragazzini tra la quinta elementare e la prima media. Ho organizzato cinque appuntamenti guidati da lui ed è stata un’esperienza bellissima, sia per gli adulti che hanno deciso di seguirci che per i ragazzi stessi.
Qual è stato “l’effetto” di questi incontri sui giovani partecipanti?
Dopo questa esperienza i ragazzi nei giorni successivi hanno fatto notare ai genitori tutta una serie di atteggiamenti dei cinghiali che avevano notato durante l’uscita: se sono sdraiati con le zampe allungate, ad esempio, vuol dire che sono rilassati e stanno bene fisicamente, se invece gli arti sono ritratti significa che hanno un po’ di artrosi o che qualcosa che non va. E poi hanno tutti interiorizzato perché non si deve dare da mangiare ai selvatici. Cose importanti quindi, che dimostrano che queste passeggiate etologiche hanno avuto un loro ritorno, oltre all’euforia iniziale.
Dopo questa edizione pilota hai in mente di replicare il progetto per l’anno scolastico che sta per aprirsi?
Sì, a partire dall’inizio delle scuole proporrò queste gite di “biodiversità metropolitana” a tutti gli istituti scolastici di Genova. Il target saranno le classi di scuola secondaria di primo grado e gli alunni di quarta e quinta primaria. La destinazione sarà il Bisagno, un luogo di biodiversità che va studiato e valorizzato e dove si possono trovare, oltre ai cinghiali, famiglie di caprioli e tanti uccelli.
Il mio desiderio è che diventi meta di gite scolastiche al pari di tante altre, come delfinari e acquari in Italia e in Europa, dove si possono imparare una marea di informazioni sulle specie animali e vegetali presenti, magari in affiancamento a una lezione in aula per riflettere insieme su ciò che i ragazzi hanno visto e ciò che sta succedendo in città.
Penso possa essere una proposta educativa al passo con i tempi, per ri-educare le nuove generazioni all’animalità. D’altronde solo il 4% della biomassa totale dei mammiferi sul pianeta è costituita da selvatici, tutti gli altri sono in allevamento o rinchiusi in cattività [Fonte: Report WWF “Un pianeta allevato“]: perché allora non sfruttare questa preziosa opportunità, per di più a due passi da casa?
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