1 Set 2023

Scugnizzo Liberato: nuove forme di socialità e produzione nell’ex-carcere minorile Filangieri

Un luogo strappato all’incuria e alla speculazione, restituito ai napoletani come nuova piazza della città, in cui coltivare incontri, bisogni e desideri di una società che crede ancora nel mutuo soccorso. Allo Scugnizzo Liberato si pratica l’autogestione, in una comunità orizzontale, inclusiva e aperta a tutti, nata dalle ceneri di un luogo che per secoli è stato simbolo di prigionia.

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Campania - Quello che oggi viene chiamato Scugnizzo Liberato è un immenso edificio situato in Salita Pontecorvo 46, nel quartiere Avvocata del centro storico di Napoli, che nel corso della sua storia è stato oggetto di numerose trasformazioni prima di essere restituito alla comunità dal collettivo di attivisti Scacco Matto e gli abitanti del quartiere dell’ex carcere minorile Filangieri, come nuovo centro di aggregazione e di mutuo soccorso.

Una sorte che accomuna anche altri complessi architettonici disseminati nel centro storico della città di Napoli e abbandonati per decenni, spazi inutilizzati che versavano nel degrado raccontando silenziosamente una memoria di sofferenza, violenza e abusi di potere. Negli spazi parzialmente recuperati di questi edifici è possibile trovare le tracce di quelle che sono state le diverse funzioni che essi hanno assunto nel corso dei secoli, come nel caso dell’ex OPG Occupato Je So’ Pazzo, di cui abbiamo parlato in un precedente articolo.

Se oggi lo Scugnizzo Liberato può vantarsi di aver raccolto intorno a sé e animato una comunità inclusiva, che rifiuta ogni forma di razzismo, sfruttamento ed emarginazione, è grazie al lavoro svolto negli anni dal gruppo di attivisti e cittadini del quartiere che abita il bene comune, che lo autogovernano e gestiscono dedicandosi quotidianamente alla sua cura e manutenzione.

Scugnizzo Liberato

Come spazio liberato riconosciuto bene comune ad uso civico e collettivo dal Comune di Napoli, lo Scugnizzo Liberato viene destinato a diversi ambiti di attività. In primo luogo, quello dell’autogoverno e sperimentazione di economie alternative, ma riscuote una certa affluenza anche per quanto riguarda le attività di produzione culturale indipendente e come spazio di mutualismo in cui fare rete, costruendo nuovi rapporti sociali orizzontali.

LO SCUGNIZZO LIBERATO PRIMA DELL’OCCUPAZIONE

Quelle mura che oggi accolgono le attività sociali e culturali promosse allo Scugnizzo Liberato sono state, in passato, spettatrici di vicende molto diverse tra loro, destinazioni d’uso che sono variate nel tempo che hanno reso il complesso architettonico un grande punto di riferimento del tessuto urbano cittadino, anche nell’immaginario collettivo.

Questo edificio nasce – al pari di tante altre strutture della zona – come residenza nobiliare della famiglia Giglio, legata alla corte del viceré spagnolo Don Pedro de Toledo sul finire del Cinquecento. Alla morte di suo marito Luca Giglio, Eleonora Scarpato trasformò gradualmente questa struttura da conservatorio a convento per ragazze che intendevano vivere in preghiera secondo le regole francescane, con la definitiva denominazione, nel 1671, di Convento francescano femminile di San Francesco delle Cappuccinelle.

Nel corso del Seicento, la fama del convento andò a crescere e divenne uno dei più ricchi e prestigiosi di Napoli; anche la struttura venne estesa, inglobando alcuni edifici circostanti fino ad assumere le dimensioni attuali. Mantenne questa popolarità finché non venne sottratto alla curia nel 1859 dal regno italico, che lo rese una casa di custodia, detta delle Cappuccinelle: comincia qui la sua storia di carcere minorile che assunse nel tempo varie forme, da riformatorio a casa di rieducazione, e la nuova denominazione di Istituto Gaetano Filangieri.

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Per le condizioni già fatiscenti in cui versava un edificio comunque antico, non sufficientemente riqualificato, e per la fama di carcere minorile tra i più duri d’Italia, il Filangieri veniva spesso chiamato “la gabbia dei serpenti”, prima dell’intervento di un nuovo direttore che tra gli anni ’70 e gli anni ’80 tentò una riforma sperimentale delle prassi rieducative, favorendo maggiori contatti tra i ragazzi e l’esterno.

La riforma permise allo Scugnizzo Liberato di innovarsi, di coinvolgere associazioni sportive e compagnie teatrali, ospitare corsi di formazione ed eventi pubblici, potendo contare anche sul supporto di alcune note personalità dell’epoca, tra cui Maradona, Pino Daniele ed Eduardo De Filippo, che si impegnarono nel concreto a diffondere consapevolezza sull’argomento della detenzione minorile e a supportare l’organizzazione di nuove iniziative a scopo rieducativo-culturale.

Negli anni ’90 viene riconvertito in Centro polifunzionale diurno, un istituto di semilibertà con misure meno contenitive, una sorta di casa-famiglia in cui ragazzi, come pari degli operatori, potessero imparare a vivere in comunità. Per le condizioni critiche in cui si trovava la struttura, nel 1999 venne definitivamente chiusa fino al 29 settembre 2015, anno in cui risorge come Scugnizzo Liberato, per onorare la storia di quello che è stato l’ultimo periodo di vita dell’edificio, un tentativo di innovazione molto interessante per quegli anni.

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AGGREGAZIONE, CULTURA, SUPPORTO MUTUALISTICO: AUTOGESTIONE ALLO SCUGNIZZO LIBERATO

Quando il complesso architettonico venne occupato nel 2015, non si aveva un’idea ben precisa di quali fossero le sue effettive dimensioni, era come un’incognita nel tessuto urbano cittadino, un luogo che era stato celebre prima per la sua ricchezza e in seguito per la sua crudezza. In entrambi i casi, come convento e come istituto rieducativo, si era trattato di un luogo di prigionia e in quanto tale suscitava un certo fascino nella comunità.

La rete di comitati del quartiere che riaprì le porte a questo bene, con l’aiuto dei cittadini di Salita Pontecorvo, studenti universitari e movimenti sociali, si trovò davanti a un edificio di quattro piani, per circa 16000 metri quadri da riqualificare, spazi comuni da destinare ad attività culturali, di aggregazione e di supporto mutualistico in una zona che soffre di diverse problematiche di natura socioeconomica. E lo fece, simbolicamente, nell’anniversario della terza delle Quattro Giornate di Napoli, il 29 settembre, in onore di una leggenda legata al suo periodo da carcere minorile, secondo cui alcuni ragazzi lì detenuti sarebbero evasi in quel giorno per unirsi alla lotta contro il nazifascismo; da qui, il nome di Scugnizzo Liberato.

Una comunità inclusiva che, con il lavoro collettivo, ha potuto mettere in moto un processo di rigenerazione urbana

Centinaia sono le iniziative che negli anni sono state organizzate allo Scugnizzo Liberato, tra concerti, spettacoli, festival artistici e teatrali, presentazioni di libri, corsi di formazione e molto altro ancora. Nello spazio liberato – che vanta due grandi cortili, un teatro inaugurato da Eduardo De Filippo ai tempi del Filangieri, una grande palestra, un’area adibita alla mensa – convivono realtà piuttosto eterogenee, di vocazione culturale, sportiva, lavorativa e sociale.

Oltre le attività organizzate dalla cooperativa Nessuno Escluso, mensa sociale e guardaroba solidale, lo Scugnizzo Liberato è conosciuto per i suoi spazi di lavoro condiviso, botteghe artigiane che offrono corsi di formazione alla professione, uno spazio per il supporto psicologico e materiale alla genitorialità chiamato “La bottega di Amma”, una biblioteca popolare, un archivio, immensi spazi aperti tra giardini e cortili in cui far giocare i più piccoli e in cui è possibile organizzare importanti eventi musicali.

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Lo Scugnizzo Liberato è un luogo fatto per accogliere tutti; negli spazi di lavoro condiviso i ragazzi possono imparare i mestieri della tradizione napoletana e non, lavori artigiani a cui spesso non viene dato sufficiente credito perché le vere potenzialità di ognuno non vengono ricercate nella propensione naturale ma nella costruzione di una serie di conoscenze nei settori digitali in sviluppo negli ultimi tempi. Le botteghe artigiane che animano lo Scugnizzo sono estremamente variegate, dalla falegnameria all’arte mosaico, per creare un’area di lavoro condivisa in cui ognuno possa trovare la propria strada e dare il suo contributo.

Per quanto riguarda le attività sportive, il campo da calcio dello Scugnizzo Liberato è diventato la sede degli allenamenti dello Spartak San Gennaro, un’iniziativa di scuola-calcio popolare nata nel vicino quartiere di Montesanto che propone una visione dello sport basata sui valori della solidarietà, dell’autogestione e dell’antirazzismo. Il calcio popolare di strada è stato promosso dagli attivisti anche attraverso l’organizzazione di veri e propri tornei di calcio a cinque, la Scugnizzo Cup. Iniziative molto seguite sono anche il festival musicale NaDir, organizzato dall’omonimo collettivo, e il UE’ Fest, festival mediterraneo del fumetto e dell’autoproduzione/stampa.

La comunità che abita lo Scugnizzo Liberato si unisce ogni sabato alle 17:00 in assemblea per discutere dei progetti da mandare avanti e della loro organizzazione; chiunque lo desideri può prendervi parte, proporre nuove idee ed entrare a far parte di una comunità inclusiva che, con il lavoro collettivo, ha potuto mettere in moto un processo di rigenerazione urbana, creando una piazza sociale in un tessuto urbano cittadino che soffoca ogni tentativo di vivere-insieme.

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