Sciopero per il clima: ecco cosa è successo venerdì 15 settembre
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Era il 15 settembre del 2018 quando per la prima volta migliaia di giovani in tutto il mondo presero parte a uno sciopero per il clima, seguendo l’esempio della giovane attivista svedese Greta Thunberg. Era un venerdì e proprio questo giorno ha dato il nome al movimento globale Fridays for Future, venerdì per il futuro. Venerdì scorso – il 15 settembre, appunto – si è celebrato il quinto anniversario della mobilitazione con l’inaugurazione della #ResistenzaClimatica che culminerà con lo sciopero globale per il clima di venerdì 6 ottobre.
Da Roma a Catania, da Bolzano a Bari, da Palermo a Milano, venerdì scorso migliaia di attivisti e attiviste sono scese in piazza per inaugurare questa resistenza, con il focus della decarbonizzazione: “Il 15 settembre – scrivono i Fridays nel loro appello – è la data mondiale in cui scendiamo in piazza per dire basta ai combustibili fossili e immaginare un mondo in cui sia possibile vivere senza”.
Questa mobilitazione ha una connotazione particolare, incentrata sulla creatività e sull’espressività: “Quest’anno abbiamo scelto un approccio diverso per manifestare, abbiamo deciso di essere creativi e non distruttivi. La crisi climatica è anche una crisi di immaginazione e come attivist3 abbiamo il dovere di criticare il sistema dando però una speranza e vogliamo farlo attraverso l’arte, quel tipo di arte che cambia la realtà”.
ALCUNE AZIONI DI VENERDÌ SCORSO
Un esempio? A Torino gli attivisti e le attiviste si sono ispirate al tormentone di Barbie e hanno disegnato una pista ciclabile bianca e fucsia per protestare contro l’inazione dell’amministrazione locale rispetto alle politiche ambientali: “Come Barbie lascia Barbieland per prendere in mano la propria vita, siamo oggi costrette ad agire in prima persona per sopperire all’inazione dei nostri governi”.
Non è mancata una critica ai grandi inquinatori con ENI. Nel pavese, i Fridays for Future ha manifestato contro la raffineria di Sannazzaro di proprietà del colosso energetico italiano. «Questi hub del fossile vanno bloccati. Non ce l’abbiamo con chi lavora all’interno, ma dobbiamo dare un segnale evidente perché questi luoghi di distruzione nelle piccole città, nelle zone di provincia, non ci devono essere», hanno dichiarato i ragazzi e le ragazze.
L’AGENDA CLIMATICA
Non solo proteste. Fridays for Future condivide la propria agenda climatica, un documento che attraverso cinque punti propone soluzioni concrete per risolvere le principali questioni ambientali. Trasporti e mobilità, energia, lavoro, edilizia e povertà energetica, acqua: sono questi i punti affrontati dai Fridays per proporre un’alternativa socialmente ed ecologicamente sostenibile al modello attuale.
Dai voli privati alle comunità energetiche, dal programma Job Guarantee all’efficientamento energetico degli edifici, dal tema dell’acqua pubblica a una nuova politica tributaria capace di combattere le disuguaglianze, sono tanti i provvedimenti concreti che si possono adottare e che gli attivisti chiedono a tutti di studiare e condividere.
IL SISTEMA PROVA A DIFENDERSI
Tutto ciò succede mentre l’opinione pubblica si sta avvicinando sempre di più non solo a questi temi cruciali, ma anche all’attività di chi si batte quotidianamente per far sì che diventino una priorità delle agende politiche ed economiche. Un paio di esempi? Da un lato la vicenda giudiziaria che coinvolge una ragazza e tre ragazzi di Ultima Generazione ed Extinction Rebellion per una protesta contro le gravissime conseguenze – dal dissesto idrogeologico alle infiltrazioni mafiose – dello sfruttamento delle cave di marmo delle Alpi Apuane. Il procedimento è in stand by per un vizio di forma, ma stupisce la solerzia nei confronti degli attivisti, finiti a processo in tempo record, mentre gli interessi criminali dietro alle cave si avviano verso la prescrizione.
È invece di pochi giorni fa il caso mediatico del confronto televisivo fra Enrico Testa e l’attivista di Ultima Generazione Beatrice Pepe alla trasmissione televisiva Quarta Repubblica sul tema del fondo riparazione. Confronto che ha deviato dall’argomento specifico per spostarsi sui binari del sessismo, dello spoglio dell’autorevolezza dell’interlocutrice – una giovane donna – e addirittura della violenza verbale, trasformandosi in un penoso sfoggio di voyeurismo in cui l’aspetto fisico di chi parlava è diventato prevalente rispetto al contenuto del discorso.
«Io continuerò a prendermi spazi in televisione soltanto perché sono una “bella ragazza” e portare un messaggio di verità», ha commentato Beatrice. «Perché la scomodità non la portiamo soltanto in strada ma anche negli spazi in cui ci vogliono zitte e carine. Per quanto tenteranno di sminuirci, di silenziarci, noi continueremo a portare un messaggio di alternativa. Perché l’alternativa a questo sistema è possibile e sempre più persone ci stanno credendo e si stanno unendo».
Una triste rivisitazione del trattamento riservato in tempi non sospetti alla stessa Greta Thunberg – anche lei giovane, anche lei donna –, che forse altro non è che un ultimo pietoso tentativo di spostare l’attenzione dall’elefante nella stanza che ormai è impossibile ignorare, chiamando i responsabili della situazione in cui ci troviamo a rispondere delle loro azioni.
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