Un rigassificatore spaventa la Liguria (e non solo). Ma cos’è e a cosa serve?
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Savona - Ci sono alcune parole che entrano a far parte del vocabolario comune senza che ce ne rendiamo conto e senza, talune volte, saperne davvero assumere un significato preciso. Per chi vive nel savonese la definizione di “nave-rigassificatore” è una di queste. Ma di cosa si tratta? Le Floating Storage and Regasification Units (FSRU), chiamate anche navi-rigassificatore sono navi dedicate allo stoccaggio e alla rigassificazione, ovvero sono impianti capaci di trasformare il gas naturale liquefatto (Gnl) in stato gassoso.
Nel momento dell’estrazione infatti, per ridurre notevolmente i costi e i rischi di trasporto viene effettuata una prima trasformazione della materia prima dallo stato gassoso a quello liquido, processo che viene poi invertito prima di essere immesso nella rete dei gasdotti.
Questo procedimento di riconversione prevede che il gas liquefatto – che deve essere mantenuto ad una temperatura di -162° C per garantirne la stabilità – subisca un processo di riscaldamento controllato all’interno di un vaporizzatore: il gas liquefatto viene inserito quindi all’interno di tubi immersi in acqua marina che, sfruttando la differenza di temperatura, garantiscono la buona riuscita dell’operazione.
LA NAVE GOLAR TUNDRA E IL SUO PROGETTO
La maggior parte delle navi ad oggi esistenti, utilizzate nel processo di trasformazione e fornitura del gas è nata con lo scopo di essere mezzi per trasportarlo. Negli ultimi anni sono state poi riadattate per riuscire a svolgere sia la funzione di spostamento del gas che quella di rigassificazione. Anche la nave Golar Tundra, che si trova al centro di dibattito savonese, è arrivata a Piombino già con questa doppia funzione. Il progetto che la vede protagonista dello spostamento dal mare toscano a quello ligure, prevede che diventerà un hub fisso al porto, con il ruolo di ricevere il gas trasportato via mare, trasformarlo e introdurlo nella rete dei gasdotti.
«Da quanto abbiamo evinto dal progetto presentato – mi spiega Filippo Taglieri, campaigner energia e infrastrutture di ReCommon che incontro a Savona –, la parte di gasdotto che vogliono realizzare ex novo correrà parallelo all’oleodotto già esistente, che si trova proprio davanti al golfo che guarda Savona. Si prevede che la piattaforma che accoglierà la Golar Tundra sia collocata a una distanza di 4 chilometri dalla costa e l’impianto di 24 chilometri di gasdotti che vorrebbero realizzare, collegherà la nave al futuro impianto, che verrà costruito a Quiliano».
«Quest’ultimo avrà il compito di regolare la pressione e la qualità del gas introdotto nella rete. Se il progetto arrivasse alla sua realizzazione, tali impianti dovrebbero rimanere attivi fino al 2049 e in un periodo in cui bisognerebbe trovare delle strategie per uscire dal mercato dei combustibili fossili, optando ad alternative meno impattanti sul clima, è un impegno non da poco che lo Stato si prende», aggiunge Taglieri.
LA PRIMA E NON ULTIMA SCELTA: PIOMBINO
La storia contorta di questa nave, costruita nel 2015, nasce però qualche anno fa, dalla volontà dell’Italia di non voler dipendere più dalla Russia per la fornitura del gas e quindi dalla necessità di vagliare le altre opzioni per cercare nuovi fornitori. Viene dichiarato lo stato emergenziale: le stime presentate prevedevano un costante aumento dei consumi di gas e ciò apriva la necessità di nuovi punti di ingresso in sostituzione di quello russo.
Ad oggi la porta di ingresso del gas in Italia è a Melendugno (LE): questo è il luogo di arrivo del gasdotto TAP (Trans-Adriatic Pipeline), la parte finale del corridoio sud che collega l’Azerbaigian all’Italia, passando prima per Turchia – dove prende il nome di Tanap, acronimo di Trans Anatolian Pipeline – e Grecia. Viene deciso di creare due nuovi punti di trasformazione e inserimento di gas nella rete nell’adriatico settentrionale: con un iter molto velocizzato il commissario della regione Emilia Romagna e quello della Toscana sono stati incaricati di definire il luogo di collocamento del rigassificatore e la scelta è ricaduta sul porto di Piombino.
A quel punto scatta una gran movimentazione cittadina la quale arriva anch’essa da una storia estrattivista importante. «In questi anni la città stava provando a creare un mercato basato sul turismo – racconta Filippo Taglieri – sfruttando la sua vicinanza con le isole, ma il posizionamento di questa nave dalle dimensioni importanti ha ovviamente cambiato lo scenario. Inoltre i rischi sono molto elevati, in quanto la distanza dalle abitazioni è veramente ridotta». La grossa resistenza popolare ha avuto come risultato un accordo, il quale prevede che la nave rimanga a Piombino per soli tre anni – dal 2023 al 2026 –, dopo di che venga spostata in un altro porto sempre nel Tirreno Settentrionale.
LA SCELTA DI VADO
A giugno di quest’anno a ricevere la nomina di Commissario straordinario di Governo è Giovanni Toti, presidente della regione Liguria, e tra gli incarichi assegnatigli vi è quello di identificare una nuova meta per Golar Tundra. Il progetto presentato i mesi scorsi vede Vado Ligure (SV) come località scelta, che come già accennato fa parte di un territorio già altamente impattato dall’estrattivismo in tutte le sue forme.
«Ad oggi sono presenti già sei impianti nell’hinterland tra Savona e Vado – continua Filippo – che sono soggetti alla direttiva Seveso II (Direttiva 96/82/CE), ovvero la norma europea per la prevenzione e il controllo dei rischi di incidenti rilevanti e di sostanze classificate pericolose. La nave dovrebbe essere messa vicino a un attracco di un oleodotto, attraverso cui la società Sarcom importa petrolio per conto di Exxon, per raffinarlo e mandarlo verso Novara. Vi è una delle piattaforme di logistica per navi di grandi dimensioni più grande del Mediterraneo e che già rilevano difficoltà di manovra, trattandosi di un golfo non ampio».
La situazione degli impianti già esistenti sembra quindi essere già al limite di quanto un territorio così piccolo può gestire. Il progetto della nave-rigassificatore, insieme alla realizzazione dei nuovi impianti, in particolare quello previsto a Quiliano, aumenterebbe dunque ancor di più i rischi di inquinamento e il consumo di suolo e di mare già in atto da anni. La richiesta della cittadinanza è quella di invertire questa rotta e ricercare alternative valide per la Liguria, ma non solo.
GLI ALTRI IMPIANTI
La realizzazione di questo nuovo ingresso del gas nella rete dei gasdotti fa parte di un disegno più ampio, in parte già realizzato e in parte ancora da realizzare. Nel Tirreno settentrionale sono presenti infatti già due impianti attivi di rigassificazione: uno su mare e uno su terra. Quello su terra si trova in provincia di La Spezia a Panigaglia, mentre quello in mare sta a circa 22 chilometri – 12 miglia nautiche – al largo delle coste tra Livorno e Pisa.
Quest’ultimo, la Golar Frost, è gestita dalla società OLT. Il Terminale GNL Adriatico, di proprietà di ExxonMobil, è invece posizionato al largo di Porto Levante in provincia di Rovigo e si prevede dovrà essere collegato in futuro con la nave-rigassificatore prevista a Ravenna, la BW Singapore. Sono davvero quindi necessari ulteriori investimenti nel settore dei grandi impianti legati al mercato del gas? Qual è lo scenario internazionale e chi sono i suoi protagonisti? L’inchiesta continua…
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