Restanza contro turismo di massa: i giovani di Paola danno un “Colpo” all’abbandono
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Cosenza - Paola è un Comune di nemmeno più 15000 anime, in provincia di Cosenza. In paese non fai un passo senza che San Francesco ti benedica da una fontana, da un murale, da una statua o da un’immaginetta più o meno grande appesa ai muri dei locali pubblici o privati. Lui si occupò dei diseredati dell’epoca, quando i regnanti li avrebbero lasciati morire di fame. Lui, ancora oggi, porta il pane a gran parte del paese, sempre sul podio delle attrazioni turistiche. Del resto, è nato qui San Francesco di Paola e qui vengono custodite le sue reliquie, nel Santuario che dal 1490 domina e sorveglia la comunità da un’altezza di 178 metri.
Spiagge miste ghiaia e tradizioni millenarie, peperoncino e vino buono. Paola è uno dei tanti paesi del Sud che punta su quel che ha per farsi golosa meta turistica. E camparci. Ma è davvero tutto qui? Davvero non c’è alternativa al diventare un popolo al servizio di un turismo che lentamente erode e distrugge se stesso? Niente affatto.
A qualcuno l’apologia del turismo e i fumi della rassegnazione non hanno ancora spento il cervello. A Paola, da circa due anni, un centinaio di persone ha deciso di dare un “colpo” alla rassegnazione. E chiedo venia per il gioco di parole, a cui non ho resistito, perché Colpo è l’acronimo di Comitato di liberazione popolare, un gruppo intergenerazionale che colpisce per la presenza maggioritaria – e non solo nei numeri – della fascia tra i 20 e i 35 anni. Da chi vogliono liberarsi questi giovani calabresi? Innanzitutto, dalla rassegnazione.
Maria Luigia, Gianpaolo, Marta, Johnny, Riccardo e molti altri sono studenti, ricercatori, professionisti, che vogliono restare. Affamati di cultura che vogliono restare senza arrendersi a un destino che li vuole al servizio di un turismo ipocrita e distruttivo. Ascoltano più che parlare, si interrogano su come riportare alla vita il loro paese e quindi la loro comunità.
Hanno imparato che le parole, quando non sono vacui slogan, quando si liberano da ogni velleità, sono armi preziose. Hanno messo in piedi un’associazione per colmare il vuoto di un paese dove non esistono centri di aggregazione né spazi comuni. Vogliono ricostruire una comunità basata sul mutuo aiuto, sull’incontro fisico e intellettuale tra persone. Il loro primo desiderio è quello del ritorno alla vita, per ognuno e per la collettività. E sono certi che la strada migliore per farlo sia promuovere l’accesso all’arte e alla cultura, affinché sia pane per la bocca di tutti e non solo per un’élite.
Hanno rimesso a posto quatto mura accoglienti di uno degli antichi palazzotti tra le viuzze della cittadina, dove c’è posto per tutti, tranne che per la gerarchia. Quattro mura – sempre impreziosite dall’arte contemporanea – dove ognuno partecipa a seconda della propria disponibilità, nessuno è al vertice e tutti sono intercambiabili. «Non c’è un direttivo formale, ogni scelta è frutto di assemblee settimanali, aperte a tutti e tutte», ripetono come un mantra non appena qualcuno chiede loro “come funziona”.
Colpo è un’associazione nata nel dicembre del 2021 e opera nel centro storico della città di Paola accogliendo all’interno dei suoi spazi persone provenienti da diverse esperienze. Ha una struttura di democrazia diretta con modello assembleare aperto a tutti i soci dell’associazione e segue il modello economico dell’autofinanziamento e del mercato circolare.
Questi giovani calabresi hanno saputo dare forma e vita a diverse iniziative culturali e politiche di base. Come il doposcuola popolare per i piccoli paolani senza accesso a servizi pubblici o lo sportello di consulenza legale gratuito per chi non può permettersi una costosa difesa. E, ancora, un corso di pittura, rassegne letterarie, dibattiti, un laboratorio di informatica e Arduino, uno spazio settimanale dedicato al gioco di ruolo e uno autogestito da studenti e studentesse delle scuole superiori.
Uno dei loro obiettivi, forse il principale, è «fare rete» – dicono – con tutte le associazioni libere. Così, da due anni sono promotori di “Margini- Abitiamo spazi e tempi”, un festival per restituire un po’ di vita ai vicoli che altrimenti rimarrebbero sottomessi al silenzio e alla solitudine.
«Un’azione concreta di riappropriazione dei luoghi nel centro storico, un mezzo per promuoverne la Restanza», spiegano. «La volontà è quella di impegnarsi nella promozione e rigenerazione dei luoghi che ci circondano, per poterci opporre alla narrazione dell’abbandono, della perdita della memoria e dell’emigrazione e alla rassegnazione alla gentrificazione e alla turistificazione dei borghi come sole alternative possibili».
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