Outdoor, collaborative, di comunità: ecco il ritratto delle scuole innovative d’Italia
Seguici su:
Treviso, Veneto - Scuole sempre più aperte e integrate con il territorio, capaci di evadere dalle mura degli edifici scolastici e dialogare con le aziende, le istituzioni, il terzo settore. È questo il quadro, a metà fra l’osservazione e l’auspicio, che emerge dalla terza edizione del Festival dell’Innovazione scolastica, che si è svolto dall’8 al 10 settembre a Valdobbiadene.
Un evento che potrebbe dar vita esso stesso a una nuova sperimentazione. Come ha annunciato in un comunicato stampa l’Assessora all’Istruzione, Formazione, Lavoro e Pari Opportunità della Regione del Veneto Elena Donazzan, intervenuta in chiusura del festival: “Dal Comune di Valdobbiadene partirà un progetto di comunità educante, prima realizzazione di un dibattito aperto in Regione del Veneto a maggio” che “diventerà un modello da replicare”.
L’edizione appena conclusasi ha segnato la crescita di questo festival, passato nel giro di due anni da una iniziativa di nicchia a un evento di interesse nazionale, cui quest’anno ha partecipato con un videomessaggio persino il Ministro dell’Istruzione e del merito Valditara. «Non ci aspettavamo minimamente questo riscontro – ci ha spiegato Alberto Raffaelli, ex Preside e membro del comitato promotore del festival –, ma questo ci dice quanta necessità c’è e quanto è sentita da parte di dirigenti e docenti la possibilità di ascoltarsi, raccontarsi e creare rete».
L’IMPORTANZA DELL’EDUCAZIONE OUTDOOR
Per lunghi decenni la scuola italiana ha ignorato completamente tutto ciò che avveniva al di fuori delle mura dei propri istituti. I sottili pannelli prefabbricati sono spesso diventati confini invalicabili che separavano gli alunni dal mondo esterno. Come ci ha raccontato la nostra vecchia conoscenza Danilo Casertano, innovatore nel campo dell’educazione outdoor che è intervenuto al Festival, «tradizionalmente il mondo della scuola separa nettamente gli ambiti. Lo Stato [gli istituti scolastici pubblici dalla scuola dell’infanzia in sù sono in mano allo Stato, ndr] resta separato dal Comune, dalle imprese, dal terzo settore».
Oggi questa tendenza calcificata negli anni potrebbe essere arrivata a un punto di svolta verso una maggiore apertura e integrazione con il territorio. La terza edizione del festival dell’innovazione scolastica, dedicata a “La scena dell’insegnare, l’ambiente dell’apprendere” ha messo l’accento proprio sull’ambiente scolastico, sui luoghi dove avviene l’educazione: «Il modello di scuola pre-covid, con banchi, cattedra, lezioni frontali è sentito come superato», ci spiega Alberto Raffaelli.
«C’è una grande esigenza di cambiare la forma, i luoghi. Questo ha coinciso quest’anno con i fondi del Pnrr alle scuole e molte scuole si stanno interrogando su cosa può essere la scuola che non sia quella enorme caserma, con le aule che si affacciano, porte chiuse. Su questo aspetto abbiamo avuto la collaborazione dello Iuav, l’Università di architettura Iuav di Venezia, che da tre anni sta lavorando su questo tema insieme ad Indire [Istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa, un ente di ricerca del Ministero dell’istruzione italiano, ndr]».
ESEMPI “DA COPIARE”
Il Festival dell’Innovazione Scolastica è anche una vetrina, un luogo di scambio e confronto per le esperienze più interessanti in Italia nel mondo dell’educazione. Un comitato scientifico di esperti ne ha selezionate 30 da oltre 100 candidature. Raffaelli cita alcune di quelle che lo hanno colpito di più, fra quelle intervenute: «Sicuramente il Marco Polo di Firenze, un liceo linguistico che ha saputo trasformare una scuola di periferia nata negli anni 70, esteticamente brutta e degradata, in un ambiente bello e armonioso, con le iscrizioni in continua crescita da 10 anni». Oppure l’IIS di Guidonia, in cui ragazzi e ragazze fanno lezione all’esterno, in spazi recuperati, o addirittura le scuole che fanno lezione sulle Dolomiti per alcuni periodi dell’anno.
Certo, siamo ancora lontani dal poter affermare che esperienze del genere siano la norma. «C’è un bianco e nero – prosegue Raffaelli –, ci sono le scuole che si chiudono dentro aspetti burocratici e quindi diventano aziende asettiche che si limitano alla gestione di norme e regolamenti. Questa è una patologia che si incrocia nella scuola e non è rara. Però a volte sorge questa passione dei docenti per l’educazione ed è lì che nascono queste esperienze straordinarie».
Esperienze di cui sembra esserci molto bisogno. «Dopo il mio intervento, decine di docenti sono venute a chiedermi come si fa a mettere assieme soggetti così diversi fra loro e costruire patti di comunità». E da cui in molti possono prendere spunto, quando non – per usare una parola spesso proibita nelle scuole – copiare. «Spesso ogni scuola ricomincia il suo percorso da capo – racconta Raffaelli – ma se ci sono esperienze che funzionano, perché non copiare? Copiare, diventa una facilitazione e un volano virtuoso».
PATTI EDUCATIVI IN TUTTO IL VENETO?
Come vi avevamo già raccontato, già da un anno e mezzo l’amministrazione comunale di Valdobbiadene (TV) ha iniziato a ragionare su questo nuovo strumento, grazie al supporto di Danilo Casertano. Questa nuova edizione sembra aver dato ulteriore spinta al progetto. Dopo l’intervento di Casertano, incentrato sui di Patti educativi per costruire una comunità educante, la Assessora Donazzan ha annunciato pubblicamente, nel suo intervento di chiusura, che «dal Comune di Valdobbiadene partirà un progetto di comunità educante» che diventerà un modello da replicare in tutta la regione.
Come ha ribadito Raffaelli, «una delle grandi cose che emerge da questa edizione è che le scuole devono trovare la collaborazione dell’ente locale e delle aziende locali. Non a caso abbiamo voluto fare sia l’inaugurazione che la chiusura del festival in piazza. Proprio perché siamo convinti che l’innovazione nasca sia dalla collegialità dei docenti che dalla coprogettazione con gli ambienti esterni».
Un aspetto molto caratteristico del Festival dell’Innovazione scolastica è quello della convivialità. La conoscenza reciproca dei partecipanti è stata facilitata da eventi piacevoli come la visita alle cantine della zona, la visita alle colline patrimonio Unesco, e una cena di Gala. Tutto il servizio di ristorazione, cena di gala inclusa, è stato gestito dai ragazzi e le ragazze della Scuola di Formazione Professionale Dieffe di Valdobbiadene. Un’occasione straordinaria che diventa un riconoscimento sociale per ragazzi e ragazze spesso demotivati. «E poi fanno da mangiare benissimo», conclude Raffaelli. Da oggi la testa è già alla prossima edizione, prevista per settembre 2024, che avrà come tema “Muovere il corpo e la mente: sport, creatività e socialità”.
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento