Seguici su:
Cosenza - Ciroma è una parola della tradizione calabrese che significa frastuono ed evoca i raduni di piazza, la confusione e il rumore. È il chiasso che, metaforicamente, supera la cera di protezione delle orecchie e penetra per mettere in moto qualcosa. Quando, sul finire degli anni ’80, una decina di persone decidono di fondare una radio libera a Cosenza è questo il nome che scelgono: Radio Ciroma. E si presentano alla città con uno slogan cinequivocabile e dirompente: «La comunità dei senza comunità». Trentatré anni dopo è ancora questo l’orizzonte prediletto. È la più longeva tra le radio libere del Sud, eppure non è un pezzo di storia invecchiato.
Questo luogo è stato sin da subito una casa comune per quanti non trovavano spazio nei movimenti e nelle associazioni dell’epoca – accogliendo anche chi fino a poco tempo prima si era combattuto politicamente. «Ciroma è nata dall’incontro tra esperienze molto diverse, anche in contrapposizione tra loro», ci racconta Dario Della Rossa. «Le persone che hanno fondato la radio, dieci anni prima si accapigliavano per strada perché uno era di lotta continua e l’altro di autonomia operaia». È così che nasce la Radio comunitaria calabrese per eccellenza.
Ma cosa vuol dire “radio comunitaria”? Lo chiedo a Dario che oltre a essere un pianista d’eccellenza – da sempre al fianco di Dario Brunori –, è uno studioso puntiglioso della storia e delle tecniche radiofoniche. «È una questione di permeabilità», risponde. «Le radio commerciali hanno un pubblico, un target, un fine che è quello di accaparrarsi ascoltatori per vendere la pubblicità a prezzi più alti. L’esperienza di Ciroma e quella di tutte le radio comunitarie è differente perché non si rivolge a un pubblico ma è uno strumento di comunicazione a disposizione della comunità. Appartiene alle comunità locali».
E vive le turbolenze delle comunità. Stare dentro le comunità vuol dire viverne insieme alti e bassi, transizioni, stop e ripartenze. «Questo è un momento di passaggio», ci racconta Dario Della Rossa. «Per il prossimo palinsesto stiamo facendo un giro per le realtà del territorio. A breve incontreremo gli studenti dell’Aula liberata dell’Unical e i giovani paolani di Colpo, le associazioni cittadine che in questi mesi si sono avvicinate a noi, e la consulta intercultura da poco nata a Cosenza».
Funziona così: appena sul territorio nascono e si formano nuove realtà e vogliono utilizzare lo strumento radiofonico trovano qui in Ciroma gli strumenti tecnici e la volontà politica di permettere loro di comunicare con tutti. Un’opportunità che è stata evidente in pandemia, quando moltissime associazioni e singoli che non potevano più fare le loro attività nella vita pubblica hanno scelto il mezzo radiofonico per continuare a comunicare con i loro associati e non solo.
Da 33 anni questa radio libera non ha mai spento i microfoni, sostenendosi con l’autofinanziamento nella sua forma più pura. Innanzitutto con le sottoscrizioni, poi organizzando iniziative mirate. «Qualche volta abbiamo pagato le bollette con delle magliette», ricorda divertito Dario. Che poi esamina la situazione: «Le nostre spese vive sono molto piccole. La sede ci è stata assegnata dal Comune quindi lo spazio e l’utenza della corrente sono coperte. Riscaldamenti non ne abbiamo, quindi niente gas. Per l’affitto del gabbiotto, quindi dell’antenna che fisicamente ci trasmette siamo ospiti di Radio Radicale, da decenni».
L’unico contributo pubblico che ricevono è quello del ministero delle Comunicazioni per le radio comunitarie e nessun altro «Né da Comune né da Regioni, tantomeno partecipiamo a bandi. È l’unica nostra entrata che per noi è sufficiente per mantenere l’economia della radio», tiene a sottolineare.
Dario è un ciromista doc, lo è diventato quando aveva 15 anni. La sede della radio stava lungo la strada tra il Conservatorio e la sala giochi, così Dario uscito dal conservatorio e in attesa che aprisse la sala giochi, inizia ad andare ospite in studio come ascoltatore di un programma di alcuni amici. Il pubblico in studio, che ascolta i programmi dal vivo, è una pratica antica e diffusa, non certo un’esclusiva di Fiorello e Radio2. «La cosa che ci diciamo sempre tra di noi scherzando è che indipendentemente da quando, come e quanto hai frequentato la radio, chi diventa ciromista lo diventa per sempre! La porta della radio non è girevole, ma sempre aperta e spalancata».
Ha ragione Dario e questo non vale solo per Ciroma, ma in generale per la radio che resiste all’era dell’immagine e della superficie che tutto schiaccia e cancella o almeno ci prova. Niente è più sbagliato del pensare alla radio come a qualcosa di residuale, di nicchia o comunque di destinato a scomparire.
«Ogni volta che nasce un nuovo media o che si perfeziona un sottomedia, c’è sempre qualcuno che dice: questa cosa qui distruggerà la radio», commenta Della Rossa. «La radio è morta perché è arrivata la televisione, poi è morta perché è arrivato internet e adesso è morta perché sono arrivati i social. In realtà la radio non è morta e non muore, perché viaggia su altri canali e con altre regole. Nonostante il capitalismo e le radio commerciali, il media radiofonico resta comunque il più prossimo alle persone. La radio chiede e offre empatia».
E sono almeno due le ragioni per cui resiste al tempo e alla logica del profitto. Innanzitutto, l’ascolto radiofonico non è un’azione passiva, come lo è invece per la tv che ti bombarda di contenuti. «Chi ascolta la radio non è pubblico passivo, né un consumatore, ma partecipa. Ed è per questo che le persone si affezionano alla radio. Ascoltare la radio è un’azione attiva, bisogna partecipare», spiega Dario.
«In secondo luogo, la radio è nata per creare relazioni che, seppur filtrate e modificate, ancora persistono. La radio è nata tra i radioamatori per comunicare e ascoltarsi tra loro: non è un caso che il boom della radio agli inizi del Novecento avvenga sulle navi, era un modo per comunicare in una condizione in cui fino a pochi anni prima si era completamente isolati. Il successo del mezzo radiofonico è dovuto alla capacità di creare relazioni e – aggiungo – la ragione sociale della prima radio è stata quella di salvare vite. Se ci pensi, il Titanic è affondato perché nessuno dall’altra parte stava ascoltando la radio».
Alla fine di questo piccolo viaggio nella storia di Ciroma e della radio, chiedo a Dario un messaggio per il lettori di Italia che Cambia: perché ascoltare Ciroma? Ci pensa su un pezzo prima di rispondere e infine si decide: «Perché quello che va in onda non è mai quello che ti aspetti. Ciroma ha sempre abitato il margine, quindi non è mai stata organica a un pensiero politico o a un genere musicale. È sempre un ascolto che ti sposta, mai conciliante. E con la musica viaggiamo nello spazio e nel tempo, oltre i limiti imposti che dominano i palinsesti delle altre radio». Posso scrivere che è un antidoto contro l’omologazione? «Sì».
Per ascoltare Radio Ciroma clicca qui.
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento