22 Set 2023

Il “caso” Beatrice Pepe e i media italiani: quando il sessismo vince sull’informazione ambientale

Scritto da: Michele Cagnini

L'intervento in TV dell'attivista di Ultima Generazione Beatrice Pepe ha scatenato un vespaio di commenti critici, molti dei quali intrisi di sessismo e di un linguaggio inaccettabile. Nessuno però si è preoccupato di verificare se i dati riportati dalla giovane attivista fossero veritieri né di far ritornare il dibattito sui binari su cui sarebbe sempre dovuto restare.

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Lunedì 11 settembre è andato in onda il programma Quarta Repubblica con Chicco Testa – ex attivista, dirigente e politico – e Daniele Capezzone, contrapposti in un dibattito a Beatrice Pepe – attivista di Ultima Generazione – e il funzionario ed ex consigliere regionale dei Verdi Angelo Borrelli. Il dibattito che ne è scaturito è stato abbastanza caotico e saltando di palo in frasca è spaziato dal terremoto in Marocco al climate camp di Venezia, fino ai sussidi che ogni anno l’Italia investe nel settore dei combustibili fossili. Ed è qui che è scoppiato il putiferio.

Infatti l’attivista di UG, Beatrice Pepe, incalzata da Testa e Capezzone, dopo aver riportato alcuni dati non è stata in grado di riportare le fonti precise. Poco importa se poco prima Capezzone aveva esternato dichiarazioni come “ognuno deve essere libero di inquinare” o se Pepe fosse lì in realtà per parlare del fondo riparazione per gli eventi naturali estremi – argomento che è stato affrontato soltanto collateralmente. Arrivati a questo punto sarebbe stato lecito aspettarsi da parte degli organi di informazione un lavoro che avrebbe dovuto confermare o confutare dei dati “da cartomante”, come direbbe Capezzone.

beatrice pepe

Invece quello a cui ho dovuto assistere nei giorni successivi mi ha lasciato perplesso e in alcuni casi inorridito. Libero parla di “numeri a casaccio” e il Secolo d’Italia di “numeri antiscientifici”. Ma c’è chi è riuscito a fare molto peggio. «Non molto male, soprattutto quando fa mostra delle parti intime», ha detto Giuseppe Cruciani parlando di Beatrice Pepe sul suo programma radiofonico.

Guia Soncini, scrittrice e giornalista de Linkiesta, ha intitolato “Ultima gnocca, ideali carni sode e la cosa più bella vista un tv” un delirante articolo che ricorda più un soliloquio alla Abraham Simpson che un prodotto di informazioni. Soncini si scaglia contro le nuove generazioni, che secondo lei parlerebbero solo per slogan – o meglio in “doppiaggese” –, mentre si vanta di non utilizzare il termine “Boomer” e di preferire “matusa”. Accusa poi l’attivista di essere solo un “decorativo pezzo di carne” , di nuovo senza cercare di capire se quello che è stato detto ha un fondo di verità oppure no.

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Ancora una volta il movimento ecologista ha indicato la luna e il mondo ha guardato il dito o meglio di chi fosse quel dito: certo sarebbe stato più efficace avere le fonti disponibili, però questo non rende i dati meno veritieri. Si è preferito purtroppo privilegiare un tipo di informazione con critiche ad personam anziché fare fact-checking. Ma entriamo nei merito dei dati che sono emersi dalla discussione.

“18.000 morti in Italia per il caldo lo scorso anno”: la notizia viene riportata da Rai news in un articolo del 10 luglio 2023 in cui si fa riferimento a uno studio pubblicato dall’istituto di salute pubblica di Barcellona su Nature Medicine con il titolo Heat-related mortality in Europe during the summer of 2022. La studio ipotizza che nella sola Italia, in un periodo tra il 30 maggio e il 4 settembre 2022, ci siano state circa 295 decessi per milione di abitanti riconducibili al caldo estremo, quindi intorno alle 17.770 morti.

A dire che ci sono stati dei sussidi al fossile invece è un report del Fondo Monetario Internazionale – un’istituzione che storicamente non ha mai attirato simpatie ambientaliste – dal titolo IMF Fossil Fuel Subsidies Data: 2023 Update di Simon Black. Anche in questo caso il dato dei 60 miliardi di euro erogati – 63 per essere precisi, divisi in 10 miliardi di sussidi espliciti e 53 impliciti – che è emerso durante il dibattito sembra essere corretto.

«Non molto male, soprattutto quando fa mostra delle parti intime», ha detto Giuseppe Cruciani

Per concludere vale la pena riportare qualche altro dato. Nel 2016 è stato presentato dalla Società Metereologica Americana un sondaggio nel quale il 97% degli intervistati afferma che il cambiamento climatico è un prodotto dell’azione umana; nel 2019 un sondaggio simile, questa volta però dell’Accademia Nazionale delle Scienze, eleva la percentuale al 99%.

Nel 2016 La American Phisical Society ha rilevato che “solo” il 90% dei fisici teorici e il 95% di quelli sperimentali crede nella teoria della relatività. Quindi è indubbiamente vero, come dice Capezzone, che non tutti gli scienziati sono d’accordo sul fenomeno, ma bisogna rendersi conto che se anche un argomento come la relatività ristretta genera un dibattito nella comunità scientifica, è opportuno aprirlo anche per un tema come il cambiamento climatico.

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