21 Ago 2023

Fabrica, “costruire” cultura per diffondere bellezza e consapevolezza

Scritto da: Brunella Bonetti

Allenare le persone alla bellezza giorno dopo giorno, attraverso piccoli e grandi eventi che rendano la cultura accessibile e diffusa. È questo l'intento di Fabrica, l'associazione portata avanti da un collettivo di professionisti e professioniste con una formazione artistica e culturale in sinergia con il territorio e le istituzioni della Capitale.

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Roma, Lazio - Diffondere la cultura e la conoscenza tra le persone di ogni età ed estrazione stimolando interesse e conoscenza intorno ai temi più diversi senza rinunciare alla “qualità” delle informazioni, al divertimento e al coinvolgimento del pubblico. È questo l’obiettivo dell’associazione culturale Fabrica, nata a Roma, con l’intento di costruire un’alternativa che colmi la distanza esistente tra formazione, ricerca accademica e organi di divulgazione.

Il cantiere di Fabrica accoglie figure provenienti da esperienze lavorative, formative e culturali, tutte con un alto grado di specializzazione. Musicisti, interpreti, ricercatori, archeologici, grandi lettori, tutti mossi dalla necessità di contribuire alla realizzazione di un progetto lungimirante e collettivo, con l’intento di creare una comunità integrata tra studio, ricerca e divulgazione, nella consapevolezza che solo nella condivisione possa esistere un presente di valore e un futuro migliore. 

I “fabricanti” di questi frammenti del sapere dialogano tra loro e con il pubblico affinché la divulgazione e la messa in circolo della conoscenza diventi la protagonista di questa macchina artistica del tempo. Per saperne di più parliamo con Francesca Caprioli, fondatrice dell’associazione culturale Fabrica, insieme al musicista Bruno Corazza e all’attrice Livia Saccucci. «Sono archeologa e attualmente il mio ruolo nell’associazione è quello di direttrice artistica», esordisce Francesca. «La mia forma d’arte è la drammaturgia e l’ideazione di nuovi progetti finalizzati alla divulgazione e alla promozione di Fabrica».

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Cos’è Fabrica, come nasce?

Fabrica nasce dodoci anni fa in una libreria del quartiere Nomentano di Roma, con esigenza, anzi l’urgenza, di raccontare storie attraverso testi scritti per l’evento e musica arrangiata, composta e cucita insieme per il tema scelto. Il format, chiamato “Fabrica musica e letteratura in costruzione”, nasce nel 2011 con un attore, un musicista e una direzione o drammaturgia. 

Perché l’esigenza di creare Fabrica, quali sono i suoi obiettivi e finalità?

L’esigenza è quella di dare corpo a uno strumento che permetta alla gente di aggregarsi e creare una comunità attraverso incontri culturali al fine di permettere il miglioramento e l’allenamento quotidiano alla bellezza. 

Da dove deriva il nome?

Fabrica deriva dal concetto di faber, quella specifica caratteristica dell’homo sapiens di creare. Fabrica è anche un luogo dove si crea. Ci piace pensare che questo posto ideale, costruito insieme da soci, artisti e studiosi, sia un luogo di aggregazione intorno al desiderio di conoscenza, approfondimento e miglioramento. Abbiamo lavorato molto in questi dodici anni, da quando ci siamo incontrati in quella piccola libreria di Corso Trieste. Le nostre attività sono aumentate, anche grazie alla nostra vicepresidente Rita Cerri, che veniva all’esperienza di direttore delle relazioni esterne dell’associazione Civita, nata grazie a Gianfranco Imperatori. 

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Che attività e progetti portate avanti?

I nostri progetti base sono Fabrica musica letteratura in costruzione e Architetture e linguaggi, cioè passeggiate archeologiche che descrivono l’architettura dell’epoca romana, detta post-moderna. A questi due pilastri si sono poi aggiunte conferenze-concerto su temi che spaziano dalla storia dell’arte alla storia del costume, fino alla letteratura. Poi laboratori per bambini o per anziani sul mito e il cinema gratuito per soci e anziani. Infine un progetto la cui prima produzione è nata in pandemia: Forme, studio per una metamorfosi, la cui idea nasce dalla rielaborazione delle Metamorfosi di Ovidio, rappresentate in quattro stanze con testi anche originali e miti musicali, arrangiati per quattro voci e pianoforte.

È importante recuperare il passato per raccontare il presente in un’ottica futura? 

Noi crediamo che la tradizione ereditata dal passato sia essa stessa futuro, soprattutto proiettata in un’ottica che serva a coltivare il fuoco e non a venerarne solo le ceneri, come diceva Gustav Mahler. Il passato è fatto dei i passi che ci separano dalle nostre radici e ogni passo è importante. Attraverso il percorso segnato alle nostre spalle noi proiettiamo quello che si creerà davanti ai nostri occhi. È per questo che lavorare sui classici ci aiuta a capire che cosa diventa un classico e perché si rende ancora necessario parlarne.

A chi vi rivolgete e chi partecipa ai vostri eventi?

I nostri eventi cercano di parlare a tutti i livelli di età. Le passeggiate archeologiche hanno un pubblico piuttosto ampio di curiosi, fino ad arrivare a studiosi o studenti. Gli eventi registrano una grande partecipazione, siamo una comunità vera formata da circa trecento persone di Roma e dintorni che si riuniscono con l’unico scopo di incontrarsi per conoscere, approfondire, migliorare e forse riconoscersi in un tema proposto.

Anche l’evento apparentemente meno rilevante possa incidere sulla qualità del sentire e della conoscenza, che è il più grande antidoto alla violenza e all’odio

Che rapporto avete con le istituzioni e il territorio? 

Lavoriamo moltissimo con le istituzioni, in particolare con il sistema dei Musei in Comune, con l’Accademia Filarmonica Romana e con alcuni municipi di Roma. Con il II Municipio, per esempio, stiamo realizzando molti progetti per affermare la cultura in alcuni luoghi storici come la Limonaia di Villa Torlonia, al quartiere Nomentano.

Inoltre stiamo collaborando con la residenza per anziani San Bernardo, che gestisce il giardino dell’Abbazia Tre Fontane sulla Laurentina e che ha inserito tra i suoi progetti molti eventi culturali aperti non solo ai propri ospiti e alle loro famiglie, ma anche agli abitanti del quartiere. Abbiamo lavorato anche con piccoli comuni come Montopoli di Sabina o Castelnuovo di Farfa. Crediamo molto nel territorio di Roma e dintorni e soprattutto nei suoi cittadini, che possono partecipare attivamente nel proprio contesto alla diffusione culturale.

Secondo voi agire in una città come Roma ha un’importanza particolare?

Agire in una città come Roma ha una grande valenza, in quanto la città ha la grandezza di una città d’Italia e credo che sia soprattutto nei grandi centri che i cittadini colgono l’occasione per sfuggire allo stress e alle attività frenetiche della vita quotidiana coltivando lo scambio e l’arricchimento culturale.

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Quale riscontro hanno gli eventi di Fabrica?

Abbiamo una media che supera le cento persone per i grandi eventi che proponiamo come associazione e una buona risposta anche per gli eventi più di nicchia. Cerchiamo di ampliare sempre di più il nostro pubblico, ma allo stesso tempo siamo soddisfatti di quello che abbiamo costruito anzi “fabricato”.

Avete sogni o particolari progetti per il futuro?

Il futuro ci vede ottimisti nella speranza di ampliare sempre di più la nostra comunità fatta di persone vere, interessate e partecipi. I progetti culturali sono tanti, per esempio ci interesserà andare avanti con il nostro laboratorio di ascolto sulla terza età – intitolato C’ero una volta – che interroga persone molto anziane su un periodo specifico che quest’anno riguarderà la loro vita trascorsa negli anni ‘50.

Abbiamo progetti sulla mitologia, come il laboratorio Che mito dedicato ai bambini e il progetto L’amore prima di noi sempre sul racconto per gli adolescenti. Ma il progetto più grande, nonostante le difficoltà finanziarie che vive la gran parte delle associazioni culturali, è quello di non smettere mai di credere fino in fondo nelle proprie attività e che anche l’evento apparentemente meno rilevante possa incidere sulla qualità del sentire e della conoscenza, che è il più grande antidoto alla violenza e all’odio.

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