Internet e pulizia digitale: come ridurre la nostra carbon print
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Secondo il Global Carbon Project, se Internet fosse un Paese sarebbe il quarto al mondo per emissioni di anidride carbonica. Stando ai dati, il digitale contribuirebbe alle emissioni mondiali di CO2 per una quota che si aggira attorno al 3,9 per cento del totale: quasi il doppio del traffico aereo, che contribuisce circa al 2%.
Guardare un video su Youtube, scrollare i feed di Instagram o lanciare un tweet sono diventati ormai gesti familiari e compulsivi, ma quasi mai pensiamo a che impatto abbiano sull’ambiente. E se facessimo un po’ di pulizia digitale per ridurre la nostra impronta di carbonio? Proprio come se dovessimo svuotare cassetti e armadi, gettando quello che ormai è superfluo perché se ne sta lì abbandonato e ignorato.
OLTRE LA DEMATERIALIZZAZIONE
Al contrario di ciò che verrebbe da pensare, alla base del funzionamento di internet vi sono delle infrastrutture fisiche, ovvero reti di cavi, server e data center. Molti di questi – le server farm –si estendono per centinaia di metri quadrati e sono grandi quanto interi quartieri. Server e data center devono essere costantemente raffreddati. Tali sistemi vengono per lo più alimentati tramite fonti fossili. Sono ancora purtroppo molto pochi i data center a emissioni zero. Ma di qualche eccezione vi avevamo già parlato.
L’inquinamento digitale ha svariate declinazioni: dalla fabbricazione dei componenti hardware di internet ai sistemi di alimentazione e raffreddamento dei data center. Una delle forme più comuni di inquinamento è quello dormiente, ovvero l’inquinamento dovuto all’archiviazione di e-mail. Per avere solo un’idea, una banale e-mail da 1 megabyte durante il suo il ciclo di vita totale emette 20 g di CO2, vale a dire l’equivalente di una lampadina da 60 Watt tenuta accesa per venticinque minuti.
PULIZIA DIGITALE: LIBERARSI DEL SUPERFLUO ANCHE SE NON LO VEDIAMO
Si parla ancora troppo poco di inquinamento e pulizia digitale, forse perché non tutti sanno che l’industria della comunicazione e della tecnologia dell’informazione – che fornisce servizi Internet, video, voce e altri servizi cloud – produce ogni anno oltre 830 milioni di tonnellate di anidride carbonica. Ne abbiamo parlato con Elisabetta e Giampaolo, nomadi digitali e ideatori del progetto Acqua Randagia.
Sul loro camper in giro per il mondo sono in quattro; oltre a loro due infatti, come scrivono sul loro blog, c’è un ispettore capace di trovare una crocchetta a chilometri di distanza e un gatto imprigionato nel corpo di un cane. Dopo i primi viaggi in Norvegia e a Capo Nord, cinque anni fa, non si sono più fermati – o quasi – ma che siano a casa o su quattro ruote ciò che amano fare è lavorare su progetti sociali e ambientali.
L’anno scorso hanno lanciato un sondaggio e un invito a fare un po’ di pulizia digitale tutti insieme. «Demonizzare internet è anacronistico – hanno commentato – anche perché partecipare a una riunione online, inviare un’e-mail o una pec sono gesti che hanno rivoluzionato le nostre vite, riducendo l’impatto ambientale di attività che anni prima avrebbero comportato numerosi spostamenti e quindi emissioni».
Ciò non toglie che svuotare ogni tanto la nostra casella di posta elettronica, cancellare un post o quelle foto che ormai non guardiamo più, sono semplici abitudini che potrebbero fare la differenza. Insomma, liberarsi del superfluo come un decluttering del proprio guardaroba. «L’obiettivo non è solo cancellare ciò che a volte avevamo addirittura dimenticato, ma prendere consapevolezza di quanto vecchio sia l’inquinamento che ci portiamo dietro».
È forse più immediato rendersene conto guardando un contenitore di plastica vecchio decine di anni ma ancora integro sulle nostre spiagge piuttosto che scrollando la bacheca di un profilo facebook che non usiamo da tempo, ma il problema ha radici comuni, con la differenza che la pulizia digitale può avere effetti immediati.
Così Elisabetta e Giampaolo hanno deciso di lanciare un invito a fare un po’ di spazio – letteralmente – nei cloud e nelle caselle di posta elettronica, per poi rispondere a un sondaggio su cosa gli utenti avessero maggiormente eliminato dalle memorie di computer e smartphone. «Fino ad ora hanno partecipato circa duecento persone – hanno specificato – e i risultati sono sorprendenti». C’è infatti chi è andato a cancellare vecchie fotografie scattate con ex fidanzati o addirittura interi profili social ormai inutilizzati.
«La pulizia digitale o l’attenzione a questi temi non deve generare un’inutile ansia da tecnologia, ma renderci utenti più consapevoli», aggiungono Elisabetta e Giampaolo. Magari rendendo cicliche queste attività di clean-up. Il sondaggio sulle pagine di Acqua randagia è ancora attivo e nel frattempo, per chi volesse stare più attento all’impatto delle proprie attività online, può seguire poche semplici regole come cancellare periodicamente email e spam, disiscriversi da quelle newsletters che puntualmente ignoriamo, eliminare foto venute male e quei profili di cui non ricordiamo neppure l’esistenza.
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