OutOnomia, prove pratiche di vita indipendente per superare l’approccio assistenzialista alla disabilità
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Bologna, Emilia-Romagna - Essere autonomi significa riuscire a fare tutto da soli o avere la consapevolezza che tutti nella nostra quotidianità possiamo avere bisogno di aiuto ed è proprio realizzare questa cosa a renderci persone indipendenti? È partendo da questa domanda che mi accingo a parlarvi di un’esperienza che ha preso vita da un’idea della cooperativa Accaparlante di Bologna – presso l’ostello ComBo in zona stazione centrale – e che ha saputo rispondere concretamente e praticamente a queste domande partendo dal rivoluzionare il nome stesso di questa parola che da AutOnomia si è evoluta in OutOnomia.
Uscire fuori, appropriarsi dei propri spazi di scelta e di tempo sono gli obiettivi di quest’esperienza che educatori e animatori del Progetto Calamaio – persone con e senza disabilità – hanno vissuto nella primavera appena trascorsa e che ha dato l’opportunità in loro di far sbocciare nuove possibilità per scoprirsi e scoprire il mondo perché l’indipendenza possa essere sempre più narrata come un concetto di rivoluzione collettiva dove le idee e la creatività danno spazio alla costruzione sempre maggiore di un proprio futuro.
Ho intervistato Tatiana Vitali e Benedetta Degli Esposti , due educatrici che hanno vissuto l’esperienza al ComBo e che ce la raccontano facendoci scoprire i loro differenti punti di vista e la loro percezione di questa quotidianità autodeterminata per cui tanto si lotta e di cui tanto si parla soprattutto rispetto alle tematiche del famigerato “dopo di noi” che è anche adesso.
Come nasce l’idea di vivere quest’esperienza?
(Risponde Tatiana)
All’interno del Centro Documentazione Handicap faccio parte di un progetto chiamato Progetto Calamaio. Tra i tanti percorsi portati avanti dal gruppo, tutti finalizzati promuovere la cultura della diversità, da quattro anni partecipiamo a un laboratorio interno focalizzato sul tema dell’autonomia e dell’indipendenza. Ci siamo interrogati molto, insieme agli educatori, sul significato di queste parole e siamo giunti alla conclusione che per noi indipendenza non vuol dire “fare tutto da soli”, ma riconoscere i propri bisogni e desideri e saper chiedere. È da questi incontri che è nata la voglia di sperimentare e metterci concretamente alla prova.
Come si è svolta?
Non è stato facile trovare un posto che fosse accessibile, ma dopo tante ricerche abbiamo trovato il luogo che più faceva al caso nostro. Ci siamo divisi in piccoli gruppi composti da animatori ed educatori e abbiamo soggiornato all’ostello Combo, a Bologna, con l’obiettivo anche di far conoscere e diffondere la nostra iniziativa. Il gruppo di cui io facevo parte ha dormito all’ostello quattro notti, dal 17 al 21 aprile di quest’anno.
Mi racconti una vostra giornata tipo?
Essendo una settimana lavorativa e avendo ciascuno di noi i propri tempi ed esigenze, ci alzavamo alle 7 per ritrovarci tutti a tavola per la colazione puntuali alle 8. Prima di partire per il lavoro controllavamo le nostre borse per assicurarci di avere tutto il necessario, dopo di che ci incamminavamo insieme verso la fermata dell’autobus. Conclusa la giornata lavorativa verso le ore 15, ci rilassavamo con una bella passeggiata in centro e un buon gelato, per poi fare la spesa e rientrare al Combo.
A quel punto ci dedicavamo alla preparazione della cena e del pranzo per il giorno dopo. Avendo io difficoltà motorie, non riesco personalmente a cucinare ma lì eravamo una squadra e tra risate, lunghe chiacchierate e qualche partita al biliardino, ciascuno collaborava a suo modo, portando a termine le faccende e concludendo la giornata con stanchezza e felicità.
Secondo te c’è differenza tra autonomia e indipendenza?
Io penso che nessuno al mondo possa essere totalmente autonomo, perché tutti abbiamo bisogno degli altri, anche se per motivi ed esigenze diverse. Tutti però, se lo vogliamo, possiamo essere indipendenti, perché è la libertà di scelta e di decisione a dare potere alla nostra vita. Non potrò mai cucinare in autonomia un piatto di pasta, ma finché potrò scegliere e decidere di mangiarlo sarò del tutto indipendente, anche se avrò bisogno dell’aiuto di un’altra persona per prepararlo!
Cosa ti ha fatto sentire maggiormente indipendente?
In passato sono partita da sola per qualche settimana di vacanza con gli amici, ma questi giorni trascorsi al Combo sono stati un’esperienza del tutto diversa e soprattutto formativa. Gli aspetti che infatti mi hanno fatto sentire maggiormente indipendente sono stati due: la consapevolezza di essere responsabile dei miei oggetti personali nonché, essendo una settimana lavorativa, degli orari concordati con i miei colleghi e il potere decisionale, dalla scelta dei vestiti da indossare la mattina a quella del pasto la sera.
Come hanno reagito i tuoi genitori e come si sono sentiti a riguardo?
Non essendo la mia prima esperienza fuori casa, i miei genitori non hanno avuto problemi né paure e sono stati ben felici di avere del tempo e dello spazio da poter dedicare a loro. Tra l’altro, hanno molta fiducia nel gruppo dei miei colleghi e negli educatori, quindi hanno affrontato con serenità i miei giorni lontana da casa. L’unica regola che sin dall’inizio ho raccomandato loro di rispettare è stata quella di non chiamarmi: avrei chiamato io in caso di bisogno – come ho dovuto fare per un problema alla carrozzina.
E tu come ti sei sentita?
Io con il gruppo mi sono trovata molto bene e vivere quest’esperienza mi ha reso davvero felice, sia perchè ho potuto sperimentare la libertà di fare e di scegliere, sempre in relazione alle mie possibilità, sia perché i miei genitori hanno avuto dello spazio tutto per loro.
Ci sarà un continuo?
Il gruppo Calamaio si sta già muovendo per ripetere l’esperienza l’anno prossimo, quindi un continuo ci sarà. Tra l’altro noi animatori abbiamo chiesto di aumentare il numero delle giornate di convivenza, perché sono state molto piacevoli e alla fine ci siamo resi conto che eravamo una squadra ben rodata.
Cosa ti ha lasciato quest’esperienza?
Questo progetto di vita indipendente mi ha lasciato la consapevolezza, tra le altre, di avere davvero la capacità e la possibilità di vivere una vita adulta in tutti i suoi aspetti, nonostante la disabilità. Il punto di forza è infatti stato il gruppo, l’aiuto delle persone che ha fatto sì che io potessi superare le mie difficoltà oggettive ma anche la fiducia degli altri in ciò che io stessa potevo offrire.
Come nasce l’idea di vivere quest’esperienza?
(Risponde Benedetta)
Il Progetto Una Combo di Esperienze nasce all’interno del percorso di autoformazione che da anni gli educatori e gli animatori con disabilità del Progetto Calamaio della Cooperativa Accaparlante portano avanti intorno alle tematiche della conoscenza di sé, della consapevolezza del proprio corpo, della propria identità e dei propri desideri di autodeterminazione, anche e soprattutto in relazione alla propria adultità possibile.
Il progetto si è da subito configurato come un’impresa co-costruita, disegnata a partire dalle istanze e dell’esperienza delle persone con disabilità. Dopo anni di ascolto, dialogo, preparazione, abbiamo deciso come gruppo di passare dalle parole ai fatti e di metterci alla prova attraverso delle esperienze in cui uscire dalla zona di confort e sperimentare per qualche giorno cosa vuol dire vivere la propria quotidianità in modo indipendente, libero, autodeterminato.
Come avete scelto la location?
Abbiamo scelto di farlo a Combo, un ostello in pieno centro e attraversato da tanti giovani. Un luogo dinamico e situato dentro alla comunità, in cui essere visti e farci vedere, per portare avanti anche grazie a questa esperienza quel lavoro di “mediazione” culturale che da sempre contraddistingue la nostra identità. Credo sia importantissimo occuparsi del Durante Noi senza aspettare che le persone con disabilità siano ascoltate o prese in considerazione (rispetto al vivere fuori dal contesto famigliare) solamente Dopo.
A proposito di questo, penso che spesso siano meno pronti i genitori rispetto a chi dovrebbe essere direttamente interessato. Tu che idea hai a riguardo? Come hanno reagito i ragazzi e le loro famiglie?
Il progetto ha sempre tenuto conto di quanto sia importante, nel percorso delle persone con disabilità verso la rivendicazione e la sperimentazione dei propri diritti di autodeterminazione e indipendenza, prendere in causa il ruolo delle dinamiche familiari e delle difficoltà che i caregiver – che spesso sono i genitori – sperimentano quando si approcciano al tema della vita indipendente e dei desideri di autonomia dei propri figli/fratelli.
Sono d’accordo sul fatto che spesso sono proprio i famigliari a necessitare di accompagnamento e “presa in carico”. L’equipe educativa del Progetto Calamaio da anni lavora insieme ai familiari delle persone con disabilità che frequentano la Cooperativa, attraverso laboratori specifici, ma soprattutto instaurando relazioni di fiducia continuative e significative.
Su che cosa credi ci sia ancora da lavorare rispetto a questa tematica?
Sicuramente, anche se negli ultimi anni il tema della vita indipendente è più visibile e dibattuto di un tempo, credo che ci sia ancora bisogno di tanta informazione, tanta visibilità, tanta consapevolezza culturale e politica. Insomma, c’è ancora tanto di bisogno di far sentire la voce delle persone con disabilità, delle loro istanze.
Credo che quello che ancora a oggi manchi sia la possibilità per i giovani adulti con disabilità di usufruire di percorsi di accompagnamento e di consapevolezza rispetto a questo tema: le possibilità cominciano a esserci, ma non sono sufficienti. Non solo quelle di “preparazione”, ma anche e soprattutto quelle di concretizzare la scelta di una vita “affrancata” dalla famiglia e che non consista, in maniera obbligata, in soluzioni di tipo “residenziale” o semi-istituzionale. Serve sperimentazione!
Ci sarà un continuo?
Come Cooperativa, abbiamo intenzione di continuare a sperimentare il lavoro sulla vita indipendente, è una delle nostre maggiori priorità. Già a partire dal prossimo autunno è prevista la partenza di un nuovo progetto, attraverso il quale intendiamo mettere a disposizione la nostra esperienza anche a persone con disabilità che non frequentano al momento la nostra Cooperativa.
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