Controffensiva ucraina: ecco cos’è successo e cosa non ha funzionato
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Da ormai un mese a questa parte è iniziata la controffensiva ucraina nella regione di Zaporižžja ed è arrivato il momento di fare un resoconto della situazione, cercando di capire cosa ha funzionato e cosa no da una parte e dall’altra delle barricate. Ma andiamo con ordine: lunedì 10 luglio, a un mese circa dall’inizio della controffensiva, il presidente Zelensky ha annunciato che i piani non stanno andando proprio come sperato.
Il presidente ucraino ha infatti dichiarato in un’intervista esclusiva rilasciata pochi giorni fa all’emittente americana CNN che l’esercito russo ha avuto tempo di rafforzare le proprie posizioni e adesso l’avanzata è più dura del previsto. Zelensky continua attaccando i partner europei, asserendo che se avessero mandato prima le armi la situazione sarebbe stata diversa. Vi è sicuramente della verità nelle sue parole, ma fino a che punto si può considerare l’operazione un fallimento tattico o strategico?
Dal punto di vista della strategia la mancanza dell’effetto sorpresa è stata sicuramente importante. Rispetto all’ultima controffensiva guidata del generale Sirskyj infatti, questa volta i russi sapevano che sarebbero stati attaccati in quelle zone. Grazie alle informazioni ricevute quindi hanno avuto tutto il tempo di fortificare le loro posizioni con campi minati, fossati e cavalli di frisia.
Secondo il generale Battisti, intervistato da Fanpage, un altro punto sarebbe quello dello scarso addestramento dei soldati ucraini equipaggiati con le nuove armi NATO. La necessità di colpire il prima possibile avrebbe quindi convinto lo stato maggiore ucraino a iniziare l’attacco senza che la sinergia tra i vari reparti mobilitati avesse raggiunto il livello ottimale. Una cosa è saper guidare un carro armato, tutt’altra è guidarlo in un campo minato, sotto il fuoco nemico, mentre si supporta una brigata di fanteria meccanizzata. Per quanto riguarda gli avversari invece, Battisti osserva che “la Russia oggi non ha più la capacità di condurre grandi offensive: consapevoli di questo limite dovuto alla mancanza di personale, si sono fortificati consolidando le posizioni acquisite”.
Allo stesso modo, un’interessante punto di vista è quello portato da Cecilia Sala, inviata di guerra, embedded presso la 10° brigata dell’esercito ucraino “Edelweiss”, che parla di un adeguamento delle forze russe alle tattiche ucraine. Con l’arrivo delle nuove armi occidentali si è visto un ribaltamento della situazione, i russi sulla difensiva e gli ucraini all’attacco. L’esercito russo ha dato prova di discreto adattamento utilizzando le stesse tecniche e gli stessi sistemi di armi che gli erano stati rivolti contro.
Nei giorni scorsi un combattente della 10° brigata ha dichiarato che le sue forze hanno abbattuto un drone russo che montava lo stesso sistema di rilascio del carico che avevano le loro truppe. Secondo le interviste della giornalista i russi hanno imparato dai loro errori o perlomeno sembrano aver superato l’estrema disorganizzazione dei primi mesi di guerra.
È ancora presto per tirare le somme di questa controffensiva, ma viene naturale fare una considerazione sui mezzi che dovevano regalare la vittoria agli ucraini, i carri armati. I Leopard 2, i Challenger e i Bradley non si sono dimostrati così efficaci come sembrava, ne sono testimoni le foto di inizio offensiva di una colonna di Bradley e 2 Leopard annichiliti dal fuoco di artiglieria e da un campo minato.
Siamo poi nell’era dei droni e delle armi anticarro portatili, dove un carro costa 5 milioni di dollari e un RPG 32 al massimo 10.000 dollari. Come hanno mostrato gli ucraini nella prima parte di questa guerra non importa quanta corazza ha il tuo carro, un missile ben piazzato lo può rendere inutilizzabile per settimane. In seguito agli scarsi risultati dei giorni scorsi gli americani hanno annunciato che invieranno bombe a grappolo al Governo di Kyev oltre a nuovi caccia per la superiorità aerea, ma per il momento non possiamo fare altro che aspettare.
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