Installano un’antenna radio alta 24 metri davanti alle case e i cittadini non ci stanno
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Genova - La Genova collinare – quella estranea alla movida del centro storico e alle pose da riviera, quella che resta fuori dalle inquadrature dei selfie e si presta a essere incubatrice di cinghiali – ha la capacità innata di scrollarsi di dosso la macchia urbana in un paio di curve in salita e aprirsi a contesti rurali o fuori dal tempo. Un esempio è la zona di Promontorio, sulle alture di Sampierdarena: una piazzola con quattro personaggi ormai parte integrante dello sfondo e una viuzza stretta, che si incammina lungo lo spartiacque tra muretti montaliani, fino a raggiungere la mole tozza e grigia di una chiesa millenaria che fa da contrappunto a un manipolo di case colorate.
Vista dalla vicina collina di Belvedere, Promontorio sembra un piccolo presepe. Ma, si sa, non c’è presepe senza luminarie e anche Promontorio da qualche tempo ha la sua: un’antenna alta 24 metri, costruita in una manciata di ore, che ha attirato l’attenzione degli abitanti dei dintorni e non solo. Ne ho parlato con Vanessa Ferrando, una delle portavoci dei residenti di Promontorio, che mi ha raccontato della stazione radio base che ha destato interesse e preoccupazione in molte persone del luogo.
Vanessa, spiegami: cos’è successo?
Era il 25 aprile: mi affaccio in veranda e, guardando verso le ultime case di Promontorio, vedo qualcosa di strano. Era la prima parte montata di questa antenna. Chiamo subito mio marito, chiedo se lui ne sa qualcosa. Nulla. Scendiamo in strada, parliamo con i vicini: nessuno si era accorto di niente e continuiamo a non capire. Poi, in Salita Superiore Salvator Rosa, notiamo un pannello di legno con un piccolo cartello appeso che annuncia l’inizio del cantiere, praticamente invisibile, anche perché a Promontorio vivono molti anziani, che non scendono mai lungo quella mattonata. Dall’altra parte invece nessun annuncio.
Parlando con gli altri poi, è venuto fuori che qualcuno, passando nei giorni precedenti, aveva visto degli operai al lavoro lungo il muro storico, ma si pensava a una ristrutturazione o a nuove casette indipendenti in costruzione. Nessuno immaginava che stessero installando una stazione radio base, che oltretutto ha portato anche allo sradicamento di alcuni ulivi secolari.
Quello che ci dà più fastidio è esserci ritrovati con un’antenna alta 24 metri davanti a casa senza nemmeno essere stati informati prima: per noi è stato calpestato il diritto all’informazione della cittadinanza. Anche in un’area come questa, sottoposta a vincoli paesaggistici e storici, sembra che una multinazionale possa fare quello che vuole, mentre un privato cittadino no. L’antenna costruita inoltre, secondo quanto abbiamo rilevato nelle settimane successive, non è in linea con il progetto presentato.
Come vi siete mossi a quel punto?
Il 29 maggio abbiamo partecipato alla commissione 2 del Municipio Centro Ovest, dove abbiamo potuto porre quesiti relativi ai vincoli paesaggistici e storico-monumentali di tutta la zona (Promontorio, Belvedere, Forte Crocetta…), chiedere la motivazione della non conformità dell’immagine del progetto rispetto alla realtà e quali sono stati i criteri e l’iter per concedere i permessi alla costruzione dell’antenna. Siamo tornati a casa con la consapevolezza di aver fatto delle proposte che potessero fare chiarezza e che faranno da promemoria a chi di dovere, perché i cittadini vanno rispettati e ascoltati.
Pochi giorni giorni dopo abbiamo scoperto che nel 2016, sul sito del Comune di Genova, era stato pubblicato un protocollo d’intesa proprio in merito agli impianti di telefonia mobile, firmato da tutti i Municipi. In questo documento c’erano ottimi propositi: nel testo si inseriva la finalità di salvaguardare la salute dei cittadini e nell’allegato A si parlava di un tot di spesa, di cui settemila euro da spendere proprio nella comunicazione con la cittadinanza, con almeno un incontro pubblico, vis a vis, oltre a manifesti, volantini e altre affissioni. Inutile dire che non è stato applicato nulla di tutto questo.
A quel punto ho fatto un’interrogazione in Comune – che è stata depositata e protocollata – per sapere se quei settemila euro erano stati effettivamente spesi ed eventualmente come e dove. Non mi è arrivata nessuna risposta. Ho ricevuto una sorta di risposta indiretta, in merito al “restyling” di quel protocollo d’intesa: tutta la parte relativa all’informazione alla cittadinanza infatti nel frattempo è stata rimossa e sono stati dimezzati i tempi di valutazione per i municipi, da 30 a 15 giorni per poter inviare osservazioni e commenti. Nessuna comunicazione con la cittadinanza e un depotenziamento del municipio, quindi.
Il lato positivo di tutta questa vicenda è che s’è formato un gruppo di cittadini che hanno iniziato a parlare, a collaborare insieme.
Sì, s’è creata una grande intesa tra vicini di casa e non solo. Questa società ci spinge a non fare gruppo, le nostre giornate sono sempre frenetiche, sembra che non ci sia mai tempo per nulla e il Covid non ha fatto altro che peggiorare questa percezione quotidiana. La costruzione dell’antenna però ci ha portato innanzitutto a fermarci, a conoscerci tra noi abitanti di Promontorio e a stringerci in un gruppo, per portare avanti una missione comune.
Il primo giorno in cui abbiamo iniziato a raccogliere le firme, per esempio, abbiamo ricevuto una risposta enorme da parte della cittadinanza: in sole otto ore ne abbiamo raccolte circa 1200, tutte depositate. E non tutti i firmatari erano della zona, alcuni arrivavano da Certosa, qualcuno da Sestri Ponente, quindi anche altri quartieri. Questa solidarietà, come cittadina, mi ha fatto molto piacere.
Nei giorni successivi abbiamo parlato con gli abitanti più anziani e abbiamo raccolto testimonianze, riuscendo a creare anche una piccola guida “casalinga” di Promontorio. Ho visto una signora piangere, una donna ultranovantenne venire a piedi fino al campo sportivo Morgavi per firmare e dare il proprio contributo alla causa, un’altra che ci ha rivelato che ora, ogni volta che apre la finestra, le viene il magone. Quelle che stiamo raccogliendo con questa protesta sono tutte testimonianze che le istituzioni non si fermano mai ad ascoltare, perché in queste procedure non vengono presi in considerazione i cittadini, soprattutto quelli che in un territorio ci sono cresciuti, ci hanno vissuto tutta una vita e ci hanno fatto nascere i propri figli.
Cosa sta succedendo ora?
A inizio luglio è stato depositato il ricorso al TAR da parte delle dieci famiglie che vivono nei pressi dell’antenna. Il motivo per cui sono solo dieci è che dovevano essere persone “legittimate”, ossia residenti a ridosso della stazione radio, non potevano firmare tutti. Abbiamo garantito che ci sarebbe stato però l’aiuto economico della collettività, perché per ora sono già state emesse fatture per una spesa totale di undicimila euro, circa mille euro a famiglia.
In che modo state supportando la causa?
Per dare sostegno economico alle famiglie abbiamo innanzitutto pensato alla vendita di magliette a tema – prenotabili sul nostro gruppo Facebook – il cui intero ricavato andrà a coprire le spese legali del ricorso. Poi, avendo abbracciato il problema anche dal punto di vista della salute, abbiamo deciso di appoggiarci a un’associazione di taglio sanitario, il Comitato Tecnico Scientifico OSS Liguria, che ci fa anche da tesoriere. A supportarci c’è anche il professor Fiorenzo Marinelli, un esperto a livello nazionale sull’esposizione ai campi elettromagnetici, che ci sta accompagnando in questo percorso.
Oltre al tema del paesaggio deturpato, il rischio di cui avete più paura è quindi relativo alla salute pubblica?
Sì, soprattutto chi ha figli piccoli ora è piuttosto preoccupato, per questo i genitori della scuola primaria Taviani [la cui struttura si trova proprio sotto l’antenna, ndr] si sono subito attivati, chiedendo a gran voce maggiore chiarezza e contribuendo alla raccolta firme. Tutti noi adesso abbiamo intenzione di vederci chiaro, per informare la cittadinanza e anche per informarci noi. Questa vicenda ha risvegliato la consapevolezza di quanto sia importante il benessere bio-psico-sociale, ne parla anche l’OMS a livello mondiale, soprattutto riguardante la percezione che il singolo ha dell’ambiente che lo circonda.
Io, dico la verità, non avevo alcuna consapevolezza del problema, ma questa storia ha portato molte persone a rallentare, conoscersi tra vicini e riflettere insieme su quali problemi abbiamo come cittadini. Mi sono sempre fidata delle istituzioni, ho sempre pensato che fossero lì per tutelarci: ora mi è chiaro invece che bisogna attivarsi e bussare alle porte.
Quali sono le vostre prossime mosse?
Oltre a riunioni e a nuovi incontri pubblici, stiamo calendarizzando alcuni appuntamenti, abbiamo pensato anche a una tombola sociale. L’intento è sempre lo stesso: informare più cittadini possibili in merito a quello che sta succedendo.
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