Taranto zona di sacrificio: Rosy Battaglia incontra il relatore speciale ONU Marcos Orellana
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Taranto, Puglia - Nel 2020 l’ONU ha reso pubblico un rapporto in cui Taranto appare come una delle zone più contaminate delle terra e viene definita ufficialmente “zona di sacrificio”. «Ci rassegniamo a essere la città della diossina in cui non si può pascolare in certe aree, in cui il mar piccolo è contaminato e in quel punto pure le cozze lo sono. Ci rassegniamo a vivere nella città in cui bambini del quartiere Tamburi possono essere in pericolo e in cui le persone che vivono nei tre quartieri più vicini all’area industriale abbiano una speranza di vita più bassa. Rassegnarci a questo significa rassegnarsi al male. Noi non vogliamo arrenderci», ci aveva detto Alessandro Marescotti in proposito.
E per fortuna, c’è chi non si arrende. Fra loro Rosy Battaglia, con il suo fondamentale lavoro Taranto Chiama. Le riprese cinematografiche di questo documentario-inchiesta hanno recentemente toccato proprio la sede delle Nazioni Unite. La giornalista ha intervistato il Relatore Speciale delle Nazioni Unite su inquinamento e diritti umani, Marcos Orellana, che ha dichiarato che «il diritto a respirare aria pulita è una componente essenziale del diritto umano ad un ambiente pulito, sano e sostenibile».
«Il rispetto di questo diritto – ha proseguito Orellana – include l’osservanza dei più alti standard di qualità dell’aria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Questo è fondamentale ora più che mai a Taranto. Visti i livelli intollerabili di inquinamento che si registrano a Taranto da decenni, nel nostro recente rapporto sul diritto a un ambiente non inquinato l’abbiamo definita una “zona di sacrificio”».
Taranto Chiama è un film sul destino e il futuro della città pugliese, già capitale della Magna Grecia, ora sito di interesse nazionale per le bonifiche e sede della più grande acciaieria europea. «Mi è sembrato fondamentale – ha commentato l’autrice Rosy Battaglia – inserire nel racconto puntuale di ciò che è davvero sostenibile per la vita umana, nel viaggio che mi sta portando da Trieste a Taranto, la voce indipendente del relatore speciale Orellana e mostrare il volto di chi ha a cuore il destino di una comunità vessata dall’ingiustizia ambientale come quella tarantina».
La missione di Rosy Battaglia a Bruxelles è stata possibile grazie al sostegno economico di oltre 300 donatori in tutta Italia, tra enti, cittadini, media e fondazioni con il patrocinio dell’Ordine Nazionale dei Giornalisti e Articolo 21, che hanno co-prodotto in crowdfunding con l’associazione Cittadini Reattivi, il terzo documentario-inchiesta della regista indipendente.
«Il mio lavoro è rivolto soprattutto alla generazione Fridays for Future, quella che sta subendo oltre gli effetti del cambiamento climatico, quelli dell’inquinamento industriale. Sia del passato che del presente», ha aggiunto Rosy Battaglia. Proprio nelle scorse settimane, come riporta l’agenzia Ansa, il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, ha emesso un’ordinanza in cui ha richiamato l’attuale gestore di Ilva, Acciaierie d’Italia, al rispetto delle emissioni e in particolare del benzene, sostanza cancerogena certa, secondo lo IARC.
Tutto ciò succede, come lo stesso rapporto delle Nazioni Unite ricorda, a neppure due mesi dalla scadenza dell’autorizzazione ambientale integrata (AIA), che nel 2017 aveva indicato in una serie di prescrizioni, gli adempimenti necessari per rendere sostenibile la produzione di acciaio. Tra cui, il bio-monitoraggio sulla presenza di diossine nel latte materno delle madri tarantine. Intanto, Marcos Orellana ha anche ricordato che «la Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato lo Stato italiano per non aver protetto i residenti locali dalla contaminazione ambientale causata dallo stabilimento Ilva, avendo privilegiato la produzione di acciaio rispetto al diritto alla vita privata dei cittadini di Taranto».
La conclusione è affidata ancora alle parole di Alessandro Marescotti. Anche lui, come Orellana, non esita a individuare precise responsabilità del dramma che sta vivendo Taranto: «La città avrebbe potuto respirare meglio, non ci sarebbe stato l’eccesso di tumori infantili. C’erano i soldi per fare investimenti di carattere ambientale, c’era la possibilità di trasformare Taranto in una fabbrica modello, ma non è stato fatto e la responsabilità è ovviamente dei Riva, ma anche di coloro che avrebbero potuto proteggere i lavoratori e la città e non lo hanno fatto».
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