Alla formatrice e facilitatrice Roberta Lo Bianco va il Premio Rosa Parks 2023
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Palermo - Osservare il presente, immaginare ciò che verrà. Prestare attenzione a ogni meccanismo che entra nei congegni della vita umana e cercare di arginare i danni creati da pregiudizi e stereotipi. Era questo il ritratto a cui Human Rights Youth Organization ha pensato per individuare a quale donna assegnare il Premio Rosa Parks 2023. E Roberta Lo Bianco, 40 anni, psicologa e socia di Moltivolti SAS, corrispondeva perfettamente.
Lei che da anni sprona la società di Palermo a non perdere la bellezza, invitando i giovani a confrontarsi con l’alterità e i “grandi “a relativizzare la propria cultura di riferimento, questo premio non immaginava neanche di meritarlo – immotivatamente – e ha continuato a dirlo durante tutta la cerimonia, informale e spontanea, che si è svolta il 24 maggio scorso a piazza Mediterraneo, nel cuore di Ballarò a Palermo. Piazza Mediterraneo è una storia nella storia, sorta com’è dal lavoro di associazioni e residenti, nella quale campeggia il murale che raffigura George Floyd, il cittadino afroamericano ucciso a Minneapolis da un poliziotto.
La storia del Premio Rosa Parks è semplice e lunga ormai sette anni. «Negli USA degli anni Cinquanta l’afro americana Rosa Parks, con un gesto apparentemente semplice, ha dato vita a reazioni sociali e politiche dirompenti. A lei continuiamo a rendere omaggio conferendo, ogni anno, un premio a una donna impegnata nella tutela dei diritti umani», spiega il presidente di HRYO, Marco Farina.
«Quest’anno abbiamo scelto di conferire il premio a Roberta Lo Bianco perché è una formatrice e facilitatrice appassionata di intercultura e lavoro sociale con i giovani, in particolare quelli con poche opportunità, impegnata in progetti che motivano gruppi a riflessioni più approfondite di sé e a relazioni scevre il più possibile da pregiudizi e stereotipi. In questo senso riteniamo che incarni perfettamente lo spirito del nostro premio».
«Quando mi si chiede che lavoro faccio – dice Roberta Lo Bianco – dico sempre che il mio lavoro è avvicinare persone, organizzare momenti e spazi di incontro. Ho una formazione in psicologia clinica e sono specializzata nel supporto psicologico ai pazienti con patologie organiche. Dopo anni di volontariato ed esperienze in giro per il mondo, mi sono resa conto di quante persone con background, lingue, religioni, tradizioni diversi abitassero a Palermo».
«Ho capito anche – aggiunge Roberta – che queste altre culture, religioni, modi di vivere e consuetudini sono tutte presenti e tutte con uguale valore e che questo poteva trovare riscontro negli altri e spingere a cercare di capirne le differenze. Ho smesso di pensare, già da allora, che il paradigma occidentale fosse quello sempre più avanzato, progressista e autoreferenziale».
Roberta Lo Bianco si è occupata presso il CESIE di mobilità internazionale e ha gestito progetti di volontariato di giovani da tutto il mondo, compresi i volontari extra EU all’interno di progetti finanziati dalla commissione europea dando vita all’unità Migrazione. «In quel momento ho compreso pienamente che il diritto alla mobilità è un privilegio di pochi – afferma Roberta Lo Bianco – e che prevalgono solo dinamiche di potere economico, a dispetto di desideri, bisogni e necessità di persone che scelgono di lasciare il proprio Paese anche solo per vivere una esperienza di volontariato all’estero o studiare in Europa».
«Ho capito inoltre che ogni storia di migrazione è una storia a sé e che – sebbene i media tendano in maniera propagandistica a creare nella gente immaginari fortemente polarizzanti insistendo sul concetto di migrazione clandestina, che è essenzialmente errato – la verità è che in Occidente c’è un sistema che vede cittadini di serie A e di serie B ma soprattutto cittadini liberi e cittadini non liberi, imprigionati nei propri Paesi. Di fatto, questa forte disuguaglianza ha assunto un peso nella mia vita».
Roberta Lo Bianco ricopre il ruolo volontario di tutore legale di minori non accompagnati. Si occupa della dimensione sociale di Moltivolti SAS provando a sintonizzarsi sui bisogni del territorio e ad attivare corsi partendo dai bisogni delle gente e non viceversa; lavora prevalentemente a Ballarò e fa parte di diverse reti, dal Forum antirazzista alle lotte per la residenza e l’abitare; sostiene Mediterranea e la nascente Maldusa.
«Provo a ricercare coerenza nelle progettualità che portiamo avanti, umiltà nel poter affrontare determinate cose e non altre – conclude –, orientando le persone che arrivano da noi attraverso vari servizi e reti delle associazioni del terzo settore. Mi piace il fatto che ci prendiamo cura delle persone che entrano dentro il nostro spazio. Mi piace anche il fatto che sentono di non essere soli».
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