27 Giu 2023

Rete Fattorie Sociali, in Sicilia si coltivano le buone pratiche e la solidarietà con l’agricoltura sociale 

Scritto da: Salvina Elisa Cutuli

Da parecchi anni in Sicilia è nata la Rete Fattorie Sociali, un’associazione di imprese agricole, cooperative, aziende del terzo settore che collaborano per costruire un mondo più equo, inclusivo e solidale in grado di coinvolgere tutti gli attori sociali. Un esempio vincente di come l’agricoltura sociale possa essere uno strumento per contribuire alla partecipazione attiva sul territorio.

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Catania - In Sicilia esiste una rete speciale, quella delle Fattorie Sociali, imprese agricole e cooperative sociali che offrono servizi culturali, educativi, assistenziali, formativi e di inserimento socio-lavorativo per soggetti deboli. Un modello che si fonda sui valori della solidarietà, della reciprocità, del mutuo aiuto capace di creare un contesto di inclusione sociale, di benessere e di cura. Un sistema di welfare basato sulle responsabilità e sul coinvolgimento di tutti gli attori sociali. Abbiamo incontrato Salvatore Cacciola, presidente della Rete Fattorie Sociali, per conoscere meglio questa realtà che è stata replicata anche al livello nazionale.

Salvatore, quando è nata l’associazione Fattorie Sociali Sicilia?

L’associazione di promozione sociale è nata l’8 aprile del 2011. Un iniziale coordinamento di aziende e persone che si occupavano di agricoltura sociale si è trasformato in un’associazione che oggi conta 120 soci in tutta la regione, 90 aziende agricole e varie associazioni, cooperative e fondazioni che si occupano di sociale e che collaborano con le aziende agricole.

Cosa intendi per collaborazione?

Volontariato, aziende, familiari di persone svantaggiate, cooperative sociali che sono imprese sociali a tutti gli effetti. La rete esemplifica uno dei modelli più accreditati di agricoltura sociale, di incontro tra il mondo dell’agricoltura e il mondo del sociale e delle professioni, soprattutto del terzo settore, anche con gli enti locali. La Rete Fattorie Sociali non è un sindacato, è un luogo di collaborazione, integrazioni, saperi ed esperienze orientate all’inclusione sociale, all’inserimento lavorativo, all’educazione, allo sviluppo locale e sostenibile.

rete fattorie sociali
Fattorie Sociali Sicilia è stata di ispirazioni per altri progetti? 

La nostra associazione ha fondato a sua volta un’associazione nazionale che si chiama BIOAS che ha diversi poli sparsi per la penisola. Oltre la Sicilia, ci sono dentro anche la Lombardia, la Sardegna, la Toscana, il Lazio, la Puglia, la Calabria e la Campania. Ricopro la carica di presidente anche per l’associazione nazionale. 

Cosa contraddistingue Fattorie Sociali?

L’associazione non usufruisce di finanziamenti pubblici, si sostiene con le quote associative e dei progetti dei soci in rete. Da sempre ci muoviamo per contrastare la povertà e le varie forme di emarginazione. Parecchi anni fa stavamo lavorando a un progetto dedicato agli orti scolastici e all’educazione in outdoor. Facevamo agricoltura sociale senza sapere che si chiamasse così. Negli anni ci siamo ritrovati con le varie onlus, con Libera, l’Osservatorio Mediterraneo, con AIAB. C’era bisogno di pratiche consolidate e c’era già in atto un terreno fertile.

La rete, sin dall’inizio, ha collegato i soci che facevano agricoltura biologica con le associazioni che si occupavano di marginalità proponendo formazioni, momenti di rappresentanza, permettendo di far conoscere alle istituzioni, alle scuole e al mondo dell’agricoltura, il tema dell’agricoltura sociale che all’epoca sembrava essere un mondo di nicchia. La Rete è il risultato di una scelta di vita di noi volontari, imprenditori agricoli, lavoratori del terzo settore per la costruzione di un mondo più equo.

Il nostro è un insieme integrato di progetti che diventano una scelta di vita e un pezzo di economia che ci auguriamo sia più duratura possibile

In questi dodici anni cosa è cambiato?

Nel 2015 è stata approvata la legge nazionale sull’agricoltura sociale, abbiamo iniziato a fare formazione sull’ortoterapia, sulle terapie con gli animali, sull’alimentazione. Man mano si sono aggregati anche altre realtà. C’è una Sicilia che si impegna, che fa innovazione nel sociale e nell’economia, che non fa molto chiasso ed è impegnata a raggiungere un obiettivo preciso: creare economia sociale e sostenere i soggetti che hanno una bassa contrattualità nel mercato del lavoro. L’agricoltura sociale in contesti come il nostro costituisce dei veri e propri presidi di promozione culturale e connessione con altri mondi.

Oltre al tema della solidarietà produce nuove economie dentro una cornice di multifunzionalità dell’impresa agricola. In questi anni abbiamo avuto modo di sperimentare molto. Il sociale ha portato molte risorse all’agricoltura, sono stati parecchi i bandi che abbiamo intercettato e che abbiamo messo a disposizione della rete. Man mano è cresciuta la consapevolezza. Chi fa agricoltura sociale ha scelto di orientare la propria attività in questa direzione. La Rete contribuisce a creare ponti tra fondazioni che si occupano, ad esempio, di autismo con chi fa agricoltura e formazione.

Come scegliete le aziende che fanno parte di Fattorie Sociali?

Abbiamo una carta di valori e un regolamento che impone a tutti i soci un anno di osservazione prima di poter essere accolti come tali all’interno dell’associazione. Bisogna anche partecipare a una attività di formazione che l’associazione propone gratuitamente. Ogni socio è chiamato a prendere una posizione netta antimafia attraverso una dichiarazione. Noi pubblichiamo anche gli indirizzi dei soci. Il nostro è un mondo variegato, basti pensare che nel direttivo ci sono agronomi, veterinari, agricoltori, formatori, per citarne solo alcuni. 

fattorie sociali 5 1
L’agricoltura sociale è sostenuta da un punto di vista legislativo?

Pochissimo. Le norme siciliane sono un elemento frenante. Nel 2013 abbiamo presentato un disegno di legge sull’agricoltura sociale, nel 2021 un decreto assessoriale è diventato l’elemento frenante a fronte di centinaia di aziende che fanno agricoltura sociale. Noi dialoghiamo con tutti ma notiamo una ritrosia a tradurre in fatti concreti quanto proponiamo. Bisogna dire però che negli ultimi quattro anni sono stati pubblicati dei bandi specifici per sostenere e divulgare l’agricoltura sociale attraverso i gruppi di cooperazione. Questi programmi sono ancora in corso, ma la fase storica che stiamo vivendo richiede una maggiore capacità di protagonismo di queste aziende. 

Quali sono gli obiettivi per il futuro prossimo?

La nostra associazione così come BIOAS non nasce a seguito di una legge, aveva una sua entità ancora prima che venisse costituita una legge in merito. Bisogna accettare le sfide dell’ecologia integrale, abbinare il tema dell’agricoltura sociale ai temi della tutela dell’ambiente. Un’ecologia integrale che sappia coniugare il grido della terra con il grido degli ultimi, altrimenti sono operazioni di facciata che non incidono su nulla, dai cambiamenti climatici alla qualità della vita. Ad esempio, come associazione nazionale abbiamo sottoscritto un accordo con l’Osservatorio Placido Rizzotto per il contrasto al caporalato.

Facciamo un lavoro per inserire nella nostra azienda alcuni migranti per cercare di dare risposte concrete a situazioni di emergenza. In Sicilia abbiamo iniziato prima che in altri posti, qui c’è il cuore di tutto. Abbiamo aggregato circa 500 aziende in tutta Italia cercando di costruire insieme un mondo migliore grazie alle relazioni umane. Il nostro è un insieme integrato di progetti che diventano una scelta di vita e un pezzo di economia che ci auguriamo sia più duratura possibile. Le aziende che rappresentiamo sono un elemento di aggregazione, perché l’agricoltura sociale è inclusiva e lavoriamo affinché la nostra quotidianità diventi tale per tutte le aziende agricole. 

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