Passo dopo passo, superare l’antropocentrismo attraverso la cura e il cammino
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È ormai risaputo quanto l’atto del camminare rechi molti benefici fisici e psicologici. Molti libri ne parlano, ma il testo di Paolo Piacentini Passo dopo passo, edito nel 2023 da Pacini Editore, va ben oltre questa importante constatazione. Il suo è un viaggio esplorativo nel mondo della cura e delle sue molteplici declinazioni: cura di sé, dell’altro e del territorio.
È un’opera sui generis sviluppata in 3 capitoli, 39 paragrafi brevi, ma densi e approfonditi, corredati da due appendici significanti, e importanti conclusioni che dalla cura arrivano fino alla politica e chiudono la linea in un cerchio: questo libro ci conduce passo dopo passo “verso un nuovo umanesimo che supera l’antropocentrismo e sposa definitivamente il rapporto con la natura andando oltre qualsiasi idea di possesso”.
Privato e pubblico, città e natura, prosa e poesia, micro e macroscopico e molte altre apparenti antitesi, convivono nel pensiero dell’autore in una imperfetta armonia. In questo libro, tutto dedicato al concetto di cura, dal recupero della dimensione spirituale si arriva fino allo stravolgimento della politica, perché “senza una rivisitazione profonda dei nostri valori culturali dominanti e un recupero del rapporto con la spiritualità e il re-incanto del mondo, non ci sarà mai una conseguente trasformazione profonda della politica”.
Allora incamminiamoci tra i sentieri, fatti da parole vere e chiare, di questo percorso che, come un fulmine a ciel sereno, ci costringe a riflettere su chi siamo stati, chi siamo e chi saremo se solo imparassimo a camminare “passo dopo passo” e a prenderci cura del sé, dell’altro e del territorio. Di seguito tutte le verità sul libro, dette da un autore poliedrico e illuminato come Paolo Piacentini.
Paolo, come nasce questo libro: qual è il cammino di un testo che si fonda proprio sul camminare?
Il libro nasce dall’esperienza di una vita dedicata al camminare, ma la forza interiore che mi ha fatto scattare la molla per arrivare a scrivere un libro dedicato a un pensiero così ampio è stata la pandemia. In quel periodo, fin dall’inizio, ho scritto molto su quanto sarebbe stato importante non perdere l’occasione per cambiare dentro e fuori di noi. ribaltare il tavolo di un modello socio-economico giunto al capolinea.
Come spiegheresti a un neofita, possibile futuro lettore, le tre declinazioni de “la cura” di cui parli?
Il concetto di cura va molto di moda negli ultimi anni e quest’anno, con il ricordo di Don Milani, è stato spesso alla ribalta dei mass media a livello nazionale. Tuttavia la cura, secondo le mie riflessioni, deve essere tutt’uno con l’amore verso gli altri e il territorio che ci circonda. Prendersi cura vuol dire sentirsi custodi di qualcosa senza arrivare alla smania del possesso.
Il concetto di cura e il metodo del camminare sono a fondamento del tuo libro, come e perché conciliarli?
Si conciliano alla perfezione perché il gesto del camminare ci porta a conoscere in modo più profondo il mondo. Non è sempre scontato che questo accada, ma sicuramente ci sono tutte le premesse perché il mondo possa apparirci diverso. Se cammino lentamente conosco meglio l’ambiente naturale e il paesaggio nel suo complesso e non potrò che innamorarmi di ogni sua parte.
Il contesto: quali sono i panorami del libro, gli scorci che ti hanno ispirato nella creazione di un’opera così sui generis?
Più che i panorami che fanno parte della mia storia di camminatore, in questo caso l’ispirazione più profonda l’ho trovata nel giardino di casa e in generale nelle piccole cose.
I protagonisti: tanti sono i nomi importanti nel testo, dal naturalista George Louise Buffon, all’antropologo Vito Teti, ancora Vandana Shiva, il teologo Vito Mancuso, fino all’editore Italo Clementi e molti altri. Come sei riuscito a farli dialogare e cosa li accomuna?
È stato facile farli dialogare insieme, perché ognuno di loro, così come molti altri personaggi citati nel testo, rappresenta la complessità del mio pensiero. Come dico nel libro, “polarizzare stanca“ e quindi il mio pensiero è accoglienza della complessità del mondo.
I tempi: nel libro fai molti riferimenti a eventi e personaggi del passato, fino ad arrivare a snodi chiave e problematiche del presente. Che valore e finalità ha questa camminata nel tempo?
Vandana Schiva, in particolare, parla delle generazioni passate e di quelle future per avere un riferimento su cui lavorare al fine di costruire un mondo diverso che sposi la dimensione della cura mettendo da parte avidità e estrattivismo. Bisogna camminare nel tempo per raccordare passato, presente e futuro. Un futuro tutto da costruire avendo nostalgia, come ci ricorda Vito Teti, di qualcosa che può esserci se solo mettiamo in campo la giusta immaginazione
I lettori: a chi ti rivolgi? Chi sono i destinatari di quest’opera?
Mi hanno fatto spesso questa domanda e la mia risposta è che non c’è un pubblico particolare. Il libro è un’apertura al mondo del mio pensiero sulla contemporaneità e per questo può incuriosire qualsiasi lettore che abbia voglia di letture un po’ eretiche.
Protagoniste assolute sono la natura e la spiritualità: perché sono così importanti e in che rapporto sono nel testo?
Credo che non possa esserci un rinnovato rapporto con la natura se non ci riconciliamo con la nostra dimensione spirituale, ovvero una spiritualità che ci può aiutare a re-incantare il mondo.
Quali sono le finalità principali del tuo libro?
Vorrei invitare i lettori a guardarsi meglio dentro, per riscoprire un nuovo amore che permetta di prendersi cura di noi stessi tenendo però bene a mente la convinzione che la dimensione della cura deve essere trasferita e rivolta anche verso l’altro e il territorio che ci ospita, altrimenti rischia di rimanere una ricerca molto autoreferenziale e narcisista.
Come fai a lanciare un messaggio alla politica partendo dalla dimensione culturale? Ovvero come riuscire a far sì che la cura diventi un progetto politico?
La cura può e dovrebbe diventare un vero e proprio progetto culturale e politico. Se non mettiamo al centro delle nostre azioni la cura partendo dalle piccole cose, difficilmente possiamo diventare dei bravi cittadini attivi o impegnarci in politica per cambiare radicalmente il mondo.
Perché la scelta di due appendici come “Uscire dall’economia del profitto, costruire la società della cura” e il “Manifesto del Cammino per un nuovo Umanesimo”?
Il documento sulla società della cura è il testo elaborato da un vasto gruppo di associazioni partendo dall’esperienza della pandemia. Mi sembrava giusto inserirlo per arricchire il dibattito così vivo di questi ultimi anni. Mentre il Manifesto del Cammino per un Nuovo Umanesimo è alla base del progetto di itinerario che intreccia molti temi del libro.
Quali epiloghi e prospettive future per questo libro?
Ogni libro ha una storia a sé. Mi auguro che questa ennesima avventura possa diventare un utile strumento di riflessione da mettere a disposizioni di chi crede ancora ad un pensiero critico e anche un po’ eretico.
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