7 Giu 2023

Daniele Matterazzo, il fundraiser sportivo che ha trasformato un trauma in forza positiva

Scritto da: Elena Rasia

Un grave incidente subito durante l'adolescenza gli ha cambiato la vita, ma dopo anni di ricerca interiore Daniele Matterazzo ha saputo trovare la sua strada: era quella che conduceva a Santiago de Compostela e lui l'ha percorsa per più di mille chilometri. Quell'esperienza ha segnato l'inizio della sua carriera di fundraiser sportivo, che gli consente di unire la sua passione per lo sport outdoor e la volontà di sostenere progetti solidali raccogliendo fondi.

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Avete presente quelle biciclette che ogni tanto si vedono nei punti espositivi dove si parla di energia rinnovabili e pedalando si accendono delle lampadine? Oggi vi racconterò la storia di un giovane trentatreenne, Daniele Matterazzo, che non accende lampadine ma speranze, progetti e nuove possibilità. Daniele nasce a giugno del 1990 e fino all’età di quindici anni vive serenamente come la maggior parte dei ragazzini della sua età. Quest’idillio però si interrompe relativamente presto, nel 2005, anno in cui ha un gravissimo incidente stradale in motorino che gli compromette per sempre l’uso del braccio e della mano sinistri.

Daniele, quali sono state le conseguenze dell’incidente?

Nell’urto, oltre alle problematiche legate all’uso del braccio, ho avuto un trauma cranico, delle lesioni al fegato, alle costole, ai polmoni , al femore, alla mandibola e alla milza – quest’ultima mi è stata asportata. Sono stato quaranta giorni in coma farmacologico e poi per sei/sette mesi in chirurgia plastica per cercare di recuperare il braccio. Avevo quindici anni, ero in un’età fragile e una volta tornato a casa, con il passare del tempo non mi sono più sentito me stesso. Ogni giorno mi svegliavo e vedevo in questo braccio una limitazione per il mio possibile futuro, per la mia vita. Era cambiato tutto, ero cambiato io.

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Da quel momento sono nate le prime paure e insicurezze.

Sì, ho passato anni a nascondermi per evitare situazioni dolorose, sguardi, domande. Celavo la mia disabilità con lunghe camicie anche in estate avanzata; nel corso di questi anni ho provato a cercare una via di fuga: sostanze, musica, religioni, meditazione… qualsiasi cosa, ma nulla funzionava. Finché a trent’anni non ho visto casualmente un film in tv che mi ha ispirato: Il cammino per Santiago. Ho visto in quel film una possibile svolta, un modo per poter pure io ricercare lungo quel cammino le parti di me che avevo lasciato indietro nel tempo, piccoli pezzetti di me dimenticati negli anni.

Cos’è successo dopo?

Cosi nel 2020, un mese dopo la visione di quel film, ho scelto di partire. Non avevo mai camminato prima tanto a lungo né tantomeno immaginato, così dal nulla, di poter fare 1000 chilometri a piedi nel giro di un mese percorrendo la via storica che conduce a Santiago de Compostela. Ho raggiunto la cattedrale in 23 giorni riuscendo a recuperare del tempo prezioso per continuare a camminare, così ho deciso di arrivare fino all’oceano Atlantico, precisamente fino alle cittadine di Muxia e Finisterre, al chilometro zero del cammino.

Dopo aver vissuto quest’avventura ho ritrovato in me stesso gran parte del coraggio e dell’autostima andati persi nel tempo e capito sempre meglio che la natura e il camminare erano ciò che mi fanno stare bene. Due anni fa, vista l’esperienza positiva dell’anno precedente, ho voluto rifare un’esperienza simile, questa volta con un obiettivo che potesse aiutare anche altre realtà che ne avessero avuto bisogno. Ho pensato ai bambini della pediatria dell’ospedale di Padova, come gesto di riconoscenza per l’aiuto che ricevuto in adolescenza.

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Così hai scelto un nuovo itinerario per un nuovo cammino, questa volta in Italia: la via Francigena, che va dal passo del gran San Bernardo fino alla Capitale, camminando per 1000 chilometri.

Ho lanciato la mia prima raccolta fondi centrando l’obiettivo fissato di 3000 euro. Da allora per la felicità non mi sono più fermato e sono diventato un fundraiser sportivo e attraverso le mie imprese raccolgo fondi da destinare a temi sociali a me cari. Nel 2022 ho scelto un cammino nella Lapponia svedese per misurarmi in nuovi contesti dove non c’erano tutti i servizi e le strutture disponibili lungo il percorso ma una terra primitiva e selvaggia.

Ho voluto alzare l’asticella della difficoltà cavandomela da solo questa volta, con tenda, cibo e attrezzatura per essere autonomo nei ventidue giorni di cammino. Lì ho sostenuto l’ associazione Noisy Vision, che si occupa di portare persone cieche e sorde in cammino e ho raccolto 3200 euro su 2000 di obiettivo. In questo 2023 ho voluto misurarmi in nuovi scenari sportivi, per cui ora sto facendo questo viaggio in bicicletta di 1200 chilometri in dodici giorni per sostenere nuovamente i bambini della pediatria dell’ ospedale di Padova.

Com’è essere un fundraiser sportivo?

È un’idea nata casualmente dopo aver generato il primo progetto di raccolta fondi per la pediatria di Padova nel 2021. Volevo ridare indietro l’aiuto che avevo ricevuto dei dottori e da tutte le persone che mi avevano sostenuto in passato attraverso il cammino della via Francigena. Di fundraiser ce ne sono di tanti tipi, io ho scelto quello sportivo perché accomuna la mia grande passione per l’attività fisica e lo stare all’aria aperta con l’aiutare le persone.

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Come nascono le tue iniziative?

Genero queste imprese che mi studio a tavolino preventivamente e cerco di dare il massimo affinché il progetto possa funzionare. Ho già fatto tre campagne di fundraising sportivo e questa è la prima in bici. È una bella sensazione perché accomuna una passione grande per me con la possibilità di dare un supporto a chi ha bisogno e questo mi facilita le cose. A volte mi trovo in difficoltà nell’esperienza stessa e vorrei mollare tutto, però quando ripenso al motivo che mi ha fatto partire, al perché sto camminando e a chi sto aiutando, testa, mente, cuore e spirito vanno oltre loro stessi.

Qual è il rapporto che instauri con i territori che attraversi?

Il rapporto con il territorio nasce sul momento e per quanto possano essere duri una grandinata o un diluvio, quando sei a stretto contatto con la natura sono sempre momenti passeggeri e basta un raggio di sole per rasserenare tutto. Da quando ho incominciato a generare il primo progetto sociale, numerose persone si sono interessate alle mie imprese e mi hanno sostenuto. Ho anche degli sponsor che mi supportano attraverso materiali e attrezzature riducendo diverse spese che prima erano totalmente a mio carico.

Mi racconti una tua giornata in viaggio?

La mia giornata tipo è molto variabile. Per questo progetto in bici inizia con una mega colazione al mattino e poi si tratta “solo” di pedalare dieci ore di seguito senza altre attività di mezzo.

In che modo scegli le realtà da sostenere? Hai dei criteri?

Le realtà da sostenere le decido e scelgo in base a quello che mi sta a cuore, ma sono sempre state tematiche che hanno riguardato un po’ anche la mia storia personale. Ad esempio, quando ho sostenuto Noisy Vision ho pensato al cammino come terapia che ha aiutato anche me in passato. 

Ho ritrovato in me stesso gran parte del coraggio e dell’autostima andati persi nel tempo e capito sempre meglio che la natura e il camminare erano ciò che mi fanno stare bene

Hai un sogno nel cassetto ancora da realizzare?

Di sogni nel cassetto ne ho veramente tanti però diciamo che quello più grande sarebbe trovare una felicità in tutti i campi della mia vita, sia nel campo amoroso che in quello professionale, perché attualmente il mio lavoro non è che mi soddisfi più di tanto e sto cercando in questi anni, impegnandomi, di tramutare attualmente quella che è la mia passione in un vero e proprio lavoro ovvero attraverso imprese sportive riuscire a mantenermi e anche ad aiutare il prossimo.

Progetti futuri?

Nuovi cammini in terre remote, spedizioni artiche con slitta e sci, salite in vetta e nuove imprese sportive mai provate prima. Ad agosto attraverserò in solitaria dalla costa nord alla costa sud l’intera nazione islandese, raccogliendo fondi per Emozionabile, un’associazione che offre servizi e attività di ogni tipo dedicati a persone con disabilità.

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