A Cariati la comunità si attiva per il diritto alla salute e riapre “dal basso” l’ospedale
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Cosenza - «A volte, è più facile aprire un ospedale a Kabul», ha scritto Gino Strada nel capitolo dedicato alla sanità calabrese del suo ultimo libro Una persona alla volta. Esercitare il proprio diritto alla salute in Calabria è un’impresa che pare impossibile, ma non lo è. O almeno non lo è stato a Cariati dove, dopo dieci anni di chiusura e quasi uno di occupazione, il Vittorio Cosentino ha riaperto all’inizio del 2022, con 10 posti Covid. E si appresta a essere restituito alla comunità.
È una vittoria, non dobbiamo temere di chiamarla con il suo nome. Siamo nella Presila greca, tra l’Alto crotonese e il Basso Jonio cosentino, a Cariati. Qui più di dieci anni fa è stato chiuso un ospedale che serviva un bacino di 100mila utenti, che d’estate diventano più di 300mila.
Nell’estate 2009, davanti alle prime avvisaglie di chiusura dell’ospedale Vittorio Cosentino, alcuni studenti fuori sede e lavoratori emigrati altrove, di ritorno per l’estate, decidono di reagire promuovendo una raccolta firme. E piazzano un banchetto proprio davanti al presidio sanitario: due strutture che insieme occupano uno spazio di 13mila metri quadri. Ma la struttura inaugurata nel 1978 e un tempo all’avanguardia, all’avanguardia non è più e viene chiusa l’anno dopo, per restare abbandonata per dieci anni. Il Vittorio Cosentino infatti è uno dei 12 presidi chiusi dall’allora presidente della Regione Giuseppe Scopelliti, in veste di commissario ad acta.
«C’era nell’aria quello che poi tutta Italia ha visto materializzarsi: spending review, i tagli alla Sanità chiesti dall’Europa e concertati dai vari governi, inclusa l’Italia», dice Mimmo Formaro del movimento Le Lampare sin dalle prime ore. Il diritto alla salute diventa sin da allora il tema prioritario per questo gruppo di cittadini e quell’ospedale diventerà la battaglia centrale per Cariati e non solo. Dieci anni dopo, quegli stessi ragazzi cresciuti e rientrati più o meno stabilmente – chi per via della crisi e chi per via del Covid – decidono di occupare la struttura per chiederne la riapertura. E piantano le tende da novembre 2020 al luglio 2021.
Dieci anni dopo, in piena emergenza pandemia, quegli stessi ragazzi ci riprovano e stavolta ce la fanno. Nel novembre 2020, a causa del Covid moltissimi emigranti fanno rientro al Sud. «Tra chi ha perso il lavoro e chi lavorava in smart working, molti di noi hanno fatto rientro. Io stesso sono tornato da Bologna», racconta Mimmo. «Ci siamo ritrovati qui, dieci anni dopo, e abbiamo deciso di occupare l’ospedale. È stato come tornare sui nostri stessi passi».
Per otto mesi gli attivisti de Le Lampare si sono trasferiti in una stanza del Vittorio Cosentino, abitandola. «Quella stanza non era più solo la manifestazione di uno o pochi giorni, ma qualcosa di continuo. Abbiamo avuto la possibilità di tenere alta l’attenzione ogni giorno. La costanza ci ha permesso la vittoria», prosegue Mimmo.
L’occupazione è finita ma l’attenzione no, gli attivisti de Le Lampare restano «a presidiare lo spazio anche oggi che i lavori al pronto soccorso sono quasi ultimati e a settembre dovrebbe essere aperto», assicura Formaro. Al di là del prosieguo dei lavori infatti l’attenzione è rivolta innanzitutto alla modifica del decreto 64 e cioè la modifica della rete ospedaliera in Calabria annunciata il 20 aprile scorso dall’attuale presidente della Regione Occhiuto. «Siamo agli sgoccioli, possiamo dire che è una battaglia vinta ma siamo consapevoli che le battaglie vinte vanno difese ogni giorno».
Cariati è un esempio lampante di come e quanto le politiche globali travolgano i servizi locali e con essi i diritti di ognuno. Ed è anche l’emblema dello stato in cui versa la sanità calabrese, dove la golden hour prevista dalla medicina d’urgenza è un miraggio. Per gran parte dei calabresi raggiungere l’ospedale più vicino in un’ora è letteralmente impossibile.
Ma Cariati è anche l’ennesimo caso in cui la cittadinanza indica la strada del buon governo alle istituzioni. Una luce coraggiosa. «È come se i pronto soccorso e gli ospedali pubblici d’Italia fossero tante luci che si spengono una dopo l’altra. E invece qui, a Cariati, si sta accendo un lumino». Del resto è per questo che il movimento si chiama così: le lampare, gli strumenti con cui i pescatori fanno luce con le barche al largo. Il loro motto è “Movimento le lampare chiama luce nel territorio”.
Come mai questa eccezione arriva in Calabria? «Sarà che siamo trattati come in un laboratorio, per poi ritrovarci avanguardia», risponde Mimmo. Una specie di rivoluzione delle cavie, mi viene da pensare e Mimmo ride: «Siamo rimasti in pochissimi, è vero. Ma abbiamo la capacità di fare rete, anche con chi vive fuori».
Come dargli torto? Le gesta di questi calabresi hanno incoraggiato non pochi conterranei a rivendicare l’essenziale, al grido di “una Cariati in ogni città”. Anche per questo, le Lampare hanno deciso di tentare a portare un po’ di luce negli enti locali. Alle scorse amministrative, hanno presentato una lista civica con candidato sindaco proprio Mimmo Formaro.
«Ci siamo candidati come atto di responsabilità di fronte a chi ci ha sostenuto e ci voleva operativi nell’amministrazione dell’intero paese. Come per l’occupazione, è stata una decisione spontanea, maturata collettivamente. Il nostro obiettivo è difendere un patrimonio: la nostra terra, i nostri diritti e le lotte di questi ultimi dieci anni. Per farlo, teniamo in parallelo il civismo e la lotta accanto al lavoro istituzionale».
Il metodo organizzativo è quello che Mimmo Formaro chiama «alla Asterix e Obelix»: muoversi e alzare la polvere! E di polvere ne hanno alzata davvero tanta in questi ultimi anni. I messaggi di solidarietà e sostegno sono arrivati da ogni angolo del mondo, e non sono dai calabresi. Oltre al fondatore di Emergency, Gino Strada, anche il regista Ken Loach e Roger Waters hanno preso parte senza indugio.
«Questa vicenda mi fa venire in mente di prendere la macchina, andare a Cariati e stappare una bottiglia di vino con loro. E aiutarli perché hanno bisogno di aiuto e stanno facendo una cosa sacrosanta», ha commentato Waters davanti alle telecamere dei registi Federico Greco e Mirko Melchiorre. Il film documentario C’era una volta in Italia – Giacarta sta arrivando è una sorta di “western” sulla distruzione della sanità pubblica in Italia, che attraversa e racconta la «resistenza epica» delle Lampare. Se ne consiglia la visione, in particolare a chi è tentato dalla rassegnazione dell’ormai.
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