A Cagliari il 2 giugno la marcia per dire no alla militarizzazione della Sardegna
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Cagliari - «Questa manifestazione è stata indetta da A Foras e hanno aderito una quarantina di associazioni. Il giorno della Festa della Repubblica non c’è niente da festeggiare, specialmente per noi sardi, che siamo una colonia dello Stato italiano. Il 65% delle servitù militari dell’Italia è concentrato in Sardegna, l’isola di Teulada viene continuamente bombardata da eserciti della NATO. Quest’anno abbiamo deciso di fare una manifestazione a Cagliari perché è una città militarizzata; il percorso scelto è stato agevole per avere un partecipazione il più alta possibile».
Così Salvatore Drago, dell’USB e del Cagliari Social Forum, ha presentato la manifestazione di venerdì 2 giugno a Cagliari. Perché in Sardegna e perché in questo giorno? Da decenni l’isola e il suo popolo sono ostaggio di interessi politici e militari che sfruttano il territorio impoverendolo, facendo ammalare e fuggire chi lo abita, inquinando e alimentando la cultura della guerra. Tuttavia l’isola ha saputo reagire e sono innumerevoli le iniziative di contrasto a questi abusi, per conquistare l’autodeterminazione e diffondere i valori della pace e della nonviolenza.
È stata citata la zona di Teulada, un territorio che dal 1950 è teatro di guerre chiamate “simulate”, dove si muore per il cosiddetto inquinamento bellico. Si spara e si bombarda, dal mare, da terra e dall’aria. Un affronto, una ingiuria atroce alla Sardegna e alla salute di chi è costretto a respirare le polveri cancerogene della guerra, nelle zone militari e non solo, in un nefasto odore di morte.
La manifestazione del 2 giugno ha denunciato e portato una testimonianza che vorrebbe aiutare i sardi e tutti gli attivisti per la pace a prendere coscienza di quel che accade.
Il rischio non è solo quello di depositi di scorie nucleari in Sardegna – a questo proposito, fra le altre cose A Foras ha rinnovato la richiesta affinché venga fatta chiarezza in merito alla classificazione di Cagliari come porto “a rischio nucleare” per la possibilità che navi e sommergibili a propulsione nucleare siano ormeggiati nel Golfo degli Angeli, senza che la popolazione sia neppure messa al corrente dell’esistenza o meno di un piano di evacuazione in caso di incidente. Il timore – rafforzato da esempi come il caso di Quirra – è che i poligoni militari siano stati solo il primo passo.
Davanti a uno scenario internazionale sempre più allarmante e al conseguente arrivo in Sardegna di migliaia di militari e mezzi da guerra – tanto da far definire la Sardegna “la regione più militarizzata d’Europa” – si è deciso di riportare l’attenzione su Cagliari, dove il 2 giugno si è svolta appunto una massiccia manifestazione. Vogliamo denunciare che la guerra non viene fatta solo all’interno dei poligoni e non solo quando subentra l’attenzione di tutti i media: una grandissima percentuale del territorio della Sardegna, anche cittadino, è occupata militarmente per tutto l’anno.
Per tutte queste ragioni centinaia di persone hanno marciato il 2 giugno, partendo alle 16 da Marina Piccola chiedendo a gran voce una Repubblica pacifista e fondata sul disarmo. Questa volta A Foras, invece di uno dei tanti luoghi della Sardegna che “ospitano” basi e poligoni militari, ha scelto Cagliari e i suoi luoghi militarizzati per convocare il variegato, ma abbastanza unito arcipelago pacifista e per ricordare, come ogni 2 giugno, che anche in Sardegna esiste una parte della popolazione contraria al fatto che l’isola sia da tempo una sorta di laboratorio a cielo aperto in cui si sperimenta la guerra.
Non mancava quasi nessuna delle sigle pacifiste e indipendentiste e i loro rappresentanti si sono succeduti negli interventi prima della partenza del corteo da Marina Piccola, snodatosi in un lungo serpentone colorato di almeno 1500 partecipanti animato da musica e canti. La militarizzazione del territorio sottratto agli usi civili e la pesante eredità di suoli e spiagge inquinate hanno suscitato la proposta di utilizzare i fondi del PNRR per dar luogo a delle vere opere di bonifica ovviamente dopo che i territori sono stati liberati dalla servitù.
La militarizzazione dell’economia è stata più volte condannata facendo riferimento soprattutto alla fabbrica di materiale bellico della RWM e a come la presenza delle servitù militari soffochi sul nascere qualunque speranza di emancipazione economica e sociale di una Sardegna che avrebbe ben altri punti di forza su cui basare il suo sviluppo. La militarizzazione delle coscienze è stata allo stesso modo denunciata, a cominciare dalle sempre più invasiva presenza della cultura militare e guerresca all’interno delle scuole; fino al punto di chiamare “scuola” un centro di formazione e addestramento sorto nella base di Decimomannu – alle porte di Cagliari –, per sfornare giovani di tutta Europa capaci di bombardare a bordo dei caccia.
Non sono mancati gli interventi, orgogliosamente indipendentisti, con l’ennesimo appello ai sardi a scoprirsi consapevoli di essere asserviti a uno Stato italiano che della Sardegna ha fatto da sempre solo terra di predazione. La manifestazione si è conclusa senza alcun incidente, con il concerto che ha raggiunto Piazza S. Bartolomeo, altro luogo simbolo di una Cagliari militarizzata.
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