L’arte ambientale di Antonella De Nisco, tra ascolto e manutenzione poetica dei luoghi
Seguici su:
“Nei miei laboratori mi sento come il direttore artistico di una bottega di apprendisti dove lo scopo è quello di collaborare, aprirsi all’altro (…)”, scrive Antonella De Nisco per raccontare attraverso un’immagine il suo approccio partecipativo all’arte ambientale. Artista e docente di storia dell’arte, negli anni ha vinto numerosi premi legati al design, alla moda e all’arredo urbano, esponendo le sue opere in Italia e in giro per il mondo.
Laureata in Storia dell’Arte presso l’Università di Parma e diplomata in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Bologna, si è poi specializzata in Didattica Laboratoriale presso Alma Mater Studiorum, Università di Bologna. Con l’architetto e marito Giorgio Teggi ha fondato nel 2015 l’associazione Laboratorio di Arte Ambientale Itinerante (LAAI), che attraverso installazioni territoriali si prefigge di “irrompere” negli spazi della quotidianità, in un esercizio creativo e al contempo di conoscenza dei luoghi.
Da molti anni Antonella De Nisco collabora con scuole, Comuni, musei, teatri, intervenendo con mostre e installazioni sia in luoghi naturali quali giardini o parchi, sia in luoghi urbani e aree marginali. «Ho sempre rifuggito gallerie e spazi museali – precisa l’artista – per me l’arte non può prescindere da una dimensione etica e antropologica. Forse è anche per questo che sono attratta dalle aree fragili e marginali, perché sono territori vergini, colmi di intuizioni».
UNA RICERCA CREATIVA BASATA SUL FARE
Cruciale nella ricerca artistica e personale di Antonella De Nisco è stato senza dubbio l’incontro con l’arte della tessitura e il nesso profondo tra l’arte dell’intreccio, la natura e l’essenza dei luoghi. Le sue installazioni sono intrecci e trame di sfalci, potature e rampicanti: opere d’arte “vive”, che mettono radici e mutano con il corso delle stagioni.
Per De Nisco ogni opera artistica nasce da un approccio collettivo del fare: «Credo assolutamente che la didattica laboratoriale possa favorire connessioni, aperture e avvicinamenti, portando a una riconnessione maggiore con l’ambiente in cui viviamo e con le persone che lo abitano». Perché è proprio dai luoghi che nasce l’ispirazione: ascoltare e narrare il territorio, per conoscerlo intimamente.
Insomma, ciò che l’artista definisce con la suggestiva perifrasi “manutenzione poetica dei luoghi”: «Si costruiscono forme effimere, architetture naturali intrecciate che possono assumere una dimensione affettiva, simbolica ed evocativa e si abitano per qualche ora i luoghi come un atto di ascolto». L’espressione artistica diventa quindi «azione civica ancora prima che estetica», cura consapevole del territorio e di ciò che custodisce.
LA PIETRA FILOSOFALE
Con la consueta cura e osservazione dello spazio circonstante, De Nisco ha concepito una delle sue ultime opere, la “Pietra filosofale”, realizzata grazie a un intenso laboratorio che ha coinvolto gli studenti di quarta superiore del Liceo “Cattaneo-Dall’Aglio” di Castelnovo ne’ Monti. Ispirata in parte nelle forme alla vicina Pietra di Bismantova, che caratterizza con il suo profilo il paesaggio circostante, l’opera è un intreccio di rampicanti, pensata come spazio abitabile in cui entrare e ammirare il cielo.
In questi laboratori di arte partecipata l’artista ha sempre il compito dell’ideazione, oltre a dover predisporre la struttura portante e seguire i singoli partecipanti nel compito di tessere e intrecciare le fibre. «La pratica manuale dell’intreccio – ha aggiunto Antonella De Nisco – può essere senza dubbio un mezzo operativo e concettuale, attraverso il quale esprimere un pensiero e creare legami tra persone, luoghi e idee».
La “Pietra filosofale” con i suoi rampicanti protesi verso l’alto si presta a diverse interpretazioni semantiche. È innanzitutto un omaggio all’alchimia non intesa come l’arte di tramutare i metalli vili in oro, ma come vera arte della trasformazione. Ed è al contempo una metafora dei giovani – autentica materia in trasformazione – e della conoscenza che porta loro sulla strada del cambiamento e della crescita.
Così l’arte ambientale partecipata non solo permette di valorizzare e tutelare i territori, ma diventa forma di educazione e conoscenza autentica. «Gli intrecci sono metafora delle relazioni con lo spazio e con gli altri e i ragazzi hanno un estremo bisogno di esplorare questa dimensione – ha concluso De Nisco – anche perché molti di loro non hanno mai realizzato nulla con le mani e invece è fondamentale la manualità. Poiché le mani pensano, ci aiutano a comprendere e quello che alla fine riusciamo a realizzare ci regala profonde soddisfazioni».
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento