Tenrock, il circo itinerante che crea comunità e genera inclusione
Seguici su:
Brindisi, Puglia - Un tendone da teatro viaggiante, circo sociale e circo adattato. In una parola Tenrock. Una realtà itinerante che viaggia fra l’Italia e l’estero di formazione educativa nelle arti circensi e teatrali nei quartieri urbani in degrado sociale, ma anche una risorsa per le persone con disabilità, nessuno escluso. È nata a Brindisi e oltre a essere uno spazio di espressione artistica è anche un potente polo di inclusione sociale.
Abbiamo intervistato il presidente Gabriele Cagnazzo, che dopo aver sviluppato la metodologia di formazione presso la Scuola di Teatro – Circo Tenrock di Brindisi, nel 2020 ha dato corpo al proprio concetto creativo all’interno della omonima Compagnia. Con la sua chiave creativa Gabriele ha sbloccato l’ordinaria tecnica professionale dell’artista da circo e mira a esplorare la dimensione umana che fa riferimento all’immaginario e al simbolico dell’attore persona potenziando lo sviluppo delle capacità espressive e della comunicazione non verbale.
Cos’è Tenrock?
Tenrock è una cooperativa sociale che nasce con la visione del nuovo circo e usa le strumentazioni circensi come mezzi di diffusione per la riscoperta del gioco con sé stessi, il benessere comunitario e lo sviluppo di una cittadinanza attiva. È costituita da artisti, attori, assistenti sociali, educatori, sociologi, tecnici, operatori di circo sociale. Tutti appassionati di arte. È un tendone da circo viaggiante in modalità educativa nei confronti di tutti, in particolare, di coloro che vivono in un contesto culturalmente povero.
È un teatro di circo itinerante che approda nelle aree, spazi, edifici abbandonati di quartieri, città o paesi a rischio di degrado sociale e urbano con l’obiettivo di promuovere sia l’inclusione dei giovani che delle comunità attraverso il contenitore del teatro culturale. L’obiettivo è arrivare in quei luoghi, analizzarne i fabbisogni e realizzare con gli enti locali diverse iniziative a carattere culturale ed educativo proponendo attività favorevoli allo sviluppo locale di quel territorio.
Cosa si intende per circo sociale e formazione educativa?
Da un po’ di anni a questa parte la salute mentale è uno dei principali argomenti di maggiore preoccupazione, sicuramente anche la pandemia ha avuto delle responsabilità quindi è diventato prioritario intervenire avvalendosi di contesti e luoghi dove la creatività si lascia al libero sfogo. Il cervello dell’uomo è fatto per essere creativo. Nel suo complesso, è un piccolo universo e quindi si muove in sincronia con il corpo tale da poter apprendere e comprendere delle nuove abilità.
Quindi, da un punto di vista educativo, il progetto ha l’obiettivo di intervenire con una serie di attività mirate sia lavorando sulle emozioni – attraverso il gioco, il movimento, l’espressività corporea – sia agendo su quelli che sono i fattori psicosomatici, l’innalzamento dell’autostima, l’autoefficacia, fattori che valorizzano ancora di più le proprie potenzialità e punti di forza.
Cosa differenzia il vostro da altri progetti simili?
Ciò che differenzia e caratterizza il nostro progetto è l’obiettivo: diffondere le arti circensi lì dove non c’è vita di comunità e quindi zone periferiche a rischio di degrado sociale. Possono essere piccoli paesi, periferie di città e altre realtà simili. Ovviamente, per fare questo, rivolgiamo l’invito a ospitarci a quei Comuni che intendono portare nei loro territori progetti di innovazione sociale.
Che legame c’è tra Tenrock e la Fabbrica del Farò, che ospita il vostro tendone da circo?
Durante la pandemia il nostro tendone da circo ha trovato spazio in pianta stabile in un luogo naturalistico. Il luogo, la Fabbrica del Farò, è gestito dalla cooperativa sociale il Faro che è un partner a tutto tondo del progetto Tenrock e ha acquistato questo luogo nelle campagne del brindisino per realizzare dei contesti di accoglienza per donne con difficoltà e con minori a carico.
Da qui nasce il progetto di più ampie vedute che si chiama Farò circo sociale. Questo luogo offre delle opportunità culturali, ludiche, artistiche, creative e anche lavorative, perché c’è la necessità di coltivare un orto biologico e accogliere turisti attraverso forme di turismo lento. In questo spazio sono attivate una serie di dinamiche con la cooperativa il Faro anche in relazione al territorio brindisino quindi azioni che, periodicamente o sistematicamente, contribuiscono a sviluppare entrambe le realtà organizzative attraverso il modello dell’economia circolare.
Qual è la vostra mission?
La nostra mission è organizzare e diffondere il più possibile attività legate alle arti circensi con il supporto di operatori sociali, psicologi, figure adeguate che ruotano in questo campo. Uno degli scopi principali è fare rete con altri soggetti del territorio e praticare questo tipo di attività anche all’interno delle scuole di ogni ordine e grado, comunità per minori affinché la finalità culturale del circo possa entrare all’interno di una cultura alla portata di tutti.
Diffondere e promuovere il circo sociale è l’idea principale attraverso lo sviluppo di fenomeni di inclusione per contrastare l’emarginazione sociale, quei gruppi di bambini, giovani e adolescenti che sono sempre lasciati ai margini della società. Da qui nasce all’interno della nostra cooperativa, l’esigenza di considerare anche chi mostra delle fragilità: attraverso la metodologia del circo adattato rendiamo accessibile lo spazio anche a questo tipo di utenti.
Cos’è il circo adattato?
È un’attività che costituisce una grande risorsa per le persone con disabilità, dove nessuno è escluso. All’interno del nostro progetto Tenrock, il circo adattato si inserisce come un fenomeno di inclusione attraverso attività ludiche, motorie, sensoriali, percettive. Il nostro staff ha consolidato negli anni la formazione sul tema della metodologia dello sviluppo di fenomeni di inclusione sociale mediante attività ludico- motoria grazie a Erasmus +. Ad oggi, siamo riusciti ad avviare percorsi periodici di circo adattato per persone disabili in collaborazione, per il momento con il centro diurno socio- educativo e riabilitativo Si può fare Onlus di Latiano.
Si può dire che garantite l’inclusione?
Noi non garantiamo l’inclusione ma lavoriamo su quelli che sono dei fenomeni sociali che si possono innescare e che possono trovare viabilità laddove esistono tessuti urbani in difficoltà. Sicuramente le nostre attività e i nostri progetti coinvolgono in particolare soggetti svantaggiati, famiglie che vivono in povertà educativa ma si rivolgono anche alle scuole.
Garantire l’inclusione viene vista come una sorta di opportunità: piuttosto che accogliere le famiglie nel nostro spazio, siamo noi ad andare da loro. Inneschiamo quei meccanismi di condivisione all’interno di spazi e luoghi convenzionali che, in orario extrascolastico, diventano non convenzionali e in cui si offrono agli alunni e agli studenti, grazie al sostegno del Ministero, opportunità di sviluppare competenze trasformando anche la loro identità lavorando sulla spinta motivazionale.
Per commentare gli articoli abbonati a Italia che Cambia oppure accedi, se hai già sottoscritto un abbonamento