Sfuso: solo 4 su 10 lo acquistano, ma almeno il doppio vorrebbe farlo
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Un rapporto difficile, ma non impossibile, quello tra le italiane e gli italiani e gli acquisti nei negozi di prodotti sfusi e alla spina. Stando ai risultati del questionario diffuso dal magazine EconomiaCircolare.com insieme a Junker app e Sfusitalia, i negozi che vendono prodotti sfusi sono frequentati ancora da una minoranza, anche se ampia (43%), di persone. Tuttavia una larghissima maggioranza, quasi l’84% di chi ha partecipato alla survey e non frequenta negozi sfusi, lo farebbe volentieri. Il principale ostacolo? La mancanza di punti vendita dedicati vicino casa.
Sono oltre 10mila (10.015) le persone che hanno risposto alle domande sui prodotti e i negozi sfusi che EconomiaCircolare.com ha predisposto e diffuso insieme a Junker app e Sfusitalia. Il sondaggio, molto significativo pur non essendo statisticamente rappresentativo, è parte della campagna informativa “Ma quanto sei sfuso/a?” con la quale si analizza la propensione ai consumi e si sensibilizzano le persone verso scelte sempre più sostenibili, a partire dall’abbandono degli imballaggi usa e getta superflui o inutili.
VORREI, MA NON POSSO
Stando alle risposte raccolte dal questionario, quasi 6 persone su 10 (il 57%) non frequentano negozi che vendono prodotti sfusi: né quelli che offrono solo prodotti senza imballaggi né rivenditori che tra i loro scaffali hanno anche sfuso. Solo il 43% dunque ha lo sfuso nelle proprie esperienze di acquisto: si tratta soprattutto di negozi con corner dedicati e, in misura molto minore, di esercizi che offrono esclusivamente prodotti disimballati.
Quasi l’84% di chi non frequenta negozi sfusi vorrebbe però farlo. E tra chi frequenta negozi tradizionali che hanno corner dedicati ai prodotti sfusi, solo una piccola percentuale non si lascia tentare dal “prodotto leggero”. Il resto fa acquisti sfusi, anche se con una frequenza non molto alta: solo il 25% compra sfuso una o più volte la settimana, circa il 40% lo fa una volta al mese e il 30% acquista sfuso “raramente”.
PERCHÈ ACQUISTARE O NON ACQUISTARE SFUSO?
È soprattutto la motivazione ambientale – non produrre rifiuti – che spinge ad acquistare sfuso. L’altra spinta rilevante riguarda aspetti sia ambientali che economici: si acquista sfuso “per scegliere la quantità di prodotto da acquistare ed evitare sprechi”. Sostenere i negozi di prossimità è l’altro motivo dominante e solo dopo arrivano la migliore qualità, costi più contenuti, una maggiore comodità nella conservazione dei prodotti sfusi in dispensa.
Quali sono invece le ragioni di chi non acquista sfuso? Il primo motivo è la distanza dai negozi che offrono questi prodotti. La risposta “Nel mio Comune non ci sono negozi che vendono sfuso o sono troppo lontani da dove vivo” è indicata da quasi la metà delle persone. Il secondo motivo ha a che fare con la mancanza di informazione su questo tipo di offerta: risponde “Non so dove trovare questa tipologia di negozi” poco meno della metà degli intervistati.
LA CONFUSIONE SUI PREZZI
Le domande del questionario di EconomiaCircolare.com, Junker app e Sfusitalia hanno toccato un tema caldo per chiunque faccia acquisti: quello dei prezzi. Un terzo circa di chi ha risposto al sondaggio ritiene che, a parità di qualità, i prodotti sfusi costino meno di quelli confezionati, un sesto circa afferma che invece costano di più, mentre uno su dieci sostiene che hanno prezzi equivalenti. Ma il dato più interessante è che la maggioranza relativa di chi ha risposto (circa 4 su 10) non ha opinioni in merito.
Ciò nonostante, proprio il prezzo è indicato delle persone che non acquistano sfuso come il principale fattore che le spingerebbe a farlo. Questo a ricordarci che le abitudini di acquisto non sono sempre frutto di scelte razionali e che quando parliamo di sfuso regna ancora la confusione. «C’è poca informazione in merito», riflette Ottavia Belli, CEO e fondatrice di Sfusitalia. «Intanto quando si paragona il costo del prodotto in primis va paragonato il costo al chilo o al litro. E poi vanno paragonati prodotti identici per caratteristiche e qualità. C’è quindi un tema di informazione su cui lavorare: bisognerebbe far sapere che, a parità di qualità del prodotto, lo sfuso costa meno, è un’occasione per risparmiare».
Tra le altre ragioni che incentiverebbero all’acquisto di prodotti sfusi emerse dal sondaggio, c’è proprio la richiesta di maggiore qualità dei prodotti, anche se pure in questo caso abbiamo risultati non pienamente coerenti con altre risposte. E poi, in linea invece con quanto visto in precedenza, la possibilità di avere negozi vicino casa.
CONTENITORI DA CASA? MAGARI!
La legge 12/12/2019 n. 1411, il cosiddetto Decreto Clima, consente ai cittadini italiani di portare i propri contenitori riutilizzabili da casa per acquistare prodotti alimentari sfusi nei supermercati. Sappiamo, grazie a un’inchiesta di Greenpeace, quanto poco i supermarket applichino questa norma. Ma quanto è nota questa possibilità agli italiani? Una delle domande del questionario si focalizza proprio su questo. E il “carotaggio” su 10.015 persone ci dice – per quanto, lo ripetiamo, il questionario non abbia una validità statistica – che a conoscerla sono in pochi. Oltre due persone su tre non sanno dell’esistenza di questa norma. Nonostante ciò la giudicano “una soluzione interessante”.
Se a queste persone sommiamo chi afferma di portare abitualmente i propri contenitori da casa per l’acquisto dello sfuso e chi ha provato a farlo ma al banco si è visto rifiutare questa possibilità, otteniamo che più dell’80% dei 10mila partecipanti alla survey è ben disposto verso la norma del Decreto Clima. Poco meno del 20% invece non apprezza questa possibilità o perché conosce la norma ma “preferisce non farlo” o perché non la conosce ma non lo farebbe in ogni caso.
NUOVI MODELLI DA INCENTIVARE
«Siamo molto soddisfatti di aver sottoposto il questionario sullo sfuso alla nostra grande community di utenti: dalla loro sensibilità e attenzione verso i risvolti ambientali delle scelte quotidiane è emerso che il cambiamento culturale dal riciclo verso la prevenzione dei rifiuti è già pienamente in atto», commenta Noemi De Santis, PR Manager di Junker app. «Questa è un’ottima notizia e come Junker siamo pronti a supportare progetti per accompagnare gli utenti nel cambio di modello di consumo».
«Il campione non rappresenta statisticamente la totalità degli italiani, ma le 10mila risposte volontarie costituiscono un carotaggio che ci aiuta a capire il fenomeno “sfuso”, a farci un’idea del livello di consapevolezza delle persone e a verificare quali fattori ostacolano la maggiore diffusione dei punti vendita», spiega il direttore editoriale di EconomiaCircolare.com, Raffaele Lupoli. «Pensiamo che questo focus sia molto utile anche a orientare le politiche e le scelte del governo, delle Regioni e delle imprese in materia di incentivi all’immissione sul mercato e all’acquisto di prodotti liberi da imballaggi inutili».
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