Quando i fogli di carta nascono dalla birra: la storia di Scarta
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Genova - Niente si crea, niente si distrugge, ma tutto si trasforma! È proprio il caso di dirlo per Nadia e Sofia, che da oltre un anno portano avanti un progetto di economia circolare e recupero creativo semplice ma geniale e soprattutto efficace e sostenibile: produrre (s)carta dagli scarti di malto della birra. Per arrivare a questo, le ragazze hanno svolto un’analisi approfondita degli sprechi della catena alimentare concentrandosi poi sul trovare una materia prima alimentare di scarto che non avesse più uno scopo alimentare per studiarne le caratteristiche e ottimizzare il suo impiego.
Libere professioniste e senza sede fissa, si dedicano al progetto dalle loro rispettive città di domicilio portandolo avanti con impegno e passione. Non è semplice, ma si tratta di un processo totalmente artigianale che segue la la tradizione storica della carta fatta a mano e che viene portato avanti con esperti del settore al fine di condurre laboratori artistico-didattici aperti al pubblico, con una forte vocazione e impatto legato all’economia circolare e al consumo etico e consapevole. Scopriamo le ricette segrete di quest’idea tutta al femminile che “non butta via niente” e ricicla creativamente un prodotto di scarto alimentare dandogli nuova vita sotto forma di Scarta.
Chi siete e che ruolo avete in Scarta?
Siamo Nadia e Sofia, rispettivamente architetto e designer, di 33 e 29 anni. Siamo di origini lombarde, ma abbiamo vissuto un po’ in giro per l’Italia per poi fermarci a Genova, dove ci siamo conosciute. Sofia si occupa prevalentemente di grafica, illustrazione e sperimentazione artistica; Nadia di comunicazione, divulgazione e approfondimento di temi legati all’economia circolare.
Cos’è Scarta, qual è la vostra storia?
Scarta è un progetto che nasce nella primavera del 2022, in seguito a una campagna di comunicazione di NaturaSì sul tema del giusto prezzo del cibo. Grazie alla vittoria della campagna siamo entrate in contatto con produttori agricoli biologici e abbiamo messo mano ai report sulle perdite e gli sprechi della catena agro-alimentare, dalla produzione al consumatore. Questo ci ha portato, una volta giunti a fine campagna, a voler creare un progetto personale con cui fare la differenza e dare un nostro contributo positivo.
Abbiamo così iniziato un’approfondita indagine sugli scarti destinati a essere rifiuti presenti in abbondanza nel territorio che abbiamo in comune, Genova, per trasformarli in risorse. Quello che per noi era importante e molto chiaro era di non voler trasformare prodotti di scarto ancora edibili in un prodotto non alimentare, piuttosto il contrario.
Come nasce l’idea di creare Scarta dallo scarto di produzione della birra?
Analizzando le risorse sul territorio ligure abbiamo scoperto che per ogni 100 litri di birra avanzano circa 35 chili di malto, considerati dei sottoprodotti industriali. Partendo da questa risorsa, ne abbiamo indagato le proprietà e la composizione e abbiamo scoperto che in ogni struttura vegetale c’è una parte di cellulosa. Da qui ci siamo chieste se potessimo fare carta. Facendo ricerche su internet per capire se qualcuno avesse già fatto un prodotto simile abbiamo preso contatto con una realtà Giapponese, Kitafuku, che ci ha aiutate a iniziare il processo.
Come funziona il processo di produzione della carta e chi se ne occupa?
I primi esperimenti sono stati fatti da Giuseppe nel Museo della Carta di Mele, sulle alture di Genova (ve ne abbiamo parlato qui) che tuttora porta avanti la produzione e la sua ricetta “segreta”. Le trebbie provengono dal birrificio agricolo dell’Altavia di Sassello, una realtà che abbiamo contattato per la sua grande vocazione alla sostenibilità ambientale e sociale. Le trebbie vengono portate in cartiera, dove Giuseppe le trasforma in carta. Il nostro focus però non è il processo produttivo, ma la divulgazione di temi legati all’economia circolare, ai processi produttivi sostenibili e artigianali e alle pratiche di riuso creativo. Scarta è il mezzo per raccontare tutto questo.
Quali iniziative portate avanti?
Le nostre attività principali sono laboratori artistici-didattici che vogliono coinvolgere le persone attraverso la pratica e la teoria in un nuovo modo di concepire le risorse. Durante questi momenti parliamo delle tematiche legate all’economia circolare e al consumo consapevole per aprire insieme un dialogo e per lasciare alle persone la curiosità di scoprire nuovi modelli socio-ecologici più sostenibili. Per noi è importante l’attività manuale perché, attraverso di essa, impariamo che ogni nostro gesto ha valore. Raccontando la nostra storia vogliamo spingere le persone a guardarsi di più intorno e a supportare le realtà locali.
Quante realtà sono coinvolte nelle vostre attività?
Noi due in primis, insieme a molte altre realtà, tra cui: il Birrificio Altavia, che ci fornisce le trebbie e che partecipa ad alcune delle nostre attività, il Museo della carta di Mele, che ha iniziato le sperimentazioni e porta avanti la produzione e molte altre associazioni, alcuni enti del terzo settore e aziende agricole e sociali con cui collaboriamo all’interno di una rete di persone positive e dinamiche.
Il 17 e il 18 maggio avete curato due laboratori molto particolari: ce li raccontate?
Sono stati due laboratori all’interno della settimana dell’economia circolare, organizzata dal Sestiere del Molo di Genova: “Il primo foglio non si scorda mai” e “Ogni Scarta è un’opera d’arte”. Si è trattato di due attività per far conoscere da vicino il mondo della carta fatta a mano, raccontando la sua storia, i suoi viaggi, le sue tecniche di produzione e soprattutto quali materiali venivano e vengono utilizzati. Nel primo laboratorio le persone hanno realizzato un foglio di carta partendo dalla polpa ricavata dai nostri scarti di lavorazione dei fogli.
La seconda giornata è stata dedicata alla progettazione creativa sperimentando i vari utilizzi della (s)carta prendendo d’ispirazione un progetto di uno dei più visionari esponenti del design italiano di tutto il novecento: Bruno Munari. Quello che ci aspettavamo da questi due laboratori era di lasciare nelle persone la curiosità di indagare con le proprie mani e attraverso le esperienze dirette qualsiasi processo di produzione, sapere che ci sono tanti modi differenti per utilizzare un materiale e di approcciarsi al suo studio e alla sua progettazione con serenità e divertimento.
Qual è il target di persone che si rivolge a voi e a quale scopo?
Le persone che incontriamo nei nostri laboratori hanno interessi disparati, ma tutti una grande propensione alla progettualità manuale, al riuso delle risorse e alla trasformazione di materiali. Sono persone più o meno creative che hanno a cuore il tema del riuso e la condivisione di pensieri ed esperienze creative. I laboratori non hanno limiti di età e perciò, in base ai partecipanti, adattiamo differentemente la modalità di presentazione dei contenuti.
Quale impatto hanno le vostre attività sulle persone e le realtà locali?
La nostra piccolissima realtà ha sicuramente un primo impatto positivo sulle persone coinvolte nei nostri laboratori. Vedere tanta gente entusiasta di aver prodotto un foglio di (s)carta con le proprie mani è uno dei feedback più gratificanti che riceviamo. Non sono solo loro a creare sensazioni positive, ma anche tutte quelle presenze sul territorio che andiamo a ricercare per creare collaborazioni e nuove sinergie.
Un esempio è stato il laboratorio che abbiamo organizzato nel mese di aprile, in cui abbiamo coinvolto il birrificio Altavia e la ceramista Bianca Viola di Buonvento crea. Bianca ci ha accolte nel suo spazio per dare luce a due settimane all’insegna della birra e dell’artigianato. L’esito è stato un boccale di ceramica, un foglio di (s)carta e una degustazione!
Scarta rientra in pieno nei processi di economia circolare: quanto è importante per voi questo filone di appartenenza?
Scarta nasce e cresce esclusivamente grazie ai principi di economia circolare rigenerativa. Tutte le nostre scelte iniziano da questi processi e il prodotto che ne deriva è una loro diretta conseguenza. Per noi è fondamentale essere esempio di un’economia circolare reale e consapevole, anche a fronte di tutto un filone di greenwashing sempre più difficile da riconoscere. Vogliamo quindi esercitare questo spirito critico ed è per questo che ci impegniamo su diverse scale compresa la partecipazione all’interno del circular hub promosso dal comune di Genova per entrare in contatto con tutte le realtà attive e per condividere con loro delle buone pratiche.
La vostra è un’idea tutta al femminile: cosa ne pensate della differenziazione di genere in attività come la vostra?
La nostra attenzione nel creare la squadra non è tanto sul genere, quanto sulla qualità delle persone stesse che condividono i nostri principi e la nostra etica. Siamo supportate da Altavia che ha un team misto, così come la cartiera di Mele. Nei nostri laboratori aderiscono naturalmente persone di qualsiasi genere ed è proprio quello che ci fa più piacere: creare un percorso comune condiviso tra tutte le nostre differenze di genere o no. Valorizzare le peculiarità e le differenze è una qualità intrinseca del processo artigianale, rispetto all’omologazione dell’industriale. Adottiamo questo principio sia nella valorizzazione dello scarto sia nella valorizzazione delle qualità delle persone che incontriamo.
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