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Un lungo cammino che si snoda parallelamente su più strade, una battaglia che abbraccia molti ambiti, un impegno quotidiano iniziato ormai diversi anni fa. Per la precisione nel 2008 per quanto riguarda il Consultorio Transgenere e Massimo Lavaggi, psicoterapeuta e collaboratore di questa struttura che è un punto di riferimento in Italia per le persone transgender.
Proprio con lui parliamo della situazione di chi si deve confrontare quotidianamente con l’ostilità, che troppo spesso si traduce in fobia e aperta avversione, a causa del proprio orientamento sessuale e della propria identità di genere. L’occasione ce la fornisce la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia, la lesbofobia e la transfobia che si celebra ogni 17 maggio.
«A livello legale ci sono sempre più tutele per le persone trans», mi spiega Massimo partendo da uno dei campi in cui il Consultorio offre assistenza e consulenza. «C’è un processo di riconoscimento sempre più esteso, le leggi rimangono sostanzialmente invariate, ma ci sono stati notevoli snellimenti nelle procedure per l’autorizzazione alla chirurgia e al cambio del nome, che sono i due aspetti legali con cui si deve necessariamente confrontare la persona transgender».
Il consultorio – nato dalla volontà di Regina Satariano e dalla spinta di persone e di associazioni transgender e ispirato al MIT di Bologna – fornisce supporto in merito a qualsiasi tipo di bisogno, dalla mediazione culturale alla valutazione psicodiagnostica per la disforia di genere, dalla tutela legale al supporto psicologico alle persona transgender, ai suoi familiari e al proprio o alla propria partner.
Parlando del clima culturale rispetto al tema, Massimo non nasconde un marcato ottimismo. Secondo lui, così come sta succedendo in ambito legale, anche la mentalità della gente sta cambiando e si registrano più apertura e più consapevolezza. In questo il lavoro del Consultorio riveste un’importanza notevole, sin dalla giovane età: «Lavoriamo tanto con le scuole e c’è un’applicazione sempre maggiore delle carriere alias. Anche molti insegnanti si stanno mobilitando per aiutare studenti trans. È un processo lento ma qualcosa sta cambiando», afferma.
Approfitto della deviazione in ambito scolastico per chiedergli se anche lui percepisce un gap generazionale, con il mondo adulto che sta perdendo terreno rispetto alle giovani generazioni in quanto a consapevolezza e capacità di approcciarsi all’identità di genere e all’orientamento sessuale: «Fra gli adolescenti stessi questi temi sono sempre più condivisi – risponde Massimo –, anche se a volte in modo un po’ fuorviante perché mancano le informazioni. Ora i giovani per fortuna condividono questi argomenti in modo molto esteso e già a 13 o 14 anni hanno una conoscenza e una cultura delle identità di genere anche non binarie, una popolazione che negli ultimi tempi è venuta fuori in maniera molto forte».
L’affermazione del non binarismo è un fenomeno che Massimo rileva anche nelle richieste che vengono rivolte al Consultorio, dove «per esempio abbiamo persone con sesso femminile assegnato alla nascita che non si sentono femmine ma neanche si identificano totalmente nel genere maschile. Magari chiedono che le persone si relazionino come maschi ma non si sentono tali al 100%. Una volta venivano richiesti trattamenti ormonali e chirurgici completi, adesso ci sono persone che assumono ad esempio ormoni a basso dosaggio oppure che vogliono fare la mastectomia ma non assumere testosterone».
Spostandoci nuovamente sul piano culturale, va detto che questi sono temi di cui i giovani parlano tantissimo, riuscendo facilmente a cambiare il modo in cui si relazionano ai generi. «Al contrario – osserva Massimo –, gli adulti hanno un’idea molto stereotipata e binaria della persona trans e del genere e della sessualità in generale, manca riconoscimento ed è una cosa che va sviluppata».
Massimo non nasconde però alcuni timori e aspetti da migliorare: «Da parte di chi ha a che fare con la popolazione trans c’è un’attenzione sempre maggiore, che però si scontra con l’aria che tira a livello politico generale. Inoltre le richieste per il percorso ormonale e chirurgico sono sempre più numerose, ma le strutture non progrediscono quindi ci sono tempi di attesa molto lunghi. Le difficoltà più gravi le riscontriamo nell’accesso al mondo del lavoro, perché ci sono ancora episodi di discriminazione a tutti i livelli; per questo forniamo consulenza legale».
A singhiozzo la società civile, i movimenti, le istituzioni politiche e culturali proseguono in questo lungo percorso, ma con passi diversi: «Noi facciamo riferimento alla WPATH [World Professional Association for Transgender Health, ndr] che pubblica delle linee guida sulle persone trans e ultimante ha introdotto un capitolo importante sulle identità non binarie, anche e livello medico, ma la gente fa fatica a parlare di queste cose e mantiene delle idee un po’ arretrate. Spesso parliamo con genitori che hanno figli che manifestano un’identità non binaria: loro non capiscono e noi ci occupiamo di assisterli».
Ma il Consultorio conduce anche battaglie e iniziative su bisessualità e omosessualità, temi molto connessi con quello dell’identità di genere, a maggior ragione negli ultimi anni: «Anche se identità di genere e orientamento sessuale sono su due piani diversi – osserva Massimo – spesso ci capita di incontrare persone che chiedono di essere aiutate rispetto al loro orientamento. Su questo fronte portiamo avanti diverse collaborazioni con associazioni sul territorio contro le discriminazioni. Purtroppo ci sono spinte politiche che vanno nella direzione opposta dell’evoluzione dell’essere umano. La politica non ha ancora intaccato i diritti acquisiti a livello sanitario e speriamo che non lo faccia in futuro, è la nostra paura più grande».
Temi legati, sì, ma comunque divisi da importanti differenze: «Dal unto di vista fisico le persone transgender hanno un disagio superiore rispetto a chi è bi o omosessuale, poiché devono sottoporsi a percorsi medici che durano anche anni, a volte con patologie associate, e questo pesa molto. Senza contare che devono compiere anche una faticosa transizione sociale, quindi la vita per persone trans è sicuramente più complessa».
Concludiamo con una battuta su cosa significhi celebrare oggi la Giornata internazionale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia: «In generale permane un grosso stigma nella società verso sessualità e scelte alternative a quelle dominanti. Ci sono persone omosessuali con un’omofobia interiorizzata enorme che soffrono tantissimo, che addirittura vorrebbero non essere gay. A livello individuale vedo ancora una sofferenza grandissima e difficile da affrontare e troppe persone cresciute in un ambiente omofobo che hanno paura e si sentono in colpa a fare coming out». Insomma, la strada è ancora lunga, ma la direzione indicata da Massimo Lavaggi e dal Consultorio Transgender è quella giusta.
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