17 Mag 2023

Int u segnu, storie di guaritori popolari e pratiche magiche nelle Quattro Province

Scritto da: Lorena Di Maria

Nell’appennino, e più precisamente nel territorio chiamato “delle Quattro Province”, si custodisce ancora un universo di storie legate a guaritori popolari e pratiche magiche. Ce ne parla il libro Int u segnu, una ricerca approfondita realizzata da Aurelio Citelli, Giuliano Grasso e Alberto Rovelli che esplora la cultura dei segni e un mondo popolare che rivela ancora oggi una vitalità e un radicamento inaspettati.

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Pavia, Lombardia - Storie di guaritori, di pratiche magiche e di cure popolari sono l’anima dell’appennino e allo stesso tempo una ricchezza radicata sul territorio e invisibile agli occhi dei più. In questo contesto socioculturale impoverito e segnato dallo spopolamento, queste pratiche di etnomedicina hanno da sempre rappresentato una delle forme organizzative per la difesa della salute e un importante tassello della cultura locale.

A ricostruire il panorama dei guaritori ancora in attività è un lungo lavoro di ricerca avviato dall’associazione culturale Barabàn: in questi anni ha mappato guaritrici e guaritori attivi in questo territorio nell’ultimo mezzo secolo, oltre che le patologie curate e le terapie adottate documentando gesti e formule magiche, per tentare un primo confronto tra cure popolari, medicina ufficiale e discipline di guarigione “altre”.

Muniti di un registratore, una videocamera e attraverso la raccolta di memorie, musiche e canti, video e fotografie hanno raccolto decine di esperienze. Possiamo scoprire queste storie nel libro Int U Segnu e nel documentario Vedere i Segni, di cui ci parlano gli autori Aurelio Citelli, Giuliano Grasso e Alberto Rovelli.

Int U Segnu
La curatrice Emma Guarco, di Zavattarello, segna Alberto Rovelli (foto Giuliano Grasso)
Che cosa si occupano di raccontare il volume Int u segnu e il documentario Vedere i segni? Qual è il percorso che ha portato alla sua realizzazione?

Aurelio Citelli: Int u segnu e l’allegato DVD Vedere i segni documentano per la prima volta in modo organico, per l’area appenninica delle Quattro Province, la cultura dei segni, quell’universo ancora poco indagato di pratiche e credenze legate al “mondo magico”, che in quest’area è ancora molto radicata. Libro e DVD sono frutto di una ricerca etnografica avviata nel 2010 in Oltrepò pavese a prosecuzione di un’analoga indagine svolta negli anni Novanta da Giuliano Grasso e da me nelle confinanti valli piacentine.

Facendo un salto tra passato e presente, chi sono i guaritori popolari nelle Quattro Province? Dalla ricerca emerge che ce sono ancora in attività?

Alberto Rovelli: La ricerca ha rivelato una compagine di oltre duecento guaritrici e guaritori che hanno operato tempo addietro e, almeno in parte, ancora opera in questa area – una cinquantina circa sono coloro che segnavano ancora al momento della ricerca. La grande maggioranza di questi “operatori della salute” popolari sono donne, depositarie quasi esclusive delle pratiche, anche se, specie nel recente passato, anche gli uomini si sono dedicati alle cure tradizionali, in particolare per slogature, distorsioni e il trattamento degli animali.

Guaritrici e guaritori erano sia persone “di famiglia”, dedite alla soluzione di malanni di lieve entità, sia figure più “potenti” – così definite in quanto dotate di più segni per curare un ampio spettro di patologie – che godevano di una fama che si estendeva al di là del comune e della valle dove abitavano.

Lo scopo della nostra ricerca non era preservare queste pratiche bensì descriverle e lasciarne documentazione come testimonianza della cultura del territorio

Bisogna sottolineare che guaritrici e pazienti appartengono alla stessa realtà sociale, allo stesso mondo: medgon e pazienti vivono nelle stesse case, svolgono gli stessi lavori, hanno lo stesso tenore di vita; non si tratta di persone particolari o dotate di doti speciali: si diventa guaritori per naturale prosecuzione della tradizione familiare, in tal modo conservando un bagaglio di saperi per metterlo a disposizione sia della propria famiglia sia della comunità cui appartengono.

L’equipe di ricerca si è avvalsa della preziosa collaborazione di oltre 100 testimoni: ci raccontate chi sono?

Alberto Rovelli: Gli oltre cento testimoni sono guaritrici e guaritori, familiari, pazienti, medici, farmacisti, di età compresa tra i 12 e i 99 anni; alcuni erano di persone già da tempo conosciute dalla equipe di ricerca, altri li abbiamo incontrati e conosciuti in occasione della ricognizione. Un importante contributo è giunto grazie alla collaborazione con gli istituti scolastici, attraverso i quali è stata effettuata una rilevazione tra gli studenti sulle terapie popolari, sulle patologie curate e le erbe utilizzate, permettendo anche la raccolta di un piccolo repertorio di pratiche mediche e credenze di famiglie migranti.

Ci nominate alcune pratiche magiche riportate nel libro?

Giuliano Grasso: L’oggetto principale della nostra ricerca è stato il “segno”, cioè la di cura di determinate patologie mediante una terapia del simbolo consistente nella combinazione di un gesto (segni tracciati con le mani) e della parola (formule o preghiere) strettamente connessi fra loro, talvolta integrate dall’uso di piante od oggetti a cui vengono attribuiti poteri speciali. Ogni patologia ha il suo “segno” segreto conosciuto soltanto dalla “madgon” (guaritrice), che lo ha appreso per eredità o per proprietà innate, ad esempio essere nato “settimino”. Le patologie più comuni per le quali ci si rivolge alla madgòn sono i vermi, il fuoco di Sant’Antonio, le slogature, l’orzaiolo, vari herpes della pelle e simili, comunque mai per fratture o malattie gravi.

Int U Segnu1
Aurelio Citelli e Giuliano Grasso durante la ricerca a Fego PV (foto Alberto Rovelli)

Un’altra pratica magica, ormai quasi in disuso, che abbiamo documentato sono gli scongiuri e le protezioni contro gli “striòn”, persone in grado di lanciare il malocchio. Tipica delle valli piacentine era la pratica di inchiodare un setaccio alla porta della stalla per tenere lontani i “fulèt”, esseri soprannaturali che per dispetto intrecciavano la criniera e la coda dei cavalli. Come in molte altre culture del mondo, i folletti sono soggetti alla “magia della conta” devono cioè fermarsi a contare quello che incontrano, nel nostro caso i tanti piccoli buchi del setaccio.

Pensate che questo sia un universo in declino? In che modo credete sia possibile preservarlo?

Giuliano Grasso: È certamente in declino. Cinquant’anni fa il numero dei guaritori era di molto superiore a quello di oggi, ce n’era almeno uno in ogni paese e in certi casi anche tre o quattro con “poteri” specifici. Comunque dalle testimonianze raccolte esso ha ancora una sua vitalità ed è difficile prevedere quando si estinguerà. Lo scopo della nostra ricerca non era preservare queste pratiche bensì descriverle e lasciarne documentazione come testimonianza della cultura del territorio. Questo fenomeno continuerà sino a quando ci sarà qualcuno disposto a ereditare e praticare i segreti del “segno” e ci saranno “pazienti” disposti a ricorrere a questo tipo di cura.

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