In un’area dismessa nasce il Giardino Epicureo per recuperare il legame con la natura
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Catanzaro - «Epicuro aveva capito molto prima di noi, nel 300 a.C., che per raggiungere la felicità basta poco. Cibo buono, belle relazioni di amicizia e sentimentali, vivere nella natura e praticare la filosofia. Tutto il resto è superfluo. Se ci pensiamo l’80% delle cose che consumiamo, acquistiamo e per cui sacrifichiamo la vita, sono superflue». Per raccogliere l’eredità culturale del filosofo di Samo, Massimiliano Capalbo ha dato vita al Giardino epicureo. E lo ha fatto in Calabria, a Montauro, in provincia di Catanzaro.
Perché un giardino? Perché «è l’unico luogo in cui è ancora realizzabile il sogno di una relazione armoniosa tra l’uomo e la natura, dove lo spazio vegetale può mescolarsi con quello dell’uomo», proprio come sosteneva il giardiniere Jorn De Précy. E in una regione costantemente violentata, come la Calabria, un luogo così si propone come un rifugio, un argine contro l’avanzare della desertificazione ambientale, sociale e culturale.
Massimiliano, perché proprio a Montauro?
Bazzicavo da queste parti, perché ritengo che la linea costiera tra Catanzaro e Monasterace, alla fine del Golfo di Squillace, abbia dei panorami straordinari e una natura ancora incontaminata. Alla ricerca di un luogo dove realizzare questo giardino, mi sono imbattuto in questo spazio abbandonato. Un’area picnic di proprietà del Comune di Montauro realizzata tra la fine degli anni novanta e i primi del duemila e poi, purtroppo, come molti lavori pubblici, abbandonata perché mancava chi se ne prendesse cura e lo valorizzasse.
Cosa hai pensato di fare?
Quando ho scoperto questo posto c’era un bando per la gestione, così mi sono fatto avanti e ho proposto il progetto del giardino, che è stato subito accolto positivamente. Nel 2019 ho vinto questo bando e, nello stesso anno, ho presentato lo stesso progetto a un altro bando del Gal delle Serre che finanziava l’avvio di attività innovative.
Di che investimento parliamo?
Stiamo parlando di un investimento di oltre 60mila euro, per ristrutturare questo spazio abbandonato, soggetto a tagli abusivi degli alberi, anche secolari, a incendi, atti vandalici, eccetera. Ho dovuto rimettere in piedi uno spazio completamente danneggiato rifacendo tutti gli impianti – dall’elettrico all’idrico, a quello di raccolta dell’acqua piovana – e sto lavorando per il fotovoltaico e per rendere questo posto sostenibile a 360°. Poi ho comprato un ettaro e mezzo di terreno privato a fianco allo spazio del Comune, con l’intento ampliare il giardino. Dai 5000 metri siamo arrivati a due ettari.
Qui chiedo all’imprenditore eretico, come ami definirti: questa impresa è sostenibile anche da un punto di vista economico?
Sì, è sostenibile da un punto di vista non solo ambientale ma anche economico. È un’impresa equilibrata, che cerca e trova un equilibrio nella “misura” delle cose in un tempo in cui la gran parte delle imprese segue la “dismisura”. C’è una tendenza al gigantismo: arrivati a un certo punto, se hai successo devi ingigantirti. L’obiettivo di questo giardino invece è mantenere una dimensione equilibrata sufficiente per stare in piedi economicamente, il giusto per offrire un prodotto, un servizio di qualità a chi viene, il giusto per dare la giusta relazione con lo spazio quando le persone lo frequentano e lo vivono. Non c’è motivo di andare oltre.
Perché non c’è motivo?
Stiamo andando verso un’epoca di grandi emergenze, non soltanto climatiche. Questo giardino nasce come un’oasi per fermare la desertificazione che avanza e che non è solo ambientale, ma anche sociale ed economica. Da un punto di vista economico è tutto “finto”, dalle banche alle imprese, tutti campano di finanziamenti pubblici, ma c’è poca capacità di creare valore dal nulla. Semmai, c’è un continuo consumo di valore, così come c’è un continuo consumo di risorse.
Imprenditore, filosofo e anche giardiniere…
Il giardinaggio è una grande scuola, la natura ti dà la possibilità di riflettere su tanti aspetti della vita e di trovare anche la serenità e fare le giuste scelte. Credevo di aver coniato il termine “giardinosofo” senza sapere che esisteva già un libro pubblicato nel 2015 che si intitola Giardinosofia. Qualcuno aveva già coniato il termine per indicare il filosofo del giardino e cioè una persona che vivendo nel giardino a contatto con la natura, osservando i filosofi, impara a comprendere quali sono le cose importanti della vita. Alla fine è una persona che riflette sulla natura.
Sei di formazione filosofica?
Assolutamente no! Ho un diploma in informatica, una laurea in scienze della comunicazione, un corso di specializzazione in destination management. Da ultimo ho fatto un master a Firenze, coordinato da Stefano Mancuso e Leonardo Chiesi, sulle piante, il futuro vegetale e quindi la botanica. Adesso mi occupo anche di filosofia. Nella mia vita ho cambiato tante volte.
Il grosso problema nella formazione è l’iper specializzazione, siamo espertissimi di uno spigolo del mondo ma in realtà oggi ci sarebbe bisogno di una visione sistemica: più cose si sanno, più campi di conoscono, più si riesce a fare delle scelte che siano intelligenti e sostenibili. Il mondo è interconnesso, i temi sono interconnessi, non possiamo compiere scelte sagge se non abbiamo una visione sistemica delle cose.
Come si impara a dialogare con la natura?
Dipende dalla sensibilità della persona, dalla capacità di mettersi in ascolto. La natura non ci viene a dire nulla se non siamo capaci di ascoltarla. Il primo aspetto è il silenzio. Oggi siamo costantemente distratti da mille stimoli, che ci vengono dalla famiglia, dai media, dagli amici. La gente non riesce a fare le giuste scelte perché non si ascolta, la stessa cosa avviene con la natura. Il secondo è la capacità di osservare. Oggi andiamo troppo velocemente, e non scopriamo più nulla.
Il secolo delle grandi scoperte è stato il Novecento, dal duemila non scopriamo più niente, se non attraverso i computer e nella velocità. Il miglioramento è stato ed è solo in termini di velocità non di qualità della persona o di profondità del pensiero. Siamo superficiali, non ci fermiamo più su nulla e usiamo i media come interfaccia. Manca il contatto diretto con la realtà, perciò stare nella natura e osservarla insegna tantissime cose.
Facci un esempio.
Quando in autunno una foglia cade a terra non è morta, è semplicemente in una fase di trasformazione. C’è un esercito di operai – i lombrichi, le formiche, i coleotteri, gli insetti, i vermi – che sta nel terreno e la trasformerà in vita, cioè nell’humus che servirà alla pianta per crescere e sviluppare nuova vita. Basta osservare questo fenomeno per rendersi conto che la morte non esiste, esiste la trasformazione continua degli organismi. E noi siamo parte di essi.
E per rendersi conto che non vanno bruciate o spazzate via…
Esatto. Bruciare le sterpaglie, come avviene spesso d’estate, è un esempio. Bruciamo senza sapere che tutta questa roba è concime, serve a creare nuovo humus. E magari producendo fumi che fanno male oppure provocando incendi che in qualche caso devastano una collina. Ci sono diversi comportamenti dettati dall’ignoranza, non sappiamo più come funziona la natura. Dalla rivoluzione industriale in poi ce ne siamo allontanati sempre più, non conosciamo più le sue regole e andiamo continuamente a sbattere.
Dicci qualcosa di più sul Giardino Epicureo: com’è organizzato?
Il giardino è dotato di un emporio che offre la possibilità di scoprire i migliori prodotti tipici calabresi a servizio di chi intende organizzare un picnic all’aperto; 6 aree picnic coperte dotate di barbecue; un’area benessere con vasca idromassaggio da 8 posti e 2 docce emozionali; un’agorà da un centinaio di posti a sedere dove assistere ad eventi, spettacoli, iniziative culturali e formative; una pagoda del tè dove degustare tè e tisane rigeneranti a base di erbe naturali. Il giardino è disseminato di angoli lettura con piccole biblioteche tematiche sulla natura e la filosofia. Inoltre un’interfaccia software, appositamente progettata, consente di vivere un’esperienza relazionale con le piante attraverso il tatto, l’udito e la vista.
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