“Ricordare per non ripetere”: l’arte è strumento di pace e libertà
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Imperia - Correva un tempo, non troppo lontano, di lotte e guerre, di un “noi” contro un “loro”, di paure, soprusi, violenze. Ma anche di persone che rischiavano la vita per i loro ideali e spesso e volentieri l’epilogo non era positivo. Quel tempo, che pare essere molto lontano da noi, viene risvegliato e ricordato periodicamente attraverso associazioni e gruppi di cittadini.
Queste persone, con lo slogan “Ricordare per non ripetere”, ogni anno ci rammentano il prezzo pagato per raggiungere la pace, cercando di evitare che il nastro della storia si riavvolga per l’ennesima volta. Incontro uno di questi gruppi ad Alto (CN), mentre stanno restaurando un murales sulla resistenza realizzato circa vent’anni fa dall’artista Francesco Del Casino.
A parlarmi di ciò che sta tornando alla luce – il murales era quasi scomparso – è Giovanni Zecchini, che oltre a far parte del gruppo di volontari imperiesi che periodicamente rinfrescano i tre murales realizzati nello stesso periodo temporale dall’artista, è anche tra gli ideatori del progetto e testimone della sua realizzazione.
Giovanni, di cosa ti occupi?
Io lavoro nei porti. Quella per l’arte per me più che una passione è una necessità di sopravvivenza, un bisogno di vita. Lo sento sempre più forte con il passare degli anni: contribuire a qualcosa che rimanga con il trascorrere del tempo. Abbiamo davanti una delle grandi testimonianze di tempi passati, ma vissuti da grandi persone che in un momento storico così difficile hanno dato il loro contributo per migliorarlo. Credo sia fondamentale non dimenticare da dove veniamo per capire dove vogliamo andare.
Tra i volti noti che si possono identificare nel murales c’è quello di Felice Cascione, che oltre a essere un partigiano protagonista della resistenza e un medico, è autore della canzone Fischia il vento, che è diventata l’inno per alcuni di quel periodo storico. Come conosci la storia di Cascione?
Sono cresciuto ad Imperia e la storia di Felice Cascione è molto sentita, in quanto ha vissuto qui, anche se era originario di Porto Maurizio. La mia sensibilità a quel periodo storico era quindi già segnata dalle origini in comune, ma negli anni successivi ho conosciuto il partigiano, Carlo Trucco che è stato l’anello di congiunzione tra un periodo storico passato e i giovani di allora. Devi sapere infatti che in passato c’è stata molta chiusura sui temi legati alla resistenza: non si capiva bene il ruolo che avevano avuto i partigiani, pertanto se ne parlava poco.
Perché questo murales?
La mia compagna ha lavorato per qualche anno in Sardegna e lì ha conosciuto una scuola molto grande di muralismo. Ho scoperto grazie a questo che in Italia infatti i primi murales politici sono nati negli ’60 a Orgosolo (NU). Dovete sapere che in questo piccolo paese esisteva una zona di pascolo comune, che ha rischiato di essere trasformata dall’esercito in un centro di poligono di tiro.
La popolazione all’epoca è insorta e tra le varie azioni compiute sono stati realizzati i primi murales che raccontavano ciò che quel luogo e i suoi abitanti stavano vivendo. Francesco Del Casino è tra i principali e più conosciuti artisti, avendo realizzato circa l’80% dei murales che oggi si possono ammirare ad Orgosolo: è un artista di origine toscana, che si trovava casualmente in Sardegna in quel periodo.
Quando abbiamo pensato di realizzare anche qui in Liguria dei murales legati alla resistenza ho contattato Trucco, e tramite lui Del Casino, e insieme abbiamo immaginato e poi realizzato tre progetti differenti: uno era a Badalucco (IM), in valle Argentina, dove Del Casino aveva realizzato un murales unendo il tema della resistenza a quello dell’opposizione della popolazione alla costruzione della diga. Purtroppo dopo dieci anni non è più visibile perché è stato cancellato. Il secondo murales è questo che abbiamo qui ad Alto, luogo a livello simbolico importante per la morte di Felice Cascione, e il terzo in Francia, in valle Roia, in un paese che si chiama Saorge.
Perché in Francia?
Effettivamente alla Francia non interessa più di tanto la storia della nostra resistenza, ma hanno capito subito lo spessore dell’artista e hanno non solo accettato il murales, ma hanno anche dato la cittadinanza onoraria a Del Casino. Il disegno francese ritrae il rastrellamento a Upega, alta valle Tanaro. In questo triste episodio, oltre a morire il partigiano Silvio Bonfante, sono stati fatti prigionieri due partigiani i quali sono stati poi uccisi nella base militare dei neofascisti di Saorge. La tecnica usata per quest’opera è differente, perché essendo in uno spazio al chiuso è stato scelto di realizzare i disegni su pannelli di legno.
Tornando al murales per cui siete qui oggi, cosa raffigura?
La modalità è molto simile in tutte tre i casi: a colpo d’occhio si può comprendere una parte di narrazione del paese in cui si trova, con la raffigurazione degli elementi principali del luogo. Successivamente troviamo una scena contadina, legata quindi alle origini e tradizioni del posto, ed in questo caso l’elemento musicale è predominante. Qui è stato scritto da Cascione il testo di Fischia il vento, pertanto troviamo a fianco dei contadini un suonatore con la fisarmonica che suona e attraverso il suo strumento le note della canzone possono volare in alto e raggiungere tutti.
In fondo poi un gruppo di uomini ci ricambia lo sguardo con fierezza e orgoglio: si tratta di partigiani, i cui volti sono stati presi da libri di storia, e tra questi troviamo anche Cascione. Per realizzarlo avevamo ricevuto un sostegno da parte dell’Anpi, mentre oggi lo possiamo restaurare e riportare alla luce, grazie al contributo del comune di Alto e della sua Proloco. Negli scorsi anni avevamo coinvolto degli studenti della scuola di arte di Imperia, ma negli ultimi anni ciò è stato impossibile. Oggi a lavorarci in maniera volontaria ci sono alcuni insegnanti, tra cui Cristina Lovaldi e Laura Comolo, e artisti e artigiani volontari.
Perché secondo te è importante parlarne ancora oggi?
Parlare e ricordare è non ripetere: sappiamo che quando dimentichiamo la storia purtroppo tende a ripetersi. Dietro alle storie e ai vissuti di questi uomini così coraggiosi ci sono insegnamenti di valori profondi, da cui ancora oggi possiamo trarre ispirazione e su cui vale la pena riflettere. Un esempio ne è l’uomo che è stato la causa della morte di Cascione: Dogliotti, fatto prigioniero da parte dei partigiani durante uno scontro, venne curato e liberato sotto volere di Felice. Una volta riuscito a fuggire, però, ha comunicato al primo comando dove si nascondevano.
Sì, ma oggi ha ancora senso parlare di fascismo?
Molto è cambiato, ma ciò che era definito come potere, oggi si è spostato nelle banche, in chi detiene grossi flussi di denaro che secondo me va oltre il potere delle singole nazioni. Non penso che l’Italia sia un paese fascista, ma credo che ci siano questioni globali legati a grandi interessi economici e di potere, il quale oggi si esercita anche tramite mezzi molto differenti da allora, come ad esempio l’informazione e la raccolta di dati: in effetti, a pensarci bene, lo diceva già Pasolini che il fascismo era mutuato nella società dei consumi. Avremmo dovuto ascoltarlo di più.
Come difenderci allora da queste nuove forme di potere?
Io non sono ottimista. Le armi che ha il potere sono più forti. Come società noto che abbiamo perso la capacità di parlare, di dialogare. Il più grande potere che possiamo esercitare per noi stessi e la nostra società è il poter porre e porci domande, più che nel trovare le giuste risposte, sempre che ce ne siano.
In questo l’arte è un mezzo fondamentale per sua natura: purtroppo la narrazione interessa sempre meno, in quanto la nostra attenzione è sempre più bassa. Ma la musica, l’arte visiva arriva dritta alla pancia, riuscendo a scuotere, emozionare e smuovere quelle sicurezze che abbiamo, facendo emergere dubbi, quesiti, riflessioni.
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