Facing Violence: sei sconosciute si incontrano per affrontare insieme la violenza di genere
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Padova, Veneto - Succede più o meno a tutti e a tutte di scoprire cose che ci sorprendono delle persone che pensiamo di conoscere, con cui condividiamo un’intima quotidianità. A volte sono cose grandi, importanti, e ci chiediamo: “Perché non me ne ha mai parlato? Perché non ne abbiamo mai parlato?”. Parlare delle cose trasforma lo sguardo. Parlare apre spazi interni, crea connessioni, cambia la faccia alle persone.
Dare un nome alle cose significa farle esistere. Dell’esistenza la cosa che più mi piace è la profondità. Eppure negli ultimi anni mi sembra così facile scivolare sulla cresta di varie onde, recepire infinite informazioni ma non andarci a fondo, correre, leggere commenti, mettere cuoricini, e non avere mai un tempo lungo dedicato.
Ho trovato quindi invidiabile l’esperienza che hanno vissuto le sei donne del documentario partecipato “Il canto della farfalla” prodotto dal Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione dell’Università di Padova che è stato il punto di partenza del progetto Facing Violence, una campagna di sensibilizzazione sul tema della violenza di genere. Esattamente un anno fa, sei sconosciute di età, provenienza e formazioni diverse, si sono incontrate più volte nell’arco di sei mesi nell’intimità di una casa per affrontare il tema della violenza di genere. Un tema amplissimo e difficile, da affrontare e scandagliare partendo dalla propria condizione personale di donne etero cisgender.
Incontro Maria Desiderio e Valeria Fabris, le due promotrici del progetto, esattamente in quella casa di Padova. Mi accolgono con caffè e torta al cioccolato e capisco che sia loro sia quello spazio sono perfetti per creare un’atmosfera di ascolto e apertura. Mi raccontano di quegli incontri, del loro sentirsi inizialmente in bilico tra l’obiettivo di dover produrre un video finale e la necessità di non limitarsi a ragionamenti attorno ad un tema già tanto parlato. Sono partite da due domande: cos’è per te la violenza di genere? Quali sono le sue forme e i suoi attori? Da qui si è aperta una valanga di post-it, una trasformazione dello spazio e delle persone, titoli di giornale, colla, vestiti, camminate al parco.
L’uso di linguaggi artistici eterogenei ha permesso al gruppo di esprimersi con forme diverse, di conoscersi, di sentirsi in uno spazio protetto e accogliente, senza giudizio. E la bravura di Valeria ha fatto sì che la telecamera, settima partecipante, venisse sentita come parte integrante e coadiuvante. Ne è nato Il canto della farfalla, un documentario partecipato che racconta del viaggio vissuto, del processo che si è innescato e che non poteva che essere seguito, come il volo di una farfalla. Queste donne si sono prese cura l’una dell’altra, si sono colorate l’anima e noi possiamo coglierne un pezzetto in quel documentario.
Chiedo a Maria e Valeria qual è l’esigenza che le ha spinte a creare questo progetto: «Raccontare, testimoniare, disinnescare la violenza di genere e non limitarsi solo a rappresentarla. Rompere l’isolamento del trauma grazie alla condivisione con la collettività, prendere coscienza di quante cose siano violenza, in gradi diversi, non sentirsi più in colpa per averle permesse ma capirle e riconoscerle. Dare un nome alle cose», rispondono.
E ora cosa succede? «Quando gli incontri sono finiti ci siamo dette che non ci bastava, che c’era molto di più e volevamo esplorarlo tutto», rispondono Maria e Valeria approfondendo il concetto e raccontando l’esperienza di Facing Violence. «Il canto della farfalla vuole essere uno scorcio, un’apertura non esaustiva, e soprattutto non rappresentativa, che più che trovare delle risposte desidera suscitarne delle altre negli spettatori».
Sono piene di idee Maria e Valeria e sono pronte a metterle in pratica. Ci sono molti generi da esplorare, ci sono le scuole superiori con cui lavorare con l’audiovisivo su questo tema, ma soprattutto bisogna creare rete, incontrare persone, mappare le realtà – e noi di Italia che Cambia lo sappiamo bene! Ridono: «Ora siamo piene di abstract di progetti», dicono all’unisono. Facciamoli ovunque progetti come questi, contattatele, creiamo rete. La nostra mappa e il nostro giornale sono a disposizione!
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