A Enna la prima clinica veterinaria pubblica: il bilancio a distanza di un anno dalla nascita
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Enna - Poco più di un anno fa, il 9 marzo 2022, è entrata in funzione a Enna la prima clinica veterinaria pubblica della Sicilia grazie ai fondi locali dell’Asp investiti in un immobile dell’ex ospedale Umberto I abbandonato e riadattato a questo scopo. L’obiettivo era rendere disponibile a tutto il territorio della provincia una struttura che potesse fronteggiare il fenomeno del randagismo e sopperire alla carenza di servizi per gli animali presso i Comuni dell’Asp di Enna.
A distanza di un anno il bilancio è positivo, come racconta Mimmo Lodico, direttore del Servizio Igiene degli allevamenti e delle produzioni zootecniche, un’unità operativa complessa che include la sezione Igiene urbana veterinaria a cui fa capo la clinica. «Abbiamo dato l’idea alla direzione generale dell’Asp di Enna che l’ha accolta e ci ha fornito i fondi. Ci sono state tante difficoltà tecniche e operative, ma abbiamo sempre avuto il sostegno da parte del direttore del dipartimento, il dottor Sferrazza. Nel corso di questo anno abbiamo eseguito due sedute settimanali di interventi di sterilizzazione di cani randagi, provenienti dai vari Comuni del territorio di competenza e poi pronto soccorso, asportazioni di tumori, ortopedia, chirurgia generale».
La clinica, oltre che di una equipe qualificata, è fornita di un ambulatorio visita e microchippatura, di una sala chirurgica, di apparecchiature per la diagnostica di laboratorio e diagnostica per immagini e di un’area di sgambatura ricavata all’interno del parco in cui si trova la struttura per permettere un rapido recupero post operatorio. La Sicilia da alcuni anni è tra i territori con maggiori criticità per il numero di cani randagi presenti e sono tante le azioni intraprese per fronteggiare questa difficoltà.
«Randagismo equivale ad abbandono – sottolinea il dottor Lodico – e non si addice a un popolo civile. Tanti paesi hanno risolto questo problema, perché non possiamo farlo anche noi? Servono dialogo e collaborazione e noi, come veterinario e dipartimento veterinario, siamo disponibili a raccordarci con gli enti comunali per affrontare l’emergenza nel migliore dei modi».
Ogni Comune della provincia dovrebbe avere per legge una convenzione con un rifugio. Prima della clinica pubblica i venti Comuni della provincia di Enna – più Rapizzi, Comune della provincia di Messina che rientra nell’ambito di competenza del territorio ennese – non disponevano di nessun rifugio sanitario pubblico dove effettuare operazioni di vario tipo e si appoggiavano a rifugi privati che in alcuni casi erano fuori dai territori comunali di competenza e non potevano fornire alcun tipo di servizio e assistenza.
La clinica veterinaria è nata anche per questo motivo. Non appena l’animale viene individuato e monitorato – prima che si possa qualificare come randagio devono passare almeno trenta giorni, in alcuni casi potrebbe essere un animale vagante che ha un proprietario poco attento alla custodia – viene fatta richiesta di identificazione alla clinica pubblica e poi si procede con la sterilizzazione.
Viene registrato all’anagrafe regionale, l’ACReS, e in seguito il Comune può decidere di accoglierlo in canile in attesa di un’adozione definitiva o di affidarlo temporaneamente a chi ne fa richiesta. Sono, ad esempio, tantissime le associazioni animaliste che prendono in affido gli animali, promuovendo e curando tutti i passaggi necessari per poi arrivare all’adozione definitiva. Quest’ultima opzione permette ai Comuni di alleggerire nei bilanci la voce relativa a questa spesa e all’animale di vivere una condizione di vita migliore.
Tra gli esempi più significativi di una politica rivolta a un certo tipo di assistenza veterinaria c’è il caso di Barrafranca. Nel 2019 si contavano circa cinquanta sterilizzazioni all’anno di animali randagi, oggi sono scesi a circa cinque o sei. I numeri sono al ribasso in tutta la provincia. «Stiamo lavorando anche sulle colonie feline. Le abbiamo registrate, sterilizzate e garantiamo loro un’assistenza sanitaria per le vaccinazioni e tutte le cure necessarie. Il passo ulteriore sarà l’apertura della clinica al pubblico con le giuste autorizzazioni in base ai percorsi, intramoenia o extramoenia, che verranno stabiliti, alle figure professionali e a tutto il personale. Intanto il primo proposito legato al randagismo lo stiamo svolgendo bene», continua Mimmo Lodico.
Dal suo punto di vista il fenomeno del randagismo non sarebbe legato solo all’incuria di molti umani, ma anche alla presenza di numerose aziende zootecniche di cui il territorio ennese è ricchissimo e intorno a cui gravitano numerosissimi cani, lasciati in libertà, che possono muoversi anche in un raggio d’azione molto ampio.
«Nel nostro progetto avevamo proposto di individuare all’interno dei vari Comuni le diverse aziende zootecniche presenti, convocare i titolari e prospettare loro la possibilità di sterilizzazione dei propri cani gratuitamente o con agevolazioni da parte del Comune di riferimento. Attraverso una mappatura genetica, una banca dati genetica, oggi molto utilizzata ad esempio per i bovini, si può risalire al cane che ha generato la cucciolata e quindi all’azienda zootecnica di riferimento che sarebbe, nel caso di rifiuto della sterilizzazione, chiamata al pagamento degli interventi necessari per evitare ulteriori nascite. Un’idea per incentivare l’adesione volontaria al piano, non tanto per ricatto quanto per educazione sanitaria», conclude Lodico.
Quest’ultimo progetto, sebbene sia stato preso a cuore dal Comune di Enna, non è ancora partito, ma verrà riproposto a breve sperando che questa volta i tempi delle amministrazioni pubbliche siano più rapidi. È un’ulteriore dimostrazione del fatto che i punti più critici del problema che alimentano il randagismo sono assolutamente affrontabili.
L’identificazione e microchippatura degli animali da compagnia, l’attuazione di un programma di controllo delle nascite attraverso interventi di sterilizzazione dei cani e delle colonie feline, attività di primo intervento nei confronti degli animali d’affezione sprovvisti di proprietario se ben applicati tutelano il benessere degli animali e la cura della loro salute, incentivando una migliore convivenza con l’uomo nel rispetto della salute pubblica. Perché la convivenza tra gli uomini e gli altri animali è civiltà.
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