Educatore della comunità scolastica, una nuova figura per una scuola più virtuosa
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Mantova, Lombardia - Valorizzazione, sostenibilità e innovazione. È su questa triade compatta che si sviluppa l’articolato percorso di riflessione e condivisione attivato nel 2020 da Confcooperative e Federsolidarietà Mantova insieme a ben nove cooperative: Agorà, Arché, Alce Nero, CSA, Fiordaliso, Frassati, Ippogrifo, Simpatria, Viridiana. Un lavoro di analisi e confronto che ha dato vita, fra le altre cose, al convegno ECoS – Educatore della comunità scolastica. Ricerche – sperimentazioni – prospettive, tenutosi il 14 aprile a Mantova con la presentazione di alcuni approfondimenti.
Valorizzare le educatrici e gli educatori scolastici come figure che promuovono l’inclusione costituisce l’obiettivo cardine del percorso che ha coinvolto più di 60 soggetti territoriali tra cui diverse scuole delle aree di Mantova Sud, Centro e Nord. L’intento è quello di creare un gruppo-pilota provinciale che sperimenti concretamente il nuovo servizio e lo faccia diventare un modello in Lombardia.
L’educatore della comunità scolastica è chiamato a ricoprire l’importante funzione di costruire setting educativi che alimentino la relazione e la socialità intervenendo sia sul singolo sia sul gruppo classe, dando valore alle varie diversità presenti. Sarà inoltre una figura inserita nel consiglio di classe al pari dei docenti. Uno degli obiettivi centrali è quello di tutelare la continuità operativa degli educatori scolastici e quindi migliorare il servizio nei confronti di bambine, bambine e adolescenti con disabilità, iniziando al contempo a scardinare gli stereotipi relativi a questa figura spesso confusa con un ruolo assistenziale.
«L’innovazione rappresenta un aspetto essenziale di questo percorso, consentendo di ridefinire funzioni e competenze dell’educatore scolastico, puntando sempre più alla qualità», sottolinea Monica Ploia, presidente di Federsolidarietà Mantova. «Attraverso il confronto tra diverse esperienze e la sperimentazione di pratiche virtuose ispirate al contesto bolognese, abbiamo l’obiettivo di creare un nuovo modello a livello lombardo. L’importante lavoro di co-progettazione attivato con questo percorso vuole procedere attraverso un dialogo paritario tra varie realtà e coinvolgere valorizzazione, sostenibilità e appunto innovazione».
«A questa figura è affidato il compito di sviluppare il processo d’inclusione attraverso la capacità di coltivare competenze sociali e relazionali di tutti gli alunni della classe», spiega Cristina Bertazzoni, docente all’università di Verona e consulente Confcooperative Federsolidarietà Mantova, la quale ha curato gli incontri del percorso. «Solo così si può garantire un’autentica inclusione che dà voce e valore a tutte le diversità perché siamo tutti diversi. Abbiamo scelto la definizione di educatore della comunità scolastica proprio per ribadire il fatto che questa figura è impegnata a creare una rete virtuosa che non è vincolata al solo contesto dell’edificio scolastico ma si relaziona con varie realtà del territorio, sempre in un’ottica inclusiva».
Cristina Bertazzoni invita a pensare alla scuola come «bene comune, dove il gruppo diventa il dispositivo per favorire il benessere di tutti. Questo cambiamento implica responsabilità collettiva, vero lavoro di rete e l’emancipazione dall’idea dell’“abbiamo sempre fatto così”». «Il lavoro di rete con le cooperative è iniziato durante la pandemia attraverso incontri online ed è proseguito raccogliendo sempre più consensi, a conferma di quanto fosse necessario ripensare la figura dell’educatore scolastico», spiega Luca Cimarosti, consigliere di Federsolidarietà Mantova. «Rendere sostenibile questo servizio significa garantire alle figure che lo concretizzano il giusto riconoscimento economico, contrattuale e di valore rispetto a ciò che promuovono».
Cimarosti sottolinea: «Ci siamo assunti una sfida fatta di conoscenza reciproca per intraprendere una strada comune andando oltre l’idea di competizione che di solito viene vissuta tra le cooperative. L’innovazione passa infatti attraverso la vera co-progettazione: l’unico modo per affrontare le difficoltà date da questo periodo complesso”.
Dina Guglielmi, del dipartimento di Scienze dell’Educazione dell’università di Bologna, è autrice del lavoro intitolato Il nuovo ruolo dell’Educatore di plesso: esiti di una ricerca: «Con questa ricerca offriamo spunti su buone pratiche e indicazioni relative alla strada da percorrere per la figura che opera in una situazione di frontiera e che dialoga con diversi soggetti. Sull’educatore di plesso vanno scardinati ancora diversi stereotipi come il fatto di essere considerato un tuttofare o un sostituto dell’insegnante quando non è così».
Sempre dal territorio bolognese, Elisa Marchi, educatrice della cooperativa sociale Solco Libertas, porta gli esempi di progetti realizzati come quelli sull’autonomia, i laboratori verdi e didattici. «Abbiamo esplorato un nuovo modo di stare nella scuola» afferma, evidenziando l’importanza del lavoro in piccolo gruppo, della formazione continua, della maggior stabilità delle figure, le cui ore non sono più calcolate sulla presenza del singolo bambino. Saliente resta anche «il contesto, fatto di persone e non solo spazi fisici, che accoglie i cambiamenti, monitora gli interventi e che è aperto a proposte educative diverse».
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