Dalla laurea alla cantina: “La mia nuova vita nel vigneto di famiglia”
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La Spezia - È un pomeriggio di fine marzo quando io e Paolo Cignini ci lasciamo alle spalle la provincia di Massa e ci dirigiamo verso la porzione ligure della Lunigiana per andare a conoscere l’azienda agricola La Colombiera, specializzata nella coltivazione di uve di Vermentino e Sangiovese. Seguiamo le indicazioni per il borgo di Castelnuovo Magra e vediamo la frazione La Colombiera. Siamo arrivati. Mentre scendiamo dalla macchina, viene subito ad accoglierci Valeria Ferro, che ci invita in cantina per farci assaggiare il prototipo di un nuovo dolce da colazione da proporre agli ospiti al mattino.
Ci sediamo, sperimentando questa golosa torta con gocce di cioccolato, e iniziamo a raccontarci. Valeria ci mette a nostro agio, è una giovane donna affabile, con cui è un piacere perdersi a chiacchierare. Laureata in storia dell’arte, da circa otto anni lavora nell’azienda di famiglia, inizialmente per dare una mano a suo padre e poi per una passione sbocciata nel corso del tempo.
«In realtà da quel giorno non mi sono mai voltata indietro», precisa Valeria, che ci racconta che l’azienda agricola La Colombiera nasce alla metà degli anni settanta per volere di suo nonno, originario di Salemi, in provincia di Trapani. «Quando è venuto qui, si è innamorato immediatamente del posto, anche se non c’era nulla se non boscaglia, e ha subito capito che questa sarebbe diventata casa sua».
LA STORIA
Nel 1961 nonno Francesco apre un ristorante molto verace a Bocca di Magra, La lucerna di Ferro – attualmente gestito dai cugini e dalla zia di Valeria –, che diventa ben presto un punto di riferimento per tanti intellettuali dell’epoca. «L’osteria veniva portata avanti da mio nonno e dalle zie di mia nonna. Per il vino andava a rifornirsi in Toscana, finché in tanti non iniziarono a chiedere un vino locale, ligure». Ed è proprio da questa esigenza che nasce in lui la voglia di produrlo con le sue mani.
Così acquista un appezzamento di terreno di circa tre ettari, decisamente sovradimensionato rispetto alle esigenze di un piccolo ristorante di provincia, e pianta le prime viti di Vermentino. Così, di generazione in generazione, l’azienda è diventata quella che è oggi. «Anche se nel frattempo abbiamo acquisito nuovi terreni, questo è sempre stato il nostro quartier generale. E poi qui c’è la cantina, costruita a fine anni ’70, dove versiamo il nostro vino».
Parlando dell’evoluzione del progetto nel corso degli anni, Valeria ci racconta che da tre anni sono stati avviati anche i soggiorni in vigneto: «Abbiamo deciso di costruire queste camere perché in tanti, venendo qui a degustare i nostri vini, hanno espresso il desiderio di godersi ancora di più la tranquillità di questo posto, per un’immersione totale anche nella nostra realtà produttiva». E moltissimi viaggiatori trascorrono qui l’80% della vacanza: si godono il vigneto, il vento, il silenzio.
«È un turismo improntato alla natura, attento e rispettoso. In molti si spostano con le biciclette elettriche, tanti vogliono fare percorsi a piedi. Per questo è un turista che ci piace, che viene qui proprio perché ha voglia di trovarsi in un posto dell’entroterra, vicino ai borghi ma lontano dalle spiagge più affollate, per respirare un’atmosfera più rilassata». Ed evadere dalla routine quotidiana.
L’aspetto dell’accoglienza dei clienti in azienda è quello che rappresenta di più Valeria. «Certo, ci sono anche le fatture e altri aspetti meno poetici del lavoro, ma quello che preferisco di più sono i tour nella cantina. E poi mi piace passare del tempo qui, seguire tutti i passaggi e le fasi di lavorazione del nostro vino». Il bello è che tutto avviene proprio qui, dal vigneto alla cantina, per questo Valeria ama vedere passo passo il frutto del processo di trasformazione dell’uva. «Quando escono le prime bottiglie dell’anno è una grandissima soddisfazione».
LA PRODUZIONE
Il vino della Colombiera nasce dalle uve di tre vigneti che si trovano nel raggio di pochissimi chilometri di distanza l’uno dall’altro, dislocati tra Liguria e Toscana, a Fosdinovo, Castelnuovo Magra e Sarzana. Ne nasce infatti una DOC interregionale. «Ci troviamo nel comune di Castelnuovo Magra, in Liguria, ma molto vicini alla Toscana. Qui, lo dico sempre, attraversando la strada si cambia regione», sorride. Oltre il 95% della produzione è un Vermentino, il vino che unisce la Liguria da ponente a levante, c’è poi una piccola produzione di vino rosso e un rosato, tutti a base Sangiovese.
«La nostra è un’agricoltura convenzionale, ma fatta con la testa. Così come io stessa prendo gli antibiotici solo in casi di reale necessità, anche qui siamo molto attenti a fare i trattamenti solo quando servono. Se sono annate particolarmente difficili interveniamo, ma solo in questi casi». Recentemente poi è stato introdotto l’azoto in fase di imbottigliamento: in questo modo si crea una situazione stabile in bottiglia che permette di ridurre la quantità di solfiti di circa un 30%. D’altronde il vino si fa in vigna, non in cantina. «Ecco perché limitiamo il più possibile le manipolazioni sui nostri vini, per dare la possibilità alle uve locali di potersi esprimere».
I CONFINI
«Ci troviamo vicini al mare, ma anche alle Alpi Apuane e questo è un arricchimento molto forte dal punto di vista culturale, perché la connotazione regionale qui meno spiccata ed è data anche dal continuo contatto con i paesi vicini. «In questo senso trovo che questa sia parte più vincente di tutta la Lunigiana». E anche la parlata, così particolare, ancora diversa da quella che si sente a Pontremoli, rispecchia questa forte contaminazione.
Valeria ci racconta che chi viene qui a soggiornare e o degustare vini, si stupisce moltissimo di questo confine così sottile. «Chiunque arrivi qui mi chiede “Dove siamo?”. Molti credono di essere già in Toscana. Dal punto più alto del vigneto si vedono Bocca di Magra e Marina di Carrara. Ecco perché la nostra DOC interregionale è una dichiarazione di vicinanza tra queste due regioni».
Visto che stiamo assistendo allo spopolamento di questi borghi, le chiedo qual è la sua percezione: «Le scuole iniziano via via a chiudere e questo non è mai un buon segno. La principale difficoltà è data dal fatto che questi borghi sono un po’ arroccati, spesso i giovani lavorano fuori, quindi sarebbero costretti a muoversi in auto, ma le strade spesso non sono ben tenute. Credo in realtà che si tratti di più di una questione di priorità: da una parte c’è indubbiamente la scomodità, dall’altra però c’è una qualità della vita altissima, sicuramente è uno stile di vita molto più rilassante. Qui vivi molto bene, senza ombra di dubbio».
E concludiamo la nostra chiacchierata parlando ancora di confini: «Qui l’identità locale va a sfumarsi con quella delle realtà vicine e si crea così un crogiolo di culture che porta a un grande arricchimento a livello personale. E questo noi lo viviamo, lo sentiamo». Ci salutiamo calorosamente. Cara Valeria, buona fortuna per il vostro bel progetto in costante evoluzione: questo è solo un arrivederci.
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