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Savona - Attraverso le mie visite nelle aree interne della Liguria mi capita sempre più spesso di incontrare giovani ragazzi e ragazze che hanno deciso di spostarsi, lasciando le città e scegliendo una vita a contatto con la natura, con la lentezza. C’è un processo ancor più interessante, dal mio punto di vista, che è quello di persone giovani che hanno deciso di restare nei luoghi dove sono cresciuti.
Questa scelta di restanza va in totale controtendenza con lo spopolamento che questi piccoli centri hanno subito in questi ultimi decenni. Mentre nel primo caso spesso si muovono ricercando la costruzione di comunità con persone provenienti da contesti simili al loro, nei secondi, al contrario, la ricerca è di una vita più solitaria, in ascolto e in totale relazione con l’ambiente circostante.
VI PRESENTO GABRIELE
A tal proposito, nella mia indagine di approfondimento dell’area di confine della Val Pennavaire, ho scelto di raccontare la storia di Gabriele Calcagno, in quanto racchiude molti aspetti degni di emergere, che possono essere stimolo e ispirazione per altri. Nato ad Albenga e cresciuto tra le campagne ligure e la casa di famiglia a Nasino, in Val Pennavaire, Gabriele fin da quando era piccolo ama trascorrere il suo tempo in valle: «La mia nonna era originaria di Nasino e ha sempre vissuto qui».
Ha passato qui tutte le estati, ogni festività, i ponti, ogni ricorrenza. E gli piaceva molto: «Ricordo che durante i viaggi in auto per arrivarci ogni volta che si passava Castelbianco, il paese subito sotto, rimanevo incredulo davanti alla vegetazione selvatica visibile anche dalla strada. Ho sempre ammirato questa valle e la ritengo unica per la sua natura selvatica, per i suoi colori e le sue potenzialità. Tanto che quattro anni fa, all’età di 24 anni, ho deciso di lasciare la casa dove vivevo con mia madre e di trasferirmi a vivere qui da solo».
L’AMORE PER QUESTO LUOGO
Gabriele vive in cima a una delle tante piccole frazioni di Nasino: per arrivare a casa deve lasciare l’auto in un parcheggio ai piedi della salita, che in una decina di minuti a piedi lo porta a casa. Gli abitanti della borgata sono pochissimi, tanto che Gabriele mi racconta che uscendo di casa e camminando per mezz’ora nel borgo, capita spesso di non incontrare nessuno.
Ma alla domanda sul perché ha scelto proprio questo luogo per vivere, Gabriele mi guarda negli occhi sorridendo e senza un minimo di esitazione mi risponde: «Nonostante ci siano scomodità importanti, soprattutto quando devo scaricare il pellet per la stufa o la spesa settimanale, quando entro in casa la stanchezza se ne va». E così mi racconta che si sente privilegiato a vivere circondato dalla bellezza – dalle finestre di casa sua può ammirare Castell’Ermo e il Monte Galero – e ad avere una visuale sull’intera valle. Di questo Gabriele è appagato e orgoglioso.
«C’è un silenzio indescrivibile e qui la natura è selvatica e rigogliosa. Amo questo luogo: abbiamo se non ricordo male solo qui a Nasino sei ponti romani in mezzo ai boschi, di cui uno a tre arcate, senza contare quelli dell’intera valle». Rimango confusa e incredula nel sentire un ragazzo giovane parlare con così tanto amore di un luogo.
IL LAVORO: TRA ARTE MANUALE TURISMO
Dopo aver essersi diplomato all’istituto d’arte ad Imperia, Gabriele ha frequentato un corso di specializzazione per diventare restauratore a Genova: «Solitamente si pensa al restauro come un rattoppare qualcosa, ma è un lavoro che richiede una profonda capacità manuale e conoscenza dei materiali utilizzati a seconda dell’anno di costruzione: è un lavoro affascinante».
Oggi Gabriele divide il suo tempo tra attività manuali che ha appreso tra gli abitanti del borgo, come la creazione di cesti, il restauro di oggetti e mobili ai quali gli piace mixare elementi antichi e moderni, e il rifugio Pian Dell’Arma, in cui passa molte ore settimanali.
LA VALLE E I SUOI FUTURI CAMBIAMENTI
Gabriele nel parlarmi del territorio usa più volte la parola valle, quasi fosse un unico grande centro, in grado di unire persone e ambiente naturale tra le sue braccia. Crede molto nelle potenzialità di sviluppo di quest’area e nel suo ripopolamento, sicuro che possa accogliere nuovi abitanti alla ricerca come lui di serenità e piacere nel contatto con il selvatico. «Mi piacerebbe contribuire a cambiare la mentalità di questi luoghi: la valle ha un potenziale esagerato e se messo nelle mani sbagliate potrebbe essere distruttivo, ma il rischio è anche dall’altra parte, ovvero rimanere troppo chiusa e rischiare di morire».
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