26 Apr 2023

Renato Pata e il suo modello aziendale per valorizzare l’olivicoltura in Calabria

Scritto da: Tiziana Barillà

Spesso fare impresa in Calabria rimanendo fedeli ai propri valori non è facile, neanche in un campo in cui tradizionalmente questa regione eccelle come quello dell'olivicoltura. Ne abbiamo parlato con Renato Pata, che ha ideato e applicato una politica aziendale che mescola diversi aspetti innovativi, dalla creazione di sinergie con altre realtà del settore al rapporto con lavoratori e lavoratrici.

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Vibo Valentia - Perché raccontarvi di un’azienda olearia in Calabria? Del resto la regione è il secondo produttore italiano di olio extravergine, con milioni di piante di ulivo. Da queste parti l’olivicoltura è un fatto culturale, ogni famiglia produce olio oppure lo ha prodotto in passato. Eppure l’olio che un tempo era facilmente reperibile, oggi, con l’aumento dei costi di produzione, è diventato un bene prezioso.

Percorrendo le strade interne sono sempre di più gli ulivi lasciati a loro stessi, con le reti a terra in attesa che gli alberi facciano da soli parte del lavoro. La raccolta costa troppo. In questo contesto opera l’azienda della famiglia Pata, guidata oggi da Renato Pata, un quarantenne sincero e diretto che dice anche quello che potrebbe risultare sconveniente. Senza assecondare il racconto dell’eroe romantico ammette: «La mia passione non è tanto la terra, quanto l’impresa».

In effetti i suoi occhi si accendono quando parliamo del modello aziendale, ancor più che quando parliamo di ulivi. Renato si è laureato in giurisprudenza a Bologna, dove ha mosso i suoi primi passi nel mondo del lavoro: «Avevo una grande voglia di fare impresa, da sempre. Ho studiato discipline che prevedevano il mio futuro altrove, finché dieci anni fa mi sono reso conto che il mio posto è qui, nell’azienda di famiglia: sono calabrese e sono espressione del mio territorio, ma l’Emilia è stata di grande ispirazione». 

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Renato Pata

Siamo seduti al tavolo delle riunioni negli uffici aziendali, circondati da bottiglie di ogni forma e colore. Dalla parete a vetri si può osservare il frantoio, al piano di sotto, nel silenzio religioso che domina in questo periodo in cui raccolta e produzioni cedono il passo alle fase amministrative. «Si può fare in Calabria e si può fare nel settore oleario, basta avere una visione», dice Renato. «Questo è il miglior modo che conosciamo di fare le cose: il nostro». Scopriamolo. 

UN MODELLO AZIENDALE TRA TRADIZIONE E TECNOLOGIA

«L’olio buono lo fanno in tanti, io sto cercando di proporre un modello aziendale. Alla fine di questo percorso voglio dire a me stesso di aver fatto un’azienda che vale e di averlo fatto in questo territorio. Mi sono detto: posso essere più importante qui che altrove. Qui posso fare la differenza o almeno tentare di farla. Dieci anni fa eravamo in due, io e mia sorella, adesso siamo in quattordici». 

La terra è il tempio della tradizione, ma questo non impedisce alla tecnologia di prendersene cura al meglio. La caratteristica principale di questa azienda è la costante miscela di tradizione e tecnologia, due anime che si incontrano dappertutto: nel frantoio, senza dubbio, ma anche nei campi dove sono stati installati rilevatori di dati che segnalano le malattie prima che si manifestino e avvisando prima che il terreno vada in sofferenza idrica. Sono due o tre in tutta la Calabria le aziende che hanno installato questi strumenti e fra esse c’è quella dei Pata.

«Ma tradizione e innovazione si incontrano anche nella mia testa – dice Renato – nel senso che io ragiono sempre in termini tradizionali rispetto al rapporto con le persone. Mia nonna mi raccontava che la sua parola valeva quanto quella di un notaio, che secondo lei era la massima istituzione di garanzia», sorride. «Volendo ripercorrere una tradizione, spero che la mia parola un giorno possa essere riconosciuta così, come quella di mia nonna». 

Pata olive
ANTI-EROISMO E LIMITI REALI 

Se è vero che c’è un’eccessiva tendenza a interpretare come un atto di eroismo un fatto normale – fare l’olio in terre come questa e fare impresa del fare l’olio – è anche vero che le difficoltà non mancano. Quando chiedo a Renato quali siano gli ostacoli più duri incontrati in questi dieci anni, lui non esita nemmeno un istante e risponde a bruciapelo: «Le persone. Sul territorio mancano molte figure professionali».

«Se ci trovassimo in una realtà agri-industriale sviluppata – spiega – le professionalità si sposterebbero nel tentativo di crescita professionale da un’azienda all’altra. Questa migrazione non la intercettiamo perché non c’è, le aziende sono poche e non c’è un “vivaio”. Questo secondo me è il limite allo sviluppo del nostro territorio». Il limite non è culturale ma, spiega Renato, soprattutto professionale e di formazione. Così l’azienda finisce per assumere fuori regione, le figure che qui non ci sono. 

LA FILIERA DELLE OLIVE, NON DELL’OLIO

Quella dei Pata è una delle prime aziende italiane, la sesta in ordine temporale, ad aver adottato pratiche biologiche in filiera corta. Hanno dato vita a una filiera molto ampia in Calabria. «L’idea è nata anche dalla consapevolezza che io non sono capace di occuparmi della terra, quindi deve farlo chi è più capace di me. Da sempre facciamo filiera virtuosa, solo che adesso l’abbiamo certificata. E si è rivelata una scelta opportuna e vincente perché permette quantità, qualità, continuità. Perché l’anno in cui Vibo produce poco o affatto, produce un’altra provincia».

raccolta a mano

Si tratta di una filiera su tutto il dorsale Appennino, da qui fino alla Piana di Sibari, che coinvolge otto aziende agricole per un totale di 450 ettari e 2 frantoi oleari delle province di Catanzaro e Crotone che si sommano ai due di loro proprietà di Vibo Valentia e Cosenza. Le aziende olivicole della filiera producono secondo il disciplinare dei Pata a un prezzo minimo garantito. Un patto che Renato sintetizza così: «Abbiamo contrattualizzato un rapporto di lungo periodo, di cinque anni rinnovabili: loro producono con una qualità da noi certificata a un prezzo minimo garantito, sapendo che se le quotazioni saranno più alte sarà a beneficio del fornitore».

«La nostra è una filiera delle olive non dell’olio ed è questo il valore aggiunto», sottolinea Renato. La filiera è costituita prevalentemente da olivicoltori, solo in due trasformano, così che il grosso delle attività è portare le olive nel frantoio dei Pata. Così è possibile garantire ai clienti qualità e soprattutto sicurezza alimentare, perché si spiega da dove arriva il prodotto». Senza volere, qua giù in Calabria abbiamo trovato i precursori del farm to fork, dalla fattoria alla tavola, il piano decennale messo a punto dalla Commissione europea per guidare la transizione ecologica verso un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente.

In termini di sicurezza alimentare infatti il trasporto dell’olio è un anello debole perché influisce direttamente sulla qualità. Per questo i Pata hanno scelto di non trasportare olio ma olive. «Le vediamo prima che vengano processate. Oltre a un’analisi sensoriale e chimica, vediamo il frutto. Vale per le olive e anche per le materie prime impiegate per gli oli aromatizzati che produciamo: bergamotti, limoni, basilico, peperoncino e gli altri frutti e ortaggi arrivano qui interi e macinati insieme all’olivo. I frutti si incontrano nel frantoio e vengono macinati e processati insieme». 

Alla fine di questo percorso voglio dire a me stesso di aver fatto un’azienda che vale e di averlo fatto in questo territorio

GLI OLI AROMATIZZATI CON RICETTE ANTICHE

Visti sullo scaffale sembra che a produrli sia stato semplice, ma in verità prima di trovare la giusta ricetta è stato necessario il lavorìo di un’intera generazione. E un certo disinteresse rispetto al rapporto costi/benefici. «I primi appunti sulla ricetta dell’olio al bergamotto – racconta Renato – risalgono al 1934. La nostra ricetta prevede la macinazione di olive con il frutto, all’epoca il fornitore di bergamotti era a 90 chilometri di distanza e nessuno in famiglia possedeva un’auto. Non solo, le prove potevano essere effettuate solo durante la produzione olearie, non tutto l’anno. Perciò prima che tutte le ricette degli aromatizzati venissero approvate sono serviti innumerevoli tentativi e un’intera generazione».

RAPPORTI DI FIDUCIA, NON DI RESPONSABILITÀ

Ancora un’ultima cosa deve sapere il lettore su questa azienda calabrese. Nel suo bilancio cancellare la voce “esercizio del potere” ha significato convenienza. «In questa azienda si lavora senza essere controllati – rivendica Renato –, io non controllo nessuno eppure tutti lavorano in maniera performante perché sono caricati di fiducia, non di responsabilità. Abbiamo scelto questo tipo di rapporto tra le parti e questo ci dà efficienza da tutti i punti di vista. Parlo di convenienza specifica per non parlare in termini etici, che sono un argomento abusato. Voglio dire che mi conviene, l’azienda cresce». 

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