La Porta delle Farfalle, l’opera d’arte collettiva che fa rinascere la periferia catanese
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Catania - «Cari bambini dovete avere nelle mani due armi, da un lato i libri e nell’altra i sogni, dovete sognare sempre e usare la conoscenza come libertà. […] La vera bellezza è la gente di Librino, l’opera d’arte non sono le opere artistiche realizzate dai professionisti con grande cuore e impegno, siete voi che avete condiviso questo processo. A Librino abbiamo superato tante prove, anni di lavoro, sacrifici, Covid, la solitudine del fare».
«Quando noi siciliani decidiamo di fare il fatto non è facile, ma il valore del fare restituisce episodi di bellezza con onestà, coerenza. Mi permetto di parlare così perché dopo tutti questi anni sono l’onestà, la follia, la coerenza e l’innocenza ad averci guidato. […] Librino è la porta della Sicilia, in questi anni non siamo mai stati contro nessuno, qui si è affermato il bene, il bene siamo noi, è una virtù e noi ci nutriamo di questo».
Non so quante volte mi sono commossa ad ascoltare Antonio Presti, proprio lì sotto al piccolo palchetto adibito per dare voce alle poche istituzioni superstiti di una città senza guida, per l’inaugurazione della “sua” ultima opera realizzata a Librino – la Porta della Farfalle – venerdì 14 aprile. Insieme a Marcello Bellomo, tra i fondatori di Sicilia che Cambia, rimango colpita dalla magia che quest’uomo è riuscito a sprigionare a Librino. Siamo circondati da bambini, ragazzi, insegnanti, residenti del quartiere e affolliamo la lunga arteria stradale su cui corre il cavalcavia trasformato in opera d’arte.
Larghe strade e isole alberate. Scuole, chiese, luoghi di ritrovo. Sulla carta e nei progetti degli anni ’70, Librino, quartiere periferico della città di Catania, doveva essere una vera Eutopia. Progettato dall’architetto giapponese Kenzo Tange proprio per rispondere a quella spinta di internazionalizzazione tipica di quegli anni, il quartiere era stato concepito per essere una vera e propria città satellite, autonoma e metropolitana.
Il progetto prevedeva anche un grande centro polifunzionale dotato di teatro, pala congressi e un museo, circondato da piste verdi per le passeggiate a piedi e in bici e un enorme parco urbano, attrezzato di impianti sportivi, strutture per il tempo libero e persino un lago artificiale per gli sport acquatici. Cosa ne è stato di quel progetto purtroppo lo sanno tutti. Agli edifici costruiti dalle cooperative nel rispetto delle idee del progettista fanno da contraltare i palazzoni alti e anonimi, spesso in totale stato di abbandono, nonché case costruite abusivamente o immobili occupati da chi non ne ha diritto. Luoghi spesso diventati ricettacolo di spazzatura, malaffare e criminalità.
È proprio qui che Antonio Presti dal 2000 ha deciso di spargere semi di speranza a partire dalle generazioni più giovani. Lo ha fatto prima con la Porta delle Bellezza e adesso con la Porta delle Farfalle. Sommandole si arriva a oltre un chilometro e mezzo: un’opera in terracotta per valorizzare il percorso maieutico e spirituale iniziato nelle scuole di Librino che perdura nel tempo e restituisce futuro.
Per l’inaugurazione della Porta delle Farfalle sono presenti circa 15.000 gli abitanti del quartiere, tra scuole, mamme e bambini/e; 5.000 gli studenti dei licei artistici della Sicilia; 30 tra artisti e architetti che hanno lavorato insieme all’opera collettiva in terracotta più grande del mondo: 50 sculture in bassorilievo e 50.000 pezzi di argilla. Un’opera che ha rotto pregiudizi e isolamento a colpi di arte, bellezza e cuore. Un muro anonimo di cemento che oggi è diventato una porta blu come il cielo.
Percorrendola ci si imbatte nei miti e nelle leggende della Sicilia e non solo – da Colapesce ad Adranos, Ulisse, Tiresia e poi ancora i simboli di una civiltà moderna che sta abbandonando i libri, i simboli di Catania, Sant’Agata, Vincenzo Bellini e l’elefante e ancora Turi, il cane buono del quartiere che staziona al bar Eden, per citarne alcuni – ma soprattutto ci si imbatte nel cuore della gente di Librino, che in essa trova il valore della condivisione, della collaborazione e del lavoro e si riconosce negli ideali a cui è ispirata: operosità, dedizione, cura, fede, impegno, opportunità di riscatto e voglia di cambiamento, un mondo solidale e giusto costruttore di pace e bellezza.
Me lo raccontano anche le due mamme, Jessica e Katia, che sprizzano gioia e gratitudine da tutti i pori per l’esperienza vissuta. «Le mamme mi parlavano sempre di Antonio. Quando ha creato la prima porta io ero ancora piccola. Finalmente ho potuto conoscerlo e partecipare a questa sua chiamata, ha portato luce in un quartiere buio senza chiedere nulla in cambio se non la nostra partecipazione. Il quartiere ha colto questo sua voglia di collaborare tutti insieme, di essere una squadra per creare qualcosa che rimarrà a noi per sempre e che dobbiamo custodire. Finalmente siamo protagonisti in senso bello e questa cosa mi fa sentire in pace dopo tante guerre e critiche verso Librino», racconta Jessica.
Della stessa idea è Katia, che insieme ai suoi figli ha contribuito alla realizzazione della Porta delle Farfalle. «Non smetterò mai di ringraziare Antonio per ciò che ha portato a Librino. Ha creato una grande famiglia, ha riunito i condomini, ha permesso di conoscerci, condividere e passare del tempo insieme anche in laboratorio a creare le varie parti della porta. Tutto questo mi fa vedere Librino con occhi diversi. Guardo la porta come quella luce che ci porterà a farci conoscere diversamente nel mondo. Non si viene più a Librino solo per cercare lo spacciatore, ma per vedere il museo a cielo aperto».
E a proposito di condomini ne sa qualcosa Paolo Romania, abitante di Librino e storica spalla destra di Antonio Presti dal 2005 a oggi, che per coinvolgere gli adulti ha creato dei veri e propri laboratori all’interno dei palazzi. «Gli amministratori ci hanno dato l’autorizzazione e la sera andavamo nei vari condomini con i tavoli da campeggio, l’argilla e gli strumenti per lavorarla. Anche le nonne hanno preso parte a questi momenti. In questi anni Librino è cambiata molto. Io vivo qui dagli anni ‘80, mi accorgo di una diversa disponibilità, della voglia e di un coinvolgimento diventato sempre più contagioso. Se c’è una Porta delle Farfalle è perché ci sono la disponibilità e la condivisione di tutti», commenta Paolo.
Questo non è un progetto artistico, è l’impegno di una vita, di momenti, emozioni e paure da condividere. E di fronte a questo vortice di emozioni, sorrisi, fatiche, abbracci e soddisfazioni mi sento partecipe di questa immensa gioia che brulica nell’aria e penso che davvero tutto è realizzabile. «A volte nella vita quando facciamo qualcosa ci sembra non avere molta importanza, ma è nel piccolo che c’è il grande, nell’umiltà che c’è la bellezza. Il piccolo pezzo di terracotta che avete fatto oggi ha contribuito a realizzare un’opera monumentale, la più grande al livello mondiale. E se colleghiamo gli occhi al cuore saremo in grado di vedere anche l’invisibile».
Con queste parole Antonio Presti, rivolgendosi soprattutto ai bambini del quartiere, ha concluso l’inaugurazione della Porta delle Farfalle. Un messaggio di fiducia alle nuove generazioni, un elogio alla cultura che rende liberi e non schiavi, un invito a non rimanere “bruchi” ma a volare in alto con i pensieri e le idee, proprio come le farfalle. E sempre a loro, grazie a un’idea dello stesso Antonio, sono stati donati dalle librerie e dagli editori catanesi un migliaio di libri per avere i giusti strumenti per affrontare il mondo, coltivare i sogni e nutrire l’anima.
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