28 Apr 2023

Maldusa, volontari e volontarie in campo per il diritto al movimento e solidarietà ai migranti

Scritto da: Salvina Elisa Cutuli

Da circa un anno è nata l’associazione Maldusa che, con le due stazioni a Palermo e Lampedusa, porta avanti un lavoro di ricerca critica e facilita l’incontro tra realtà locali e transnazionali per una contro-narrativa sui temi delle migrazioni che possa contrastare l’isolamento, la violenza di confine, le deportazioni e l’autorganizzazione dei migranti.

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Palermo - «C’è anche il fattore attrattivo di un’opinione pubblica che annovera l’accettazione di questo fenomeno. […] Io e Meloni stiamo facendo capire loro che l’unico modo per limitare i movimenti secondari è bloccare gli sbarchi. Noi non ci rassegneremo a che ciò avvenga nei termini e nei numeri con cui sta accadendo». Sono le parole del ministro dell’interno, Matteo Piantedosi, per spiegare il flusso continuo di migranti verso l’Italia.

Dichiarazioni che, insieme a molte altre di esponenti di questo Governo, testimoniano come la narrativa sul tema migrazione sia spesso strumentalizzata e diffusa con aspetti e criticità che non sempre corrispondono alla realtà. E proprio per contribuire a una contro-narrativa con l’obiettivo di diffondere una sensibilizzazione sul tema grazie anche alla raccolta di informazioni provenienti da più fronti – mare, segnalazioni aeree, movimenti a terra, sbarco – che da circa un anno è nata l’ associazione Maldusa.

Il nome deriva da uno spiacevole aneddoto: tempo fa un barchino in difficoltà chiese aiuto a Watch the Med – Alarm Phone dicendo di essere diretto a Maldusa. Malta? Lampedusa? Una risposta che non è mai arrivata. Da qui l’idea di un luogo immaginario, una destinazione di speranza e libertà, quello spazio che ogni giorno in tanti cercano di costruire e di rendere reale attraverso le lotte di coloro che attraversano e sfidano le frontiere d’Europa. 

maldusa

«Noi cerchiamo di implementare e interagire con le infrastrutture già esistenti che si occupano di diritto al movimento e solidarietà dei migranti, anche attraverso la raccolta di informazioni con un monitoraggio continuo e attento su Lampedusa in cui siamo presenti dallo scorso maggio, per restituire una visione diversa della migrazione», racconta Francesca, una delle attiviste.

Stare sull’isola ha permesso al gruppo di Maldusa di comprendere cosa si è sgretolato nel corso di questi anni, come mai le associazioni autonome e autogestite sono scomparse, quali sono le difficoltà sul molo, al momento dello sbarco, nell’hotspot. «Lampedusa è un posto con ferite profonde, spettacolarizzato, usato come palcoscenico politico. Vive uno stato di abbandono, sull’isola non c’è tutela nei confronti del bene ambientale. È stato un porto di grande accoglienza all’inizio, poi per volontà politica è stata immunizzata alla presenza dei migranti».

«Non esiste infatti nessun contatto tra gli abitanti locali e i migranti. Lampedusa ha vissuto la migrazione come un’arma a doppio taglio. Un luogo di accoglienza, poi criminalizzato e colpevolizzato di connivenza e favoreggiamento alla clandestinità. Oggi si parla di Lampedusa perché o si arriva sull’isola o si muore», continua l’attivista.

Con la guerra in Ucraina abbiamo visto che ci sono migranti di serie A e serie B

Dal 13 aprile Maldusa ha una sede anche a Palermo, una stazione che mette in connessione una moltitudine di realtà locali e Ong quotidianamente impegnate nell’attivismo, nella solidarietà dei migranti, insieme alle comunità migranti dei senegalesi, gambiani e dei baye fall. Un coworking, uno spazio associativo che offre tutti i tipi di servizi e possibilità nell’ambito dell’associazionismo in pieno centro a Palermo. 

Attiviste e attivisti che donano il proprio tempo e il proprio impegno senza avere nulla in cambio, animati solo dal desiderio di dare visibilità a ciò che accade nel Mar Mediterraneo e che molto spesso resta invisibile ai più, cancellando e seppellendo vite, sogni, speranze e desideri di una vita migliore. 

Solo i coordinatori che gestiscono la Palermo Station – un ruolo a rotazione – ricevono un compenso economico. Non ci sono poltrone fisse e l’idea è di apportare punti di vista sempre diversi nella gestione di un tema così complesso. Anche chi si reca a Lampedusa lo fa in modo volontario e autonomo senza chiedere nulla in cambio. Maldusa è costituito da un gruppo di persone che preferiscono mantenere l’anonimato per dare risalto al processo collettivo e corale del cammino che stanno compiendo da un anno a questa parte. 

maldusa

«Palermo non è più porto di sbarco da diversi anni per politiche commerciali ben precise, ma ha sempre mostrato una solidarietà molto forte nei confronti del tema della migrazione. In questo momento la politica attuale ha appiattito la lotta tra i poveri con i circa 400 sfratti in atto a suon di manganelli. Un’emergenza abitativa in cui coloro che non hanno più un luogo dove stare vivono le stesse condizioni di chi non ha un permesso di soggiorno e quindi nessun accesso a molti servizi e diritti», continua Francesca. 

Dal suo punto di vista l’indice dell’odio si sta alzando a seguito di una disinformazione che racconta di invasioni difficili da gestire e che manca di sottolineare che l’Italia è destinazione di transito e non di sosta. Non un’emergenza, ma una condizione condivisa di cui si conoscono bene i dati e i flussi. «Noi sappiamo cosa aspettarci ogni mese, lo sa anche il Governo, i flussi sono chiari e prevedibili. Mantenere in parte questo status quo ha un suo motivo. Ci sono tanti interessi di natura economica: l’Africa vuol dire petrolio, cobalto, industrie, lavoro sottopagato. Questa è la mia chiave di lettura. Con la guerra in Ucraina abbiamo visto che ci sono migranti di serie A e serie B».

«Purtroppo il diritto al movimento non è imputabile né alla destra né alla sinistra, l’aggravante di questo Governo è di aver dato vita a un decreto che spezza le gambe a qualsiasi possibilità: percorso in mare, sbarco, richieste di soggiorno. Vogliono eliminare la protezione speciale per i migranti perché secondo Meloni si tratta di una protezione ulteriore rispetto a quello che accade nel resto d’Europa. Questo è davvero un durissimo colpo», conclude Francesca. 

maldusa

«La disperazione non giustifica i viaggi», commentò Piantedosi all’indomani della strage di Cutro. Ne siamo davvero certi? Chi legge o ascolta da casa le notizie di queste vite spezzate ha mai provato a immedesimarsi nella disperazione di chi è disposto ad affrontare viaggi che potrebbero non avere buon esito? Cosa faremmo al loro posto? I motivi che spingono migliaia, milioni, di persone a muoversi sono davvero parecchi.

Motivi politici, civili e ormai sempre più spesso climatici. Secondo il Global Internal Displacement Database solo nel 2020 sono stati 30,7 milioni i rifugiati climatici che hanno abbandonato le loro case a causa di disastri naturali. Nel 2050, a seconda del grado di catastrofismo delle stime, potrebbero essere diverse centinaia di milioni quelle che volontariamente o forzatamente migreranno per motivi legati all’ambiente.

Potrebbe succedere anche a noi di trovarci tra coloro che sono costretti a cambiare completamente la propria esistenza spostandosi altrove. Si tratta di fenomeni complessi e proprio per questo trovare una risoluzione non sempre è facile. Il progetto Maldusa nasce proprio per spezzare la retorica della migrazione, per concentrarsi sul concetto di diritto al movimento, per rompere l’isolamento anche attraverso una prospettiva anticoloniale e intersezionale mettendo al centro le voci, le esperienze e le competenze e promuovere la creazione di ponti e collaborazioni tra il Nord e il Sud del Mediterraneo, da sempre crocevia di popoli e culture da cui anche noi abbiamo origine.

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