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Campania - Non è ancora stata pronunciata la parola fine in merito all’estenuante percorso giudiziario e politico in cui il GRIDAS è stato risucchiato con una sentenza datata marzo 2022. Ma un piccolo passo avanti è stato fatto: «All’udienza d’appello del 7 febbraio scorso è stato accettato il ricorso che abbiamo presentato e accordata la sospensiva alla sentenza di primo grado», mi spiega Martina Pignataro, una delle anime più attive dell’associazione di Scampia.
Il prossimo appuntamento è previsto per il 5 marzo 2024, data in cui è stata fissata l’udienza definitiva che dovrebbe chiudere, in un senso o nell’altro, questa vicenda con risvolti paradossali. “Noi chiediamo che il bisogno di trasformare le periferie della nostra città passi per atti concreti come questo. Chiediamo che il Comune di Napoli, la Regione Campania e l’ACER trovino rapidamente un accordo che riconosca di fatto il valore del GRIDAS e della sua esperienza, oltre ogni retorica, oltre ogni burocrazia”, scriveva lo staff del GRIDAS nel 2020 rivolgendosi agli attori coinvolti.
A riprendere il 14 aprile sarà lo storico cineforum, sospeso negli ultimi mesi per non creare situazioni di conflitto con il percorso giudiziario in atto e lanciato nell’ormai lontano 2003 dal fondatore del GRIDAS Felice Pignataro con Emanuele Vernillo. A proposito di Felice, Martina ricorda anche che «abbiamo lanciato, proprio in concomitanza con il processo d’appello del 7 febbraio, la coproduzione popolare per ristampare il libro sui carnevali del GRIDAS di Felice Pignataro, in versione aggiornata».
E proprio il progetto di coproduzione popolare è centrale per il panorama di Scampia, tant’è che il GRIDAS ne ha fatto un vero modus operandi: «Fare coproduzione popolare per noi significa soprattutto fare rete e non solo raccogliere soldi per le pubblicazioni. Supportiamo le produzioni indipendenti in particolare di film, che poi proiettiamo in occasione delle serate di cineforum invitando i protagonisti e stringendo così legami sempre nuovi, sia su Napoli che in tutta Italia e all’estero», sottolinea Martina.
Uno di essi è I miei sette padri, il documentario che Lavinia Davì ha realizzato per raccontare la vita dei fratelli Cervi, il cui protagonista è proprio Adelmo, figlio Aldo, uno dei sette. «Molti dei film che proiettiamo sono quelli che sosteniamo su Produzioni dal Basso. Altri film li prendiamo da openDDB, con cui collaboriamo da quando la piattaforma è nata, nel 2013. Con loro c’è un’azione continua di passaggio reciproco di informazioni per accrescere le reti sociali».
“Il coproduttore ha un ruolo cruciale nell’intero processo – viene sottolineato nel testo di presentazione della campagna di crowdfunding del documentario –, rendendo possibile un nuovo modo di fare cinema indipendente e, nel nostro caso, di fare memoria, mettendo in primo piano temi importanti che spesso faticano a ricevere l’attenzione che meritano perché restano ai margini del discorso pubblico, e permettendo di realizzare opere che sfuggono sia alle classificazioni di genere che alle logiche della produzione industriale”.
I miei sette padri è stato coprodotto anche per promuovere il progetto di riqualificazione di via fratelli Cervi, progettata insieme alle altre realtà della rete Pangea – una rete informale tra scuole, associazioni e cittadini attivi che si prende cura del proprio quartiere – e in programma per sabato 22 aprile. «Abbiamo recentemente stabilito un programma che verrà aperto con la pulizia della targa della strada, imbrattata dal tempo», spiega Martina.
La giornata di sabato 22 proseguirà con la piantumazione di sette olmi. «Gianni Rodari aveva paragonato i fratelli Cervi a piante di olmo e dedicò loro la poesia “Compagni Fratelli Cervi”. Per celebrarli metteremo a dimora gli olmi e installeremo un pannello con il testo della poesia. Inoltre verranno realizzati dei murales con i nomi dei sette fratelli». L’iniziativa si inserisce in un progetto di rete più ampio che prevede la riqualificazione dell’intera strada, che è partita dalla realizzazione dal basso del Giardino dei cinque continenti e della nonviolenza in uno spazio di 400 metri quadri prima abbandonato e degradato.
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