17 Apr 2023

Dolci Acque: ambizioni artistiche e disparità sociali in riva al lago di Garda

Scritto da: Davide Artusi

È possibile fare della propria passione un lavoro? Perché sempre più giovani sono attratti dal mondo del cinema? Com’è la situazione lavorativa in Italia nel settore dell’audiovisivo? A queste e altre domande cercheranno di dare una risposta Luca e Ruben, il primo regista e il secondo sceneggiatore, alle prese con la preproduzione del loro ultimo cortometraggio: Dolci Acque.

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Brescia, Lombardia - Sono sempre più i giovani e i giovanissimi che decidono di abbandonare il nido familiare, e magari anche un lavoro sicuro, per imboccare una strada più impervia e con meno certezze, come quella dell’arte e in particolare del mondo del cinema. In Italia fare dell’audiovisivo il proprio lavoro a tempo pieno non è semplice: c’è una forte competizione – in molti hanno lo stesso sogno – e per giunta si tratta di un mestiere relativamente nuovo e in via di sviluppo. Ma pesa anche l’assenza di una regolamentazione nella retribuzione del lavoro, che porta ad addetti del settore molto ben pagati e ad altri sfruttati.

Si tratta di ostacoli che tuttavia non sembrano scoraggiare tutti questi ragazzi che lasciano tutto per inseguire un sogno. La scelta più comune è quella di frequentare università e accademie che possono offrire, oltre che un’infarinatura, delle conoscenze pratiche e teoriche per specializzarsi in uno dei vari settori del mondo dell’audiovisivo, come la ripresa, il suono o il montaggio video. Una volta ottenute le conoscenze e i contatti che una scuola può offrire, alcuni riescono a trovare un impiego in qualche agenzia o azienda, altri optano per la strada del freelance e altri ancora danno vita a collettivi e iniziano a realizzare progetti più o meno lunghi.

Luca Grazioli e Ruben Rossi fanno parte di questo gruppo di giovani sognatori: dopo aver frequentato un’accademia di cinema a Milano hanno deciso di unire le forze e di dedicarsi alla creazione di progetti personali, grazie all’aiuto di addetti del settore e a finanziamenti esterni. In questo momento sono alle prese con la preproduzione del loro nuovo cortometraggio, Dolci Acque, a cui si sta dedicando il collettivo di giovani SeiOttavi, fondato dallo stesso Luca e formato da ragazzi mossi dalla medesima passione per il cinema.

Dolci Acque
Luca Grazioli e Ruben Rossi
Chi siete e chi fa parte del team di Dolci Acque?

Siamo Luca Grazioli, regista, e Ruben Rossi, sceneggiatore. Vari sono i collaboratori che lavorano a Dolci Acque insieme a noi: Ilaria Marchetti e Corinna Baldini sono le nostre produttrici, Davide Bianco è il direttore della fotografia, Simone Brassini è il montatore e infine la costumista è Rosa Rossitti. Siamo tutti giovanissimi, tra i 22 e i 28 anni, usciti da diverse università di cinema e design, quali ad esempio la Civica e il Politecnico di Milano. Tra di noi c’è già chi lavora in questo settore come freelance e chi ha scelto il percorso del master per approfondire ulteriormente alcuni campi specifici.

Che cos’è Dolci Acque?

Dolci Acque è il nostro nuovo cortometraggio, attualmente in preproduzione con il supporto di Albatros Film e OkiDoki Film, due case di produzione di Brescia e Bergamo. La storia è ambientata nel 1981 sulle sponde del lago di Garda e ha per protagonisti Renzo e Monica, due giovani innamorati nella loro ultima estate insieme prima dell’inizio dell’università.

Le tematiche principali sono il passaggio dall’adolescenza all’età adulta e le disparità sociali che emergeranno dal confronto tra i due protagonisti: la prima alto-borghese mentre il secondo un comune ragazzo di provincia. Entrambi hanno ambizioni artistiche: Monica vorrebbe diventare attrice mentre Renzo fotografo. Le loro differenze sociali condurranno a degli inevitabili conflitti che culmineranno in un’ultima notte di litigio in riva al lago.

La location che abbiamo scelto è Villa La Scala, costruita dal 1956 al 1958 su progetto di Vittoriano Viganò per l’artista francese André Bloc. La villa è il terzo protagonista della storia, per Renzo è sia respingente sia affascinante, una specie di simbolo di tutto quello che lui vorrebbe essere e ottenere ma che forse non riuscirà mai a raggiungere. Gli spazi avanguardisti della villa, eleganti ma in un certo senso anche duri, esposti su una splendida vista del lago, ci sembravano la giusta metafora per i sentimenti contradditori del ragazzo. 

Dolci Acque 2
Come avete trovato i finanziamenti per la produzione di Dolci Acque?

Molti dei finanziamenti in realtà li stiamo ancora cercando. Abbiamo il sostegno delle due case di produzione citate poco fa e il supporto di due enti distributivi: Pathos Distribution, per il percorso festivaliero, e WeShort, per la distribuzione streaming. Questo però, non basta ci servono altri fondi per poter chiudere il budget che avevamo stimato e riuscire a far partire il progetto.

Va detto che siamo riusciti a entrare in contatto con diverse realtà, limitrofe (dalle parti del Garda) e non, che sposano un’estetica simile a quella di Dolci Acque e che si sono dimostrate interessate a collaborazioni economiche. Sotto questo aspetto siamo rimasti molto sorpresi perché tanti brand e aziende ci hanno dimostrato piena fiducia e sostegno. Si sono innamorati della storia che vorremmo raccontare e hanno deciso di investire in un progetto giovane e sincero.

Abbiamo scelto – ma è stata anche una necessità, per tanti versi – di aprire una raccolta fondi su Kickstarter per poter chiudere il cerchio dei finanziamenti. Siamo rimasti abbastanza meravigliati dal fatto che in pochissimi giorni siamo riusciti a raggiungere una cifra considerevole. Il crowdfunding si chiuderà il 18 aprile e per chi fosse interessato a scoprire di più sul progetto abbiamo preparato un video di tre minuti, che aiuta a chiarire quali sono i punti chiave del nostro racconto.

Queste iniziative che abbiamo appena elencato sono in realtà un modo piuttosto nuovo per finanziare un progetto di questo genere. Normalmente ci si rivolge al Mibact – cosa che tenteremo di fare, senza aspettative però – e a dei fondi privati. I cortometraggi non guadagnano perché non vanno al cinema e quindi spesso il pubblico è estremamente ridotto rispetto a un vero film, cioè a un lungometraggio. Per noi è importante portare alla luce questo progetto e dimostrare, in primo luogo a noi stessi, quanto in là siamo capaci di spingerci con i nostri mezzi. Il passo successivo, se Dolci Acque andrà bene, sarà sicuramente un lungometraggio!

Cos’è SeiOttavi e perché lo avete fondato?

SeiOttavi è un collettivo nato nel 2021 per la realizzazione del nostro primo cortometraggio, “Donne senza uomini”, realizzato con molti meno fondi e durante il periodo di pandemia. Non abbiamo un gruppo WhatsApp chiamato SeiOttavi e un ritrovo mensile. È semplicemente un cartonato, come quelli che utilizza Willy il coyote con Beep Beep, dove dietro in realtà non vi è praticamente nessuno. Ma non è un fatto negativo dal mio punto di vista.

Siamo organizzati in modo diverso e il legame che abbiamo con tutte le persone che vi lavorano passa ben sopra al “cartonato” SeiOttavi. Ci sentiamo, ci organizziamo, collaboriamo a numerosi progetti, sempre legati da una passione comune, per poi firmare collettivamente questi sforzi sotto il nome di SeiOttavi. Si potrebbe dire che più di ogni altra cosa è proprio questo sforzo collettivo a dare significato a questo “cartonato”, pieno però di passione.

Luca, com’è a Milano, o più in generale in Italia, la situazione lavoro nell’audiovisivo per i giovani?

Per la mia esperienza posso parlarti solo di Milano, perché qui ho studiato e qui ora lavoro. Io mi sono sempre trovato bene: prima ancora di finire la Civica Scuola di Cinema ho iniziato a lavorare con diverse realtà che mi hanno subito portato a un livello di esperienza diverso da quello scolastico. Il mio percorso si snoda tra la regia, il montaggio e il multimediale. Sono stati fondamentali gli incontri con Vinicio Bordin e lo studio Karmachina e poi con Rino Stefano Tagliafierro, mio grande maestro e guru. Mi è stata data fin da subito fiducia e possibilità lavorative coraggiose da affidare a un giovanissimo che ancora stava studiando. Tutt’ora collaboro con loro e con altri studi di comunicazione.

Per rispondere quindi alla domanda, il lavoro per i giovani a Milano c’è. Il vero problema è che serve come in tutti i casi fortuna: essere al posto giusto nel momento giusto. Se io ho trovato subito un posto accogliente e che valorizza le mie competenze sia a livello artistico che economico, molti altri miei compagni hanno avuto diverse difficoltà. Spesso di questo ne parlo e sempre di più mi sento una voce fuori dal coro, perché la mia parabola non è la stessa che molti altri amici mi raccontano. Tolto il mio caso e qualche altro, la situazione nell’audiovisivo per i giovani è secondo me per lo più disastrosa. I grandi studi obbligano i ragazzi ad aprire partita IVA per lavorare con loro oppure propongono contratti a bassissima retribuzione per un carico di lavoro eccessivo.

Le tematiche principali di Dolci Acque sono il passaggio dall’adolescenza all’età adulta e le disparità sociali che emergeranno dal confronto tra i due protagonisti

Per quanto riguarda il lato artistico, ho avuto delle pessime esperienze nel mondo della post produzione, in particolare per progetti pubblicitari, per la fretta che alcuni clienti imponevano all’intera produzione. Se qualcun altro avesse montato lo stesso progetto al mio posto non sarebbe cambiato poi tanto, perché a forza di re-work, pressione per le consegne e continui cambi di idee, non sento di aver mai portato davvero la mia visione artistica a questi progetti. Ed è per questo motivo che ora ho imparato a dire sempre più “no” a lavori che prima mi sembravano interessanti, ma purtroppo solo sulla carta. Ora mi piacerebbe dedicare il mio tempo a fare “cinema” e progetti che mi fanno stare bene con le persone che mi fanno sentire bene.

Perché ti senti così attratto dal mondo dell’audiovisivo e perché in sempre più lasciano il lavoro sicuro per inseguire questo sogno?

«Come hai capito che era questa la tua strada?», mi ha domandato giusto ieri un caro amico che non vedevo da molto. La verità è che non l’ho mai capito. Ogni volta che guardavo un film che mi lasciava senza fiato avevo sempre due pensieri opposti in testa: il primo, un totale sconforto – la paura di non riuscire a realizzare un’opera simile, a portare così tante emozioni nel cuore anche di un solo spettatore – e il secondo, un’infinita ammirazione nei confronti del regista e di conseguenza un’irrefrenabile voglia di imitarlo. Da queste due emozioni sono partito e ho continuato a picchiare duro la testa contro tutte le porte che mi hanno chiuso in faccia. E se tante sono riuscito ad aprirle, ancora più sono quelle rimaste chiuse, ma continuo per la mia strada senza farmi scoraggiare.

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