AfriSicilia, nasce a Catania la cooperativa agricola gestita dai migranti contro il caporalato
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Catania - «Il lavoro nei campi è duro ma io ho sempre amato la terra perché anche mio padre la lavorava in Casamance. Avere ora la possibilità di coltivare i nostri ortaggi, curarli, farli crescere e venderli come fonte di guadagno è davvero meraviglioso. Avere un lavoro riconosciuto e non irregolare è meraviglioso». Gli occhi neri di Diao Diallo, presidente della neonata cooperativa catanese AfriSicilia, si illuminano quando parla di questa nuova avventura.
Diao Diallo, 23 anni, originario del Senegal, in Sicilia da cinque anni, è uno dei protagonisti di questa storia di cambiamento e di affrancamento dal caporalato e dal lavoro nero. Uno dei giovani che, insieme ad altri soci originari di Senegal, Nigeria e Gambia ha appena costituito la cooperativa AfriSicilia nell’ambito del progetto P.I.U. Su.Pr.Eme. (Percorsi Individualizzati di Uscita dallo Sfruttamento), cofinanziato dal ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dall’Unione Europea, PON Inclusione Fondo Sociale Europeo 2014-2020.
LA NASCITA DELLA COOPERATIVA AFRISICILIA
L’iniziativa nata sotto il vulcano può essere un vero e proprio modello di affrancamento e per contrastare il lavoro nero e la discriminazione, un humus sul quale attecchiscono varie forme di sfruttamento dei lavoratori non solo in Sicilia. Nel 2021, dopo l’emanazione della legge 199/2016 contro il caporalato, erano 260 le inchieste giudiziarie aperte dalle procure italiane.
Oggi cresce l’impulso dei migranti di lavorare in proprio per salvaguardare la situazione occupazionale e creare valore nel territorio che li ospita è in forte crescita – un po’ come la storia di Barconi. Tanto che a fine 2020 le imprese gestite da lavoratori di origine straniera – vi abbiamo anche raccontato la storia della Sartoria Kanò – in Italia hanno raggiunto quota 631.157, con un incremento del 2,5%.
«Lavoravo a Grammichele ed era tutto molto complicato perché non avevo contratto e questo non mi dava la possibilità di progettare nulla. Oggi sono orgoglioso. E lo sono anche perché i miei colleghi hanno scelto me come presidente. Anche se tutti noi siamo consapevoli che è l’unione che fa la forza», sottolinea Diao, il cui desiderio è costruirsi una sicurezza economica che gli permetta di progettare un futuro sereno e che spera anche un giorno di portare il know how acquisito nella coltivazione di ortaggi e verdure anche nel suo Paese.
AFRISICILIA E IL PERCORSO FORMATIVO DEI MIGRANTI
Il progetto finanziato dall’Ufficio Speciale Immigrazione dell’assessorato regionale al Lavoro e alla Famiglia genera contemporaneamente imprenditorialità, accoglienza e inclusione socio-lavorativa di persone provenienti da paesi in via di sviluppo. Afrisicilia in particolare nasce da un percorso formativo ancora in corso iniziato a marzo del 2022, durante il quale i migranti hanno acquisito non solo le tecniche agrarie ma anche nuove consapevolezze sui diritti del lavoro, sulle normative del settore ortofrutticolo, nonché sulla gestione dei budget che devono amministrare.
La social farm di cui si occupa AfriSicilia si sviluppa in mezzo ettaro di orto tra il litorale della Playa e la zona industriale di Catania. Inoltre c’è in progetto di recuperate le serre, che al momento versano in stato di abbandono, dove saranno seminate nuove coltivazioni. Si tratta di un terreno dell’Istituto tecnico agrario Eredia di Catania dove i campi sono già coltivati e prossimamente sono previsti i raccolti di lattughe, broccoli, sedano, cavoli, piselli, fave, patate che, attraverso una collaborazione con Coldiretti, saranno commercializzati nei mercatini di Campagna Amica.
CON AFRISICILIA, I MIGRANTI DIVENTANO RESPONSABILI DEL LORO FUTURO LAVORATIVO
«Quello della costituzione di Afrisicilia – dice Francesco Cauchi, coordinatore dell’iniziativa – è stato un momento formale, molto toccante. I migranti sono diventati proprietari e responsabili di una nuova attività imprenditoriale, hanno realizzato un sogno. La cooperativa ora andrà in positivo con la commercializzazione degli ortaggi. Inoltre, il progetto non avrà una fine e rappresenta l’inizio di molte altre opportunità di accoglienza a Catania. Questo luogo, infatti, può diventare un punto di riferimento e accogliere altri migranti con regolare permesso di soggiorno motivati a far nascere altre imprese sociali in co-housing e co-produzione».
In ogni fase dell’impresa è stato determinante il ruolo del Cpia – Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti – Catania 2, capofila del progetto da dove si sottolinea come il caporalato sia una piaga da risanare nella società e che riguarda tutti. Questa prima esperienza di autoimprenditorialità – dicono – ha liberato i migranti coinvolti da una condizione di sfruttamento. «Per riscattarsi hanno costituito una nuova cooperativa e con il supporto delle varie istituzioni hanno affrontato e superato le complessità economiche, amministrative e legali. Adesso hanno una loro posizione lavorativa autonoma, professionale e soprattutto legale ma non saranno lasciati soli».
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