Zucche, musica e arte: qual è il ruolo della cultura nelle aree interne?
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Savona - La storia dell’umanità è legata e collegata alla coltivazione della zucca: non solo come fonte di nutrimento, ma soprattutto come alleata, come contenitore dove poter trasportare acqua e alimenti vari, per le sue proprietà termiche e il suo peso leggero. Ma non solo: una volta essiccata basta svuotarla e si scopre che produce suoni, musica. Dall’ipu heke hawaiano al beerimbao brasiliano, dal sitar indiano alle forme di chitarre e violini che ne ricordano le linee: sono molti gli esempi in giro per il mondo di come questa pianta sia stata utilizzata in diverse epoche per fini creativi.
E da qui inizia la ricerca di Artigiano del suono di Cristina Bolla e Danilo Raimondo: due artisti ricercatori che hanno deciso molti anni fa di approfondire tramite opere d’arte e creazione di strumenti musicali antichi le mille sfaccettature e utilizzi della zucca, diffondendo poi tali scoperte e conoscenze tramite laboratori musicali didattici, concerti, mostre e percorsi culturali. Ma non solo: attraverso la Cucurbita Sapiens Orchestra, vengono portati su palcoscenici in giro per l’Italia gli strumenti da loro creati con le zucche che coltivano.
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Volendo approfondire il ruolo dell’arte e della cultura nelle aree interne di confine, in particolare nell’amata Val Pennavaire, contatto Cristina e la vado a incontrare a Castelbianco, dove vive e lavora. Parcheggio l’auto vicino alla chiesa di Veravo, la frazione in cui vivono, e mi avvio a piedi per la via pedonale alla ricerca dell’abitazione. Le case in pietra, il verde sovrano e il silenzio che qui si assapora mettono a tacere la mente. Il tempo si ferma confuso: passato, presente e futuro si accavallano in queste vie. Arrivo da Cristina: sguardo vivo, viso tondo e aura da artista e ricercatrice. Mi accoglie nel loro atelier.
Una prima stanza dal basso soffitto accoglie la parte laboratoriale, con tavoli al centro della stanza, dipinti di bambini ai muri e opere in cartapesta, terracotta e zucca tutt’intorno. Passando poi sotto un piccolo arco accedo a tre sale: due museali dove sono esposte tutte le creazioni artistiche realizzate da Danilo e Cristina e una sala laboratoriale musicale.
Sono i dettagli e la passione che traspaiono dalle parole di Cristina che rendono immediatamente questo luogo unico e inclassificabile rispetto a ciò che ho già visto e conosciuto fino ad ora. E così passeggiando tra le sale inizio a porre qualche domanda a Cristina, la quale disinvolta e felice di poter condividere questo suo mondo con me mi risponde sicura e sorridente.
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Raccontaci di voi: da dove nasce la vostra arte?
Io abitavo a Varazze e Danilo ad Albenga e nel 2001 abbiamo trovato casa qui: cercavamo un’abitazione grande che potesse ospitare il nostro laboratorio, ma che avesse anche terreni da coltivare e qui è perfetto perché costava poco e c’era spazio a volontà. Fino a quel momento avevo fatto un po’ di tutto, con la passione per l’arte mai abbandonata. Avevo aperto insieme a una cugina una bottega artigianale, ma i costi fissi ci hanno costrette a chiudere. Anche Danilo ha sperimentato molte cose prima di conoscerci e riproduceva già strumenti musicali scoperti nei suoi viaggi in giro per il mondo, tra cui la calippa, uno strumento africano ricavato dalla zucca.
Insieme a Danilo avete approfondito molto il ruolo della zucca, in particolare della lagenaria. Parlaci delle vostre scoperte.
La zucca è una delle piante più antiche ad essere coltivate, in particolare la lagenaria, che è il primo contenitore tradizionale usato in tutto il mondo: dall’Africa al sud America, all’Asia. Queste scoperte mi affascinavano sempre più man mano che andavo avanti e così ho iniziato a studiare, ricercare, creare archivi di immagini raccolte dal web e testi vari.
I seminari che portiamo in giro sono diversi l’uno dall’altro e quando vengono coinvolti i bambini è tutto ancor più speciale
Oltre agli utilizzi antichi come contenitori e strumenti musicali, le forme rotonde di una generosa zucca richiamano anche i segni della fertilità, dell’abbondanza, della rinascita. In Laos, ad esempio, le genti fanno risalire le loro remote origini a delle enormi zucche appese all’asse del mondo, da cui nacquero i progenitori degli uomini. La stessa idea l’hanno avuta i Taoisti con le cosiddette zucche celesti, grandissime ed esistenti prima del mondo; nella loro pancia, custoditi da millenni, contengono tutti i generi umani, tutte le innumerevoli varietà di riso esistenti sulla Terra e i manuali delle loro “scienze segrete”.
Come avete vissuto questi anni qui e quanto è complesso, se lo è, svolgere attività creative in un’area geografica come questa?
Noi siamo sempre stati bene qui, non ci manca nulla. Entrare nel tessuto sociale non è stato invece così semplice: più che mai abbiamo capito l’importanza della socialità, ovvero del rendere sociali determinate cose e creare relazioni. I bambini in questo mi hanno dato molti spunti. La situazione infatti è migliorata da quando quattro anni fa ho iniziato ad andare al campetto che abbiamo qui, dove tengo tutti – dai più piccoli ai più grandi – per un intero pomeriggio.
La costanza è stata vincente e ora c’è una trentina di bambini che partecipa alle attività. In aggiunta ho iniziato a organizzare visite guidate per le scuole, laboratori aperti di lavorazione di cartapesta e di terracotta. Come tutto ci vuole impegno: creare relazioni sociali ha bisogno di costanza e tempo. Abbiamo quattro figli e casa nostra è sempre piena di bambini e ragazzini, credo sia legato al fatto che siamo differenti da altre famiglie. Dico sempre che se volessi un giorno fare la sindaca, devo solo aspettare che loro abbiano l’età per votare!
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Qual’è il ruolo dei confini geografici e quindi culturali di questa valle, per come li vivete voi?
Credo che sia Liguria tutta la nostra valle: partendo dalle persone, dal tipo di cultura, ma anche proprio i servizi, ad esempio le scuole sono tutte a fondo valle. Non sono confini reali, sempre che ne esistano.
Spiegati meglio.
In generale non credo alla definizione di confini e ancor di meno a tutto ciò che crea una divisione, un “noi” e un “loro”. Ciò che ho notato in questi anni è la conseguenza di aver inserito questi confini: essendo la provincia piemontese più ricca e attenta alle aree interne, alcuni servizi funzionano meglio e ci sono più accortezze e risorse destinate che l’entroterra di pertinenza della Liguria non ha o comunque ha in misura inferiore.
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