20 Mar 2023

“Non paghiamo il fossile”, la campagna di Ultima Generazione arriva anche a Catania

Scritto da: Salvina Elisa Cutuli

Mercoledì 15 marzo a Catania si è svolto l’incontro aperto con gli attivisti di Ultima Generazione per parlare di clima e della campagna “Non paghiamo il fossile”. Un momento di dialogo e confronto che ha contribuito a far conoscere meglio le emozioni e le motivazioni che spingono le attiviste e gli attivisti a intraprendere azioni molto forti nonviolente, ma spesso illegali, che possono mettere a repentaglio il loro futuro.

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Catania - “Se la verità ti mette a disagio, non incolpare la verità. Incolpa la bugia che ti ha fatto sentire a tuo agio”. Non so chi sia l’autore di questa frase, ma calza molto bene con quanto sto per raccontarvi e che in realtà è sotto gli occhi di tutti ormai da tempo. Secondo i dati raccolti dall’Osservatorio Città Clima di Legambiente, la Sicilia è stata indicata come la terza regione italiana per numero di eventi estremi nel 2022. Ne sono stati registrati 31.

Sul podio anche il Lazio e la Lombardia che guida la classifica con 37 eventi estremi. Ad una prima lettura il 2022 sarebbe stato per la Sicilia migliore rispetto al 2021, anno in cui ha ottenuto il triste primato tra le regioni italiane più colpite. Un primato che ha visto “solo” 30 fenomeni violenti, che nel 2022 sono diventati 31. Siamo certi di poter dire che il 2022 sia stato per la Sicilia migliore rispetto al 2021? Se estendiamo lo sguardo alle altre regioni e al numero complessivo in aumento, la risposta è senz’altro no! 

Questi dati dovrebbero bastare a farci prendere atto di quanto stiamo vivendo. Siamo nel corso di una vera e propria emergenza climatica che riguarda tutti, nessuno escluso. Eppure mercoledì 15 marzo a Catania, durante l’incontro aperto con gli attivisti di Ultima Generazione al Teatro Coppola, organizzato contemporaneamente in altre città italiane per parlare di clima e della campagna “Non paghiamo il fossile”, eravamo davvero quattro gatti. 

scienziato attivisti ultima generazione

«Abbiamo bisogno di un nuovo approccio ecologico, che trasformi il nostro modo di abitare il mondo, i nostri stili di vita, la nostra relazione con le risorse della Terra e, in generale, il modo di guardare all’uomo e di vivere la vita». Non sono le parole di uno scienziato catastrofista, ma quelle di papa Francesco che forse, più di altri, ha ben chiaro il grido della natura e di chi vive in contesti che stanno già subendo forti conseguenze a causa di un clima impazzito, a testimonianza di come sia tutto interconnesso e interdipendente e di come la nostra salute non sia separata dalla salute dell’ambiente e della Terra in generale.

Gli attivisti di Ultima Generazione sono ormai noti in tutto il mondo per le azioni non violente, forti, ma spesso illegali che compiono periodicamente, assumendosene la responsabilità. I vetri di copertura di famosi quadri dei più importanti musei imbrattati con vernici lavabili, azioni di resistenza civile, blocchi del traffico in arterie capillari, sciopero della fame e molto altro ancora sono notizie che hanno fatto discutere molto.

Chi legge si ricorderà senz’altro anche di quei giovani che hanno imbrattato la facciata di Palazzo Madama a Roma, sede del Senato italiano. Tra questi c’era anche Davide Sensi, tra gli organizzatori della serata di Catania, in Sicilia da qualche mese con l’obiettivo di nutrire una partecipazione attiva anche nel sud della penisola

Queste stesse metodologie sono state applicate in passato e hanno funzionato. La disobbedienza civile non è un fine, ma un mezzo

Nel corso della puntata di Io Non mi Rassegno dello scorso gennaio Andrea degl’Innocenti commentava: «Come dovrebbe comportarsi la legge di fronte a questo è per me un oggetto misterioso. Non lo so. Ma per come vedo io, da ignorante in materia, l’applicazione della legge in questi casi più che in altri è importante tener conto della motivazione che sta dietro al gesto. Capisco che la giustizia non possa soprassedere di fronte a chi infrange la legge, ma sarebbe interessante vedere la stessa solerzia, e magari la stessa indignazione di buona parte della classe politica verso le aziende che continuano a finanziare le fonti fossili, a estrarre idrocarburi dal sottosuolo e così via».

«Fra i tanti commenti che ho letto in questi giorni – prosegue Andrea –, mi è sembrato uno spunto interessante quello di Luca Sofri su Domani, che spiegava come sembri esserci una sorta di accanimento particolare della giustizia e della politica su questi ragazze e ragazzi, che è maggiore ad esempio di quello mostrato verso le tifoserie violente o altri fenomeni di ben altro spessore dal punto di vista della giustizia e per di più motivati da ragioni molto più futili».

«Forse, mi viene da pensare, i ragazzi e le ragazze di UG toccano un nervo scoperto della nostra società, che è un po’ anche generazionale. Mostrano al mondo che tutte le generazioni venute prima di loro non hanno fatto quasi nulla per risolvere la crisi climatica. Ed è una verità che fa male, che preferiamo non vedere. Eppure dobbiamo osservarla, dobbiamo guardare in fondo alla tana del Bianconiglio, avere il coraggio di osservare la Luna e non il dito che la indica. Anche se fa paura, anche se fa male», conclude Andrea. 

ultima generazione palazzo madama

Gli attivisti di Ultima Generazione si avvalgono della pratica della cosiddetta resistenza nonviolenta per raggiungere i loro obiettivi. Di fatto, non si sono inventati nulla. Prima di loro la forma moderna di resistenza nonviolenta è stata resa popolare dal leader indiano Gandhi, ma anche dalle suffragette, da Nelson Mandela, Martin Luther King, Henry David Thoreau e molti altri ancora.

Grazie a loro godiamo di molti di quei diritti civili che per noi sono scontati. Abbiamo idea di quante difficoltà e di come queste donne e questi uomini hanno messo a repentaglio la propria vita? Forse no o forse sì, ma solo a parole, perché per nostra natura siamo tendenzialmente portati a comprendere la portata di un evento, grave o lieve, giusto o sbagliato che sia, solo quanto ci coinvolge direttamente e personalmente.

Io lo ammetto, non avrei mai il coraggio di tutte le ragazze e i ragazzi che ho incontrato al Teatro Coppola. Gaetano, 20 anni, in sedia a rotelle, partecipa alle azioni da febbraio. Ha vissuto in prima persona cosa vuol dire bloccare il traffico a Milano e ricevere insulti sul proprio stato fisico. «Ho partecipato perché sono arrabbiato e sento l’urgenza di dover contribuire in qualche modo. Ormai nulla può fermarmi, ho preso la mia decisione. Anche la mia famiglia l’ha capito e comincia a comprendere questo tipo di attivismo. Sono pronto ad affrontare eventuali rischi legali». 

Per Gesualdo la manifestazione di Catania di sabato 11 marzo è stata la prima. Incertezza ed emozione accompagnate dalla voglia di non mancare di rispetto a nessuno. Si è incollato al famoso Liotru e subito dopo ha ripulito tutto. «Il mio è un percorso di crescita personale. Tempo fa ho cominciato a ridurre al minimo i viaggi aerei, a rinunciare alla macchina, anche nella ricerca e nei miei studi mi sono avvicinato a questi temi».

ultima generazione attivisti

«Dallo scorso autunno ho sentito che le mie azioni individuali non bastavano più, mi sono detto che era giunta l’ora di fare qualcosa e ho deciso di prendere parte all’inizio solo come sostegno ai gruppi locali, poi ho letto la storia della resistenza civile nonviolenta e così… vivendo una condizione di privilegio ho deciso anche di interrompere per un periodo la mia attività. Le mie azioni devono essere coerenti con il mio sistema di valori, sono cambiato e non potrei continuare con uno stile di vita che non mi appartiene più». 

Infine Davide, che ha interrotto i suoi studi in astronomia per dedicarsi completamente all’attivismo. Non mancano le difficoltà e le indecisioni in questo suo percorso. Sa e sente che in questo momento è la cosa giusta per lui. Tra i veterani, ha cominciato a dicembre 2021 con le prime azioni. Adesso è in attesa del processo per l’imbrattamento di Palazzo Madama, che si svolgerà il prossimo maggio.

«Abbiamo avvocati che ci sostengono, che ci consigliano. La cosa peggiore è finire in carcere come è successo ad attivisti in Germania e Inghilterra. In Italia ancora non abbiamo precedenti. Io sono consapevole di quello che faccio, forse questo può rassicurare le persone che amo, anche se a volte ci stanno male. Per fortuna non mi sento solo, siamo migliaia nel mondo e questo mi dà tanta forza e speranza insieme al pensiero che queste stesse metodologie sono state applicate in passato e hanno funzionato. La disobbedienza civile non è un fine, ma un mezzo». 

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