Saper parlare: il teatro ragazzi, la voce, la famiglia
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La possibilità di condurre laboratori di teatro ragazzi all’interno degli istituti scolastici offre infinite possibilità di crescita, riflessione, collaborazione. Mi trovo spesso a rimandare agli alunni di una classe quanto il loro essere insieme non sia casuale e che sono un gruppo, una comunità. Una classe può perfino assomigliare a una famiglia. E cosa si fa in una famiglia? Ci si aiuta l’un l’altro. Tutti cooperano per il bene comune, sia esso l’ambiente in cui trascorrono il loro tempo – la casa o la scuola –, la necessità di procurare i beni necessari al sostentamento – il cibo o i materiali didattici – oppure il benessere di ognuno dei suoi membri – la cura, il dialogo, la serenità.
In una famiglia non ci si vergogna, non ci si nasconde. Si riesce a essere sé stessi, senza dover indossare “maschere” o abiti eleganti. Ecco, quando ci troviamo a fare teatro tutti insieme accade proprio questo: cadono le barriere e fuoriesce il nostro vero io, con pregi e difetti, passioni e speranze, desideri e avversioni.
Il teatro lavora principalmente per il miglioramento delle facoltà linguistiche e comunicative, affinché l’attore veicoli agevolmente al pubblico il messaggio verbale e non verbale della commedia che sta recitando. Pertanto, in fase laboratoriale, ci si sofferma spesso sulle piccole difficoltà di ciascuno in ambito strettamente linguistico/espressivo. C’è chi parla troppo veloce, chi con un filo di voce, chi con tono monocorde. Qualcuno non articola a sufficienza, altri non sostengono lo sguardo dell’interlocutore, altri ancora non modulano armoniosamente la respirazione.
Inevitabilmente questi lievissimi difetti, comuni anche in moltissimi adulti, conquistano la ribalta e noi registi insegniamo agli allievi specifici esercizi per far in modo che l’eloquio del singolo sia sempre più intellegibile da parte di chi ascolta. Così facendo, non solo rendiamo i ragazzi più bravi come attori: assolviamo a un compito ben più grande. Questa nuova competenza entrerà prepotentemente a far parte del loro modo di essere e migliorerà le loro prestazioni scolastiche, la sicurezza nel farsi nuovi amici, l’assertività.
Il linguaggio è la punta dell’iceberg del nostro essere. Dal modo in cui ci esprimiamo si comprendono moltissime cose su come siamo e come stiamo al mondo. È infatti assolutamente raro che una persona che parla troppo velocemente sia poi calma, ben organizzata, sempre lucida e presente a sé stessa nella propria vita. Chi parla con un filo di voce, difficilmente avrà un carattere estroverso, raramente prenderà l’iniziativa nel conoscere una persona che ha suscitato il suo interesse e così via. Pertanto, migliorando l’articolazione, la prosodia, il rallentamento dell’eloquio, miglioriamo inevitabilmente la qualità della vita di ciascuno.
Ma parlavamo del gruppo, della famiglia. Una delle tante risorse del fare teatro ragazzi all’interno degli istituti scolastici risiede proprio nel fatto che il gruppo classe si aiuta, si sostiene, si completa. Ecco allora che per far meglio acquisire consapevolezza a Martina (nome di fantasia) dell’estrema velocità del suo eloquio, la invito a porre maggiore attenzione al modo in cui parla la sua compagna Barbara. Allo stesso modo, esorto Davide a osservare attentamente la mancata articolazione di Stefano, che muove pochissimo la bocca esattamente come lui. E così via.
Spiego bene ai ragazzi che ciascuno è d’aiuto all’altro. Che io posso insegnar loro tecniche specifiche e determinati esercizi, ma nulla è più potente della “famiglia scolastica” che interviene a sostegno di ciascuno. Inoltre, tutti abbiamo qualche piccolo difetto. Racconto sempre che anche io tendo a parlare molto velocemente e che il teatro mi ha aiutato a prendere coscienza e a modificare questo aspetto; in seconda istanza sono riuscita anche a compiere le azioni quotidiane in maniera meno frettolosa, evitando quei problemi che mi accadevano tanto spesso – tipo non trovare gli oggetti, essere disordinata, dimenticare appuntamenti importanti – perché la fretta mi portava a compiere una miriade di errori.
Talvolta riesco a coinvolgere anche le maestre in questo dialogo ed ecco che qualcuna ci racconta di essere una ritardataria cronica, un’altra confessa di essere troppo timida e così via. Nessuno è perfetto, ma insieme possiamo aiutarci a migliorare questi aspetti linguistico/comunicativi e il risultato inevitabilmente agirà sul nostro carattere e il comportamento.
Inizio quindi a vedere gli occhi dei miei giovani allievi accendersi di interesse e speranza. Hanno compreso che il prendere consapevolezza dei difetti è il primo passo verso la risoluzione degli stessi e che ciascuno/a non è solo nel cammino: tutti gli altri cooperano e fanno il tifo per lui/lei. Insieme sdrammatizzeranno i fallimenti, arrivando perfino a riderne, e gioiranno dei successi, delle piccole conquiste, perché il nuovo talento appena conquistato da quel compagno che non ha mai creduto in se stesso, sarà merito di tutti e di ciascuno.
Una compagnia teatrale può quindi essere una famiglia, ma una famiglia ideale. All’interno di essa si può anche discutere, avere opinioni opposte, ma di certo ci sarà ascolto delle idee di tutti. Assorbe gli urti della vita trovando soluzioni accettate dalla globalità. Non giudica, non ride delle mancanze. È specchio delle difficoltà di ciascuno, favorisce la consapevolezza ed è sempre pronta a migliorarsi.
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