Le difficoltà della sanità in aree di confine: il caso della Croce Bianca in Val Pennavaire
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Cuneo, Savona - L’esplorazione delle aree di confine, in particolare della Val Pennavaire, continua e oggi cercheremo di raccontare quali sono le difficoltà legate ad uno degli ambiti più significativi per la vita delle persone: la sanità. L’esigenza di approfondire il tema e di raccontarlo a mia volta è nata qualche settimana fa, quando in auto ho attraversato la via principale del paese di Alto per scendere la valle.
A qualche centinaio di metri dalla rotonda vedo una signora a terra: mi avvicino per capire se necessita di aiuto e subito allerto il responsabile del servizio di Croce Bianca del paese. In cinque minuti due volontari arrivano con l’ambulanza, la quale però ha bisogno dell’ok da parte della centrale operativa per poter partire verso l’ospedale più vicino.
I telefoni sono tanti, ma nessuno riesce a prendere la linea con il numero per le emergenze, tanto che l’intervento celere da parte del servizio dei volontari viene fermato in attesa di risposte: inizia così il rimbalzo di telefonate tra centralini piemontesi e liguri, nella speranza che l’attesa conferma arrivi. Il finale in questo caso è positivo: la persona ferita è riuscita a raggiungere l’ospedale e a ricevere le cure necessarie, ma è sempre così? E se i tanti minuti di attesa sommati al tempo necessario per raggiungere il pronto soccorso avessero fatto la differenza?
Chiedo dunque aiuto per comprendere le problematiche e le possibili soluzioni all’attuale direttore responsabile dei servizi di Croce Bianca di Alto (CN), Cosimo De Pascalis, conosciuto in valle con il soprannome di Mimino, che da quattro anni è volontario. Oltre al corso base, si è specializzato con il corso BLSD (Basic Life Support & Defibrillation), fondamentale per il suo lavoro di volontario per la valle, ma anche per Albenga, dove due giorni a settimana è reperibile. Lo invito per un caffè a casa mia e mi addentro subito nel porgli domande per disgregare una matassa di ritardi e problemi burocratici da regioni diverse, che a loro volta hanno difficoltà sul piano dei servizi della salute pubblica.
Da quanto esiste il servizio di Croce Bianca ad Alto? È l’unico della valle?
Il servizio è stato creato diversi anni fa e a volerlo è stato Adriano Mela che, supportato da altri, è riuscito a gettarne le basi. In questi ultimi tredici anni il servizio è stato sotto la responsabilità di Mauro De Andreis, che per molti anni ha lavorato come infermiere al pronto soccorso di Albenga e che ha coordinato il gruppo di volontari qui ad Alto.
Da gennaio poi, per problemi personali, ha dovuto lasciare e c’era il rischio che venisse tolta l’ambulanza del paese, quindi ho deciso di subentrare io. Anche altri paesi della valle, ovvero Nasino e Castelbianco, hanno un’ambulanza e collaboriamo in base a un calendario mensile condiviso per garantire la copertura di reperibilità in caso di chiamate provenienti sia dal territorio della Val Pennavaire e, in caso ce ne fosse bisogno, anche dai Comuni liguri più vicini, tra cui Albenga stessa.
Cosa è avvenuto qualche giorno fa? Ci puoi spiegare i problemi che avete riscontrato e che riscontrate negli interventi?
Per prassi dobbiamo chiamare il 112 e attendere la conferma a partire con l’ambulanza, ma quel giorno o cadeva la linea o non rispondeva nessuno. Ho contattato allora direttamente il centro operativo di Savona, che è il nostro riferimento principale, il quale però mi continuava a rimandare al 112. Quando dopo diversi tentativi ho fatto presente la nostra impossibilità a contattarli, Savona mi ha messo in contatto con il centro operativo di Cuneo, il quale a sua volta mi ha dato conferma ma con riferimento Savona e siamo finalmente riusciti a partire.
Essendo parte della Val Pennavaire abbiamo come riferimento operativo la Liguria, anche perché l’ospedale più vicino è ligure, ma risultando Piemonte le chiamate vengono indirizzate al centralino piemontese e, nello specifico, risponde Torino, che contatta Savigliano, il quale a sua volta contatta Savona per poi girare la richiesta a noi. Passa molto tempo, troppo. Mentre noi siamo già sul posto e potremmo ridurre al minimo i tempi di intervento e spostamento.
A tutto ciò si va a sommare una situazione delle infrastrutture sanitarie, in cui il pronto soccorso di Albenga è stato chiuso da tempo e il più vicino è Pietra Ligure che dista circa 40 chilometri, oltre a una situazione delle autostrade pessima, in cui i continui cantieri le rendono impercorribili. Come e quanto incide tutto ciò sul vostro operato di valle?
In situazioni in cui le tempistiche fanno la differenza è veramente difficile: qualche mese fa siamo stati chiamati per un codice giallo e abbiamo trovato l’autostrada bloccata e per di più senza corsie di emergenza. Se fosse stato un codice rosso l’avremmo quasi sicuramente perso. Oppure mi viene in mente la chiamata per un travaglio: siamo partiti con un medico e un infermiere alle 5 del mattino dalla valle e abbiamo rischiato che nascesse in ambulanza, perché il primo punto nascita ligure è a Savona, a 75 chilometri da Alto – prima era Pietra Ligure, ma è stato anch’esso chiuso.
Ad Albenga abbiamo un possibile gioiello della sanità, che funzionava molto bene per le dimensioni e l’organizzazione, ma purtroppo si è deciso di cambiarne l’uso, andando a chiudere il pronto soccorso, poi il punto nascite. Il lato piemontese per noi è impensabile; gli altri ospedali più vicini sono a Mondovì (CN), che dista due ore di auto, o Imperia, a un’ora e un quarto. Insomma c’è da sperare di stare bene sempre. Purtroppo la sanità è diventata una questione puramente politica, legata ad interessi e sovvenzioni, mentre le esigenze reali delle persone passano in secondo piano. A nulla sembrano essere servite la manifestazioni, organizzate da cittadini e realtà del territorio, come Sos salute, il cui slogan è “Senza pronto soccorso si muore”.
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