30 Mar 2023

Come stanno piante e animali della Val Pennavaire? Voce alla natura selvatica

Scritto da: Emanuela Sabidussi

Torniamo a parlare di confini in Val Pennavaire, ma questa volta attraverso altri abitanti del territorio, quelli appartenenti al mondo vegetale e animale. Per farlo e dar voce alle problematiche del territorio e di chi ci vive, abbiamo intervistato Marina Caramellino, guida ambientale naturalistica, ex abitante della valle e gestitrice del rifugio.

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Cuneo - Vi ho parlato in queste settimane della Val Pennavaire attraverso le esperienze vissute dai suoi abitanti, che però si focalizzano solo su alcuni punti. In particolare, un elemento che spesso rimane escluso ma che fa da padrone indiscusso in questa valle è la Natura e ad essa questi luoghi devono la loro preziosa bellezza. Qui infatti chiunque arrivi, anche solo per una gita in giornata, rimane colpito dalle grandi montagne che sembrano avvolgere in un abbraccio materno l’intera valle, che può così esprimere a pieno la sua bellezza selvatica e fuori dal tempo.

Ho scoperto poco tempo fa che, a differenza di altre valle più antropizzate, la Val Pennavaire è riuscita a mantenere parte della sua selvaticità grazie al riconoscimento di parte del suo territorio come ZPS, ovvero zona di protezione speciale, al fine preservare gli uccelli selvatici e di mantenerne il più indisturbato possibile il loro habitat. Per comprendere meglio come sta il mondo vegetale e faunistico di valle, ho rivolto qualche domanda a Marina Caramellino, esperta guida ambientale ed escursionistica che ha gestito per qualche anno il rifugio Pian Dell’Arma di Caprauna. Ciò le ha permesso di conoscere da vicino il territorio e poterne scrutare le potenzialità e anche le attuali difficoltà.

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Marina Caramellino
Chi sono gli abitanti di questo territorio, oltre agli esseri umani?

In questa zona, oltre alla vegetazione che è molto evidente, abbiamo fauna di migrazione, ma anche molte aquile reali, bianconi, falchi, gufi reali, cinghiali, caprioli, lupi, rane e rettili. Questi animali si trovano ogni giorno a confrontarsi con diversi problemi: dal bracconaggio ai bocconi avvelenati per i lupi, alla caccia e a ciò che ne consegue. I cinghiali vengono spesso nutriti da umani e sono stati nel corso del tempo incrociati, creando la tipologia ad oggi presente, sempre più simile al maiale.

Anche i caprioli sono stati immessi nella zona negli anni ‘60 da parte del parco: non ho informazioni sulla motivazione, ma è possibile che esistessero precedentemente e si fossero estinti. Inoltre, fino a qualche anno fa, avevamo ancora una famiglia di camosci, l’ultima della zona, ma è stata uccisa da cacciatori.

Siamo in una zona divisa tra due regioni, Liguria e Piemonte: il confine è presente anche a livello naturale?

Ci sono differenze tra i diversi territori della valle, in quanto si passa dalle montagne più selvatiche agli uliveti del fondo valle, che è più antropizzato e molto più coltivato. Ma ci sono costanti in questa valle: ogni paese possiede parti che nonostante la presenza dell’uomo sono rimasti selvatici, come il Monte Galero di Nasino (SV). Inoltre la flora che troviamo in questa valle è principalmente quella ligure, perché nonostante le montagne e i paesi sotto il territorio cuneese, orograficamente l’intera valle risente dell’influenza del mare e i benefici sono evidenti.

La famiglia è il primo luogo dove possiamo sviluppare la nostra sensibilità ed empatia nei confronti della natura e dei suoi abitanti

Per farvi qualche esempio, qui possiamo trovare la campanula silene, come la stella alpina, e molti tulipani montani – che qui sono molto diffusi, anche se rari da vedere – o la rosa sicula. Credo che sia innegabile che si tratti di una zona importante, che è sempre stata trascurata, non protetta: i Comuni hanno fatto poco in questi ultimi decenni per mancanza di disponibilità e di conoscenze, tanto che la parte di ZPS è stata data in gestione al parco naturale delle Alpi Marittime.

Qual è il rapporto tra natura e umani in questa valle, secondo la tua esperienza?

Credo non buono: la maggior parte degli abitanti non ama la natura, è dentro al sogno del posto fisso, della ricchezza economica, dell’auto bella. Vivono qui senza sapere e comprendere il patrimonio che hanno intorno e ciò è dovuto alla sensibilità che non gli è stata insegnata dalla famiglia di origine: fino a qualche anno fa i giovani venivano cresciuti nella speranza che un giorno avrebbero potuto andarsene per cercare una vita migliore in città.

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Foto di Marina Caramellino

Ciò non ha permesso di sviluppare un’empatia e una conoscenza del territorio, perché esso veniva vissuto per la maggior parte di loro come qualcosa da cui difendersi o da gestire, ma in rari casi da amare e rispettare. E le cause erano molte. Oggi la vita qui è più semplice e forse è giunto il momento dello scatto generazionale in cui aprire gli occhi e i sensi e poter cogliere ciò che abbiamo intorno e la fortuna che ne deriva.

Quali potenzialità vedi tu?

Sono convinta che la zona possa avere uno sbocco a livello turistico molto grande attraverso un turismo sano, lento, legato magari alle passeggiate e ad attività esperienziali; in fin dei conti a ciò che chiede la gente oggi. Non si può improvvisare nulla però, bisognerebbe avere un confronto come valle e un programma quinquennale di sviluppo per evitare problemi.

Mi ispirerei al modello francese, che permette di avvicinarsi ad alcune aree, ma non ad altre per evitare di disturbare alcuni animali. Qui in valle salgono ancora oggi in moto fino all’Ermetta senza porsi domande sulle conseguenze di questo. Capite bene che dobbiamo cambiare i presupposti e partire da una consapevolezza di fondo e di un rispetto che sono ancora poco presenti. Ma ho fiducia che ciò possa avvenire.

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