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Caltanissetta - Pane, amore e fantasia. Il pane è l’ingrediente principale, la fantasia è stata necessaria per reinterpretare un luogo e un lavoro e l’amore è ciò che dona sempre ai piccoli gesti di un immenso valore. Non è la trama della famosa commedia di Comencini, ma la storia di Rosa Burgio, una donna che attraverso il pane ha saputo rileggere con occhi diversi la propria storia e l’identità dei luoghi che ha sempre vissuto.
Quasi per caso e senza volerlo, Rosa si è ritrovata a gestire a Serradifalco il panificio storico del padre, che prima ancora era del nonno e prima ancora del suo bisnonno a partire dal 1929. Un luogo che non ha mai amato pur vivendolo quotidianamente, da sempre associato a uno stile di vita – quello dei suoi genitori – che non ha mai condiviso. Una conduzione industriale e intensiva che li ha portati sovente a sacrificare tutto, anche il tempo da trascorrere con la propria figlia.
Rosa si è sentita spesso sola ed è cresciuta con i nonni, persone anziane che da piccola viveva come un problema. Oggi, a distanza di parecchi anni, il retaggio di quello che per lei è stato un periodo difficile è diventato una risorsa, la sua forza. Attraverso il lavoro nel panificio “porta avanti” tante storie di vita, molte di queste appartengono al passato, ai tempi dei suoi nonni, un’epoca che non esiste più ma che rivive tramite lei.
E proprio dalla nonna materna con cui è cresciuta, che ricorda impastare con le sue mani fatate, arrivano i racconti sul pane. «Mia nonna era figlia di contadini. Mi raccontava spesso di forni comuni dove da mezzadri si andava a cuocere il pane. Lei lo fece per la prima volta a 9 anni, quando suo padre si allontanò dalla terra per assistere la moglie che stava per partorire. Il primo pane, che ha segnato l’ingresso all’età adulta. Un racconto che mi ha permesso di ripristinare questa attività. Per riuscirci ho dovuto farmela piacere», racconta Rosa.
Così, da circa otto anni, ha cominciato a stravolgere anche fisicamente lo spazio del panificio ereditato. Ha abbattuto pareti, messo nuove luci, ha cominciato a valorizzare gli spazi interni ed esterni e a immergersi nella storia del forno, scoprendone le origini fortemente connesse con la storia del paese. Il bisnonno, prima di fondare il forno, era stato uno dei proprietari delle miniere della zona – Serradifalco e la provincia di Caltanissetta sono note per le tante miniere di zolfo, una pagina spesso buia e dolorosa della storia dell’Isola. Poi è morto lasciando i figli piccoli e la bisnonna Michelina a condurre il forno.
Una storia che si ripete nel tempo proprio attraverso Rosa, che ha creato uno spazio nuovo: i vecchi archi a botte un tempo nascosti oggi sono in bella vista, al centro c’è un vecchio grande tavolo della bisnonna dove si faceva il pane e poi libri ovunque, regali dei clienti, e un vecchio scaffale con il pane esposto. Un luogo di passaggio che custodisce storie e accoglie tutti coloro che vogliono fermarsi qualche minuto a scambiare ricordi, pensieri o solo qualche parola con Rosa che, per rendere ancora più “unici” questi momenti, ha comprato una grande caffettiera con cui prepara il caffè da offrire a tutti.
«Oggi vivo questo luogo con uno spirito diverso», racconta Rosa. «Mi dà l’opportunità di incontrare molte persone. Il forno è diventato il centro di tutte le mie passioni e delle mie attività. Mi dedico pure all’ospitalità, affitto case soprattutto a figli e nipoti di emigrati del paese che ritornano in vacanza dopo molti anni. Mi ritrovo ad ascoltare le storie di chi viveva qui un tempo e così rileggo la storia del posto, ma anche quella mia personale, familiare e comunitaria».
È un modo per guardare le cose da una nuove prospettive: «Questo mi ha spinto ad approfondire la ricerca genealogica di chi ha vissuto qui. Le storie vanno raccontate e servono a cambiare anche il proprio vissuto. Abbiamo la tendenza a vivere le cose negativamente, vederle, leggerle e raccontarle aiuta a rivalutarle».
Rosa ha deciso di portare avanti il forno di famiglia non per una questione affettiva. Si è ritrovata tra le mani un’attività e si è chiesta come declinarla alla sua maniera. La storia dà valore a questo luogo che adesso si identifica con lei e con il suo passato. Un posto che ritrova valore anche nelle storie delle persone che sono andate via.
«Qui arriva chiunque anche se non abbiamo una posizione centrale e si scoprono curiosità incredibili. Ad esempio, l’attrice che interpretato il ruolo della mamma nel film Il favoloso mondo di Amelie è originaria di Serradifalco. È venuta qui in vacanza con il compagno parigino e si è fermata a chiacchierare e a raccontarmi dei suoi ricordi lontani e dei nonni partiti da qui. Questo è solo uno di tanti esempi», continua Rosa.
Il forno è diventato un luogo di aggregazione che smuove le coscienze e il territorio e ridà slancio alla storia del paese e all’identità dei luoghi. E intorno al forno Rosa ha organizzato diversi progetti rendendo protagonisti anche molti degli emigrati tornati in paese in vacanza. «Questo accade anche quando faccio assaggiare loro un dolce antico, vengono alla memoria i tempi in cui si faceva il buccellato o la cuddura. Una memoria emotiva che ti rende protagonista di ciò che accade intorno a te e vivi».
Serate musicali in strada, trasformata in vero e proprio spazio teatrale, e il forno da contorno come scenografia, mostre ed esposizioni artistiche. Iniziative che creano legami con la comunità e con le persone che ne hanno fatto parte attraverso una rete di incontri, volti, memorie e storie del passato e del presente di Serradifalco.
«Io faccio di tutto, organizzo eventi, impasto, vendo pane, ma soprattutto custodisco e tramando storie», continua la panettiera di Serradifalco. «Ho anche acquistato due mezzi antichi, una R4 a cui ho dato il nome della nonna con cui sono cresciuta, Teresa, e un’ape con cui farò il servizio di asporto che ho chiamato Michelina, la nonna che si è ritrovata a condurre da sola il forno».
«Sono un’appassionata di psicologia e di Jodorowsky, che ha scritto un romanzo in cui la protagonista, Teresa proprio come mia nonna, indaga sul valore dell’albero genealogico e riscrive la sua storia. Mi sono rivista molto in lei. Narrare è terapeutico e permette di cambiare. È quello che sto facendo con la mia storia e che vorrei facesse anche il territorio. Il pane è diventato per me una metafora. Come fai a farlo crescere se non metti la giusta proporzione di lievito? E per me il lievito sono le tante storie che ascolto e tramando, che impasto con amore in tutto ciò che faccio», conclude Rosa.
Entrare nel suo forno è come prendere parte a uno spettacolo teatrale. Mentre si aspetta di essere serviti, può capitare di dover ascoltare le parole di una canzone in filodiffusione e scrivere alla lavagna la frase della stessa canzone che più ci ha colpito, per poi ricevere un premio. A Serradifalco questo è possibile, grazie agli ingredienti di Rosa: pane, amore e fantasia…
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