10 Mar 2023

Dalla neve artificiale agli impianti fatiscenti, il turismo invernale di massa sta uccidendo la montagna

Scritto da: Legambiente

È stato pubblicato il report Nevediversa 2023 di Legambiente, un lavoro che fotografa lo stato dei comprensori sciistici della montagna italiana. Il quadro che emerge è drammatico: ricorso sistematico all'innevamento artificiale, decine di impianti dismessi e inutilizzati e la mancanza di una programmazione che guardi e obiettivi fondamentali come la sostenibilità e la diversificazione dell'offerta turistica.

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In Italia, complice la crisi climatica, è SOS neve. Una neve sempre più rara e sempre più costosa, dato che per compensare la mancanza di quella naturale, l’Italia punta sull’innevamento con neve artificiale, una pratica non sostenibile e alquanto cara sperperando anche soldi pubblici. A parlar chiaro sono i dati del nuovo dossier di Legambiente Nevediversa 2023. Il turismo invernale nell’era della crisi climatica.

L’Italia, stando alle ultime stime disponibili, è tra i paesi alpini più dipendenti dalla neve artificiale con il 90% di piste innevate artificialmente. Preoccupante il numero di bacini idrici artificiali presenti in montagna ubicati in prossimità dei comprensori sciistici italiani e utilizzati principalmente per l’innevamento artificiale: sono ben 142 quelli mappati nella Penisola, per la prima volta da Legambiente attraverso l’utilizzo di immagini satellitari. Il Trentino Alto Adige detiene il primato con 59 invasi, seguito da Lombardia con 17 invasi e dal Piemonte con 16 bacini.

UNA FOTOGRAFIA DELLA MONTAGNA ITALIANA

In parallelo, nella Penisola nel 2023 aumentano sia gli “impianti dismessi” toccando quota 249, sia quelli “temporaneamente chiusi” – che sono 138 – sia quelli sottoposti ad “accanimento terapeutico”, ossia quelli che sopravvivono con forti iniezioni di denaro pubblico e che nel 2023 arrivano a quota 181. Tutti impianti censiti da Legambiente, che quest’anno allarga il suo monitoraggio includendo anche altre categorie, come quelle di impianti che con le loro aperture “a rubinetto” rendono bene l’idea della situazione di incertezza che vive il settore.

Per Legambiente il sistema di innevamento artificiale non è una pratica sostenibile e di adattamento, dato che comporta consistenti consumi di acqua, energia e suolo in territori di grande pregio. In particolare, l’associazione ha fatto la seguente stima: considerando che in Italia il 90% delle piste è dotato di impianti di innevamento artificiale, il consumo annuo di acqua già ora potrebbe raggiungere 96.840.000 di m³, che corrispondono al consumo idrico annuo di circa una città da un milione di abitanti.

Inoltre l’innevamento artificiale richiede sempre maggiori investimenti per nuove tecnologie ed enormi oneri a carico della pubblica amministrazione. Senza contare che il costo della produzione di neve artificiale sta anche lievitando, passando dai 2 euro circa a metro cubo del 2021-2022, ai 3-7 euro al metro cubo nella stagione 2022-2023. Per questi motivi Legambiente torna a ribadire l’urgenza di ripensare a un nuovo modello di turismo invernale montano ecosostenibile, partendo da una diversificazione delle attività. Ce lo impone la crisi climatica che avanza e che sta avendo anche pesanti impatti sull’ambiente montano. Difronte a ciò l’Italia non può più restare miope, ne può pensare di poter inseguire la neve.

neve artificiale legambiente
La presentazione del report Nevediversa 2023

«La crisi climatica – ha detto Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – sta accelerando la sua corsa: la fusione repentina dei ghiacciai alpini che raccontiamo con la nostra campagna Carovana dei ghiacciai, l’emergenza siccità mai finita dalla scorsa estate che non sta dando tregua al nostro Paese e l’aumento delle temperature e degli eventi estremi sono tutti codici rossi e campanelli d’allarme che il nostro Pianeta ci sta inviando. Al ministro del Turismo Daniela Santachè, che questo inverno ha avviato un tavolo tecnico per l’emergenza legata alla mancanza di neve in Appennino, torniamo a ribadire che avrebbe più senso investire risorse nell’adattamento e non nell’innevamento artificiale».

«Con un clima sempre più caldo, nei prossimi anni andremo incontro a usi plurimi dell’acqua sempre più problematici e conflittuali», prosegue Ciafani. «Per questo è fondamentale che nella lotta alla crisi climatica l’Italia cambi rotta mettendo in campo politiche più ambiziose ed efficaci, aggiornando e approvando entro la fine di marzo il piano nazionale di adattamento ai cambiamenti climatici, e rindirizzando meglio i fondi del PNRR».

CRISI CLIMATICA E IMPATTI SU TURISMO INVERNALE E STAGIONE SCIISTICA

Il 2022 è stato l’anno più caldo e secco in oltre due secoli in Italia, il secondo più caldo in Europa. Negli ultimi anni i maggiori incrementi di temperatura si sono registrati nell’arco alpino. Le elevate temperature e lo scarso innevamento producono impatti e ricadute negative anche sul turismo invernale e sulla stagione sciistica. Nella stagione sciistica 2022-2023 per la prima volta nella storia dello sci nel calendario di Coppa del mondo sono state cancellate/rinviate per il comparto maschile 8 gare su 43, il 18,6% del totale. Per il comparto femminile: 5 le gare cancellate su un totale di 42 (11,9% de totale). Quasi tutte per scarso innevamento e/o temperature elevate.

È urgente ripensare a un nuovo modello di turismo invernale montano ecosostenibile, partendo da una diversificazione delle attività

«La neve artificiale che negli anni ottanta era a integrazione di quella naturale, ora costituisce il presupposto indispensabile per una stagione sciistica, a tal punto che i comprensori per sopravvivere richiedono sempre nuove infrastrutture», spiega Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente. «Non si considera però che se le temperature aumenteranno oltre una certa soglia, l’innevamento semplicemente non sarà più praticabile se non in spazi molto ristretti di alta quota, in luoghi dove i costi già elevati della neve e della pratica sportiva subiranno incrementi consistenti, tanto da permettere l’accessibilità dello sci alpino unicamente ad una ridotta élite, così come accadeva nel passato».

CENSIMENTO IMPIANTI E CASI SIMBOLO

Sono 249 gli impianti dismessi censiti da Legambiente, 15 in più rispetto al 2022. Tra i casi simbolo quello di Gressoney-la Trinité (AO), dove l’ex sciovia era utilizzata per lo sci estivo e lo snowboard. Lo skilift è stato dismesso per la fusione del ghiacciaio. Le stazioni di partenza e di arrivo del vecchio skilift sono state smantellate e sgomberate, ma i rottami dell’impianto nel 2018 erano ancora sul posto.

Sono 138 gli impianti temporaneamente chiusi, 3 in più rispetto al 2022. Tra questi quello di Picinisco (FR), dove il comprensorio non riesce a risollevarsi nonostante il rimodernamento da parte dell’Amministrazione. Impennata degli impianti sottoposti ad “accanimento terapeutico”: salgono a 181, 33 in più rispetto al 2022. Ad esempio ad Asiago (VI), Comprensorio Kaberlaba, è stato costruito un nuovo bacino di raccolta per sparare neve nonostante la contrarietà delle attività ricettive. Tra i casi simbolo della categoria “impianti un po’ chiusi, un po’ aperti” c’è quello di Subiaco, nel Lazio, a Monte Livata dove l’impianto, composto da una seggiovia e tre skilift, è stato chiuso a dicembre, aperto a gennaio. Un continuo rincorrere la neve.

neve artificiale1

Per la categoria “edifici fatiscenti” si segnala quello di Colonia Pian di Doccia, Gavinana (PT), dove si trova un enorme complesso in totale stato di abbandono e colpito da atti di vandalismo. Buone notizie arrivano invece dagli “smantellamenti”: ad esempio in Lombardia, a Castione della Presolana (BG), la seggiovia biposto è stata smontata e demolita.

OLIMPIADI MILANO-CORTINA 2026

Nel report Legambiente fa anche il punto sulle Olimpiadi 2026. A tre anni dal via, sono diversi i rischi, i ritardi e le ombre all’orizzonte. Se da una parte i cantieri delle infrastrutture considerate essenziali e indifferibili risultano già essere in ritardo, dall’altra parte la costruzione di queste opere sarà soggetta a “procedure accelerate”, rischiando di sacrificare così le necessarie valutazioni sugli impatti ambientali e sanitari. Manca ancora un completo cronoprogramma e questo rende molto difficile stabilire se e quali opere verranno effettivamente concluse in tempo per i giochi olimpici e quali saranno realizzate solamente per “stralci”. Per non parlare del rischio di infiltrazioni mafiose.

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