3 Mar 2023

Marco e Valeria: “Facciamo vivere la tradizione occitana alla locanda Lou Pitavin”

Scritto da: Lorena Di Maria

Ci sono case fatte di legno e pietra che riscoprono tutta l’autenticità della montagna. Proprio come la Locanda Lou Pitavin, che nasce dal sogno e da tanti anni di lavoro di Marco e Valeria. Nella loro casa, realizzata in bioedilizia e con un uso intelligente dell’energia, accolgono turisti ed escursionisti. Qui è possibile scoprire le meraviglie di una valle autentica come la Val Maira e di una gastronomia dalle radici antiche, come quella di tradizione occitana.

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Cuneo - Nelle borgate alpine delle valli occitane non è difficile imbattersi in alcuni nomi curiosi con i quali venivano chiamati interi nuclei familiari. I nativi del posto utilizzavano il termine stranome, che in dialetto, come ci ricorda il suono della parola, non significa altro che “soprannome”. Dovete sapere infatti che in passato molti abitanti avevano lo stesso cognome, pur non essendo imparentati tra di loro. E poteva addirittura capitare che in uno stesso Comune ci fossero solo tre cognomi per l’intera popolazione. Così un soprannome – o meglio, uno stranome – diventava quel nome popolare con cui una famiglia veniva riconosciuta e chiamata.

Proprio come a Marmora, piccolo paese della Val Maira (CN) che conta appena 50 abitanti. Pinet, Masu, Pitavin sono solo alcuni dei simpatici esempi di stranomi che qui tutti conoscono e che hanno rappresentato l’identità di intere famiglie. Ed è proprio su quest’ultimo nome che voglio soffermarmi: Pitavin. In dialetto occitano questo termine si riferisce a un piccolo uccello, simile a un picchio. Intelligente, determinato ingegnoso. Capace di costruire il suo nido e di farlo con estrema cura.

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Valeria, Marco, Margherita e Martino

Lou Pitavin, proprio come il nome che Marco e Valeria hanno dato alla loro Locanda, la casa che diversi anni fa hanno trasformato in struttura che accoglie turisti e visitatori nell’incontaminata Val Maira. E questo nome tradizionale, che per tutti indicava il cognome della famiglia di Marco, non poteva essere più azzeccato per il loro progetto di vita.

UNA LOCANDA CHE SA DI CASA

È nel 2000 che Marco e Valeria, ancora molto giovani, hanno deciso di realizzare il loro progetto. Lei aveva 21 anni e lui 23. Erano senza esperienza alle spalle ma con tanti sogni che frullavano nella testa. Il loro sogno più grande era quello di ridare vita alla casa di famiglia di Marco che si trovava in alta quota e che nella Borgata Finello veniva sfruttata solo nei mesi invernali. «Come gran parte delle popolazioni di montagna scendi a valle nel periodo freddo. Abbiamo pensato che potevamo fare qualcosa per far rivivere questa casa, disabitata per buona parte dell’anno».

Cogliendo l’occasione dei contributi del Gal – gruppo d’azione locale – che all’epoca erano a disposizione per chi volesse avviare progetti turistici, Marco e Valeria non ci hanno pensato due volte. «Quando si è presentata l’occasione siamo partiti in quarta. Io avevo appena finito il liceo artistico e Marco il liceo scientifico. Non ne sapevamo molto di accoglienza e ristorazione ma avevamo chiaro in mentre che avremmo voluto vivere stabilmente in montagna».

I visitatori qui non troveranno impianti di risalita o malghe attrezzate. Troveranno il silenzio e sentieri completamente liberi da qualsiasi forma di turismo di massa

Quella che un tempo era una semplice casa, e oggi Locanda Lou Pitavin, per la sua forma e dimensioni si prestava alla perfezione per un progetto turistico: «Era una casa completamente da ristrutturare. Siamo partiti con l’aiuto dei finanziamenti europei anche se il nostro personale investimento è stato decisamente superiore a quello inizialmente preventivato. Noi abbiamo avuto la fortuna di avere dei genitori che hanno creduto in noi e ci hanno aiutato con i due mutui», raccontano.

«Se ripenso al passato mi rendo conto che noi siamo stati coraggiosi, ma lo sono stati ancor più di noi. Infatti, noi eravamo giovani e incoscienti, loro erano molto più consapevoli dell’impegno necessario per investire in un progetto di questa portata». Tanto coraggio però ripaga e nonostante le difficoltà e gli inconvenienti di una ristrutturazione impegnativa come può avvenire per un’abitazione a 1300 metri di altitudine, Marco e Valeria hanno finalmente avviato la loro attività.

LA RISTRUTTURAZIONE IN BIOEDILIZIA

Dove un tempo sorgevano le stalle Marco e Valeria hanno ricavato la sala da pranzo, mentre al piano superiore, dove si trovavano i fienili, hanno realizzato le camere. «Dopo la prima ristrutturazione, che contava quattro camere, ci siamo resi conto di aver bisogno di più stanze per gli ospiti, così abbiamo avviato una seconda ristrutturazione». Oggi la locanda offre dieci stanze, oltre a due stanze-rifugio per ospitare interi gruppi di escursionisti. È inoltre il primo Hotel Certificato ClimaHotel-KlimaHotel del Nord-Ovest in Italia, che si caratterizza per un uso intelligente dell’energia, delle risorse e della scelta dei materiali.

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La Locanda Lou Pitavin

L’attenzione alla sostenibilità è un elemento centrale del progetto di Valeria e Marco e la ristrutturazione in bioedilizia ne è un chiaro esempio. Quando chiedo a Valeria da dove arriva questa attenzione al rispetto delle risorse mi risponde così: «Negli anni siamo cresciuti. Abbiamo capito che il mondo stava cambiando e noi dovevamo cambiare insieme a lui».

Cambiare per loro significa rispettare il pianeta che ci ospita e la valle in cui sono nati. «Così abbiamo realizzato il tetto in ardesia, che è un materiale locale; abbiamo scelto un intonaco in terra cruda, ovvero una calce naturale senza l’uso di colle e leganti che è della Val Varaita, vallata limitrofa alla nostra. Come isolamenti abbiamo anche usato il sughero, oltre che la paglia e la fibra di legno».

FAR RIVIVERE LA CUCINA OCCITANA

«Amo le erbe spontanee che crescono intorno alla nostra casa e nei boschi vicini. Amo i dolci e amo il mio semifreddo alla camomilla e quello alla melata d’abete». Marco e Valeria si riforniscono dall’orto-giardino di cui ogni giorno si prendono cura e che profuma di erbe e fiori che finiscono direttamente sulla tavola della locanda Lou Pitavin. E quando le erbe e le verdure dell’orto non sono sufficienti, acquistano prodotti dalle realtà fidate della valle come la frutta e gli ortaggi di Marmora, San Damiano e Dronero, la carne di Caraglio o le farine del Mulino della Riviera.

«I prodotti più lontani che arrivano da noi sono al fondovalle. Cerchiamo di avere tutto il più possibile a chilometro zero». La cucina è il regno di Valeria: con quei prodotti sani e naturali prepara piatti della tradizione come la polenta concia o i ravioles, ovvero gnocchi di patate lunghi e tipici della valle che vengono serviti con burro e panna. Marco invece ha la passione per la panificazione e come sommelier cura la carta dei vini, che raccoglie molte etichette piemontesi e non.

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VIVERE IL SILENZIO DELLA VAL MAIRA

Gli ospiti di Valeria e Marco arrivano, oltre che dall’Italia, anche dalla Francia, dalla Germania, dall’Olanda, dalla Svizzera. «Abbiamo una clientela molto attenta all’impronta ecologica: i visitatori che giungono fin qui sono attenti e sensibili all’ambiente che ci circonda. Vengono da noi conoscendo la nostra filosofia ed è per questo che ci scelgono. Non capitano di certo qui per caso!».

In Val Maira le meraviglie si nascondono dietro ogni albero, torrente, prato, lago o filo d’erba. «Il territorio è selvaggio e incontaminato ed è per questo che i visitatori qui non troveranno impianti di risalita o malghe attrezzate. Troveranno il silenzio e sentieri completamente liberi da qualsiasi forma di turismo di massa». La storia di Marco e Valeria parla di forza e coraggio nell’affrontare le sfide della vita a testa alta. Dalla nascita dei loro due figli Margherita e Martino, per essere più vicini ai servizi, hanno scelto di vivere a Dronero e di salire alla Locanda nei mesi più caldi.

Chiedo loro quali sono state le difficoltà e le soddisfazioni più grandi di questo loro percorso di vita. «La difficoltà più grande è stata la scelta iniziale di cambiare vita. In valle eravamo visti come quelli che arrivavano “da fuori”, nonostante fossimo già legati al territorio, e non è stata semplice l’integrazione. Ma con il tempo ce l’abbiamo fatta. Così in vent’anni abbiamo creato il nostro progetto, abbiamo aumentato la clientela e il livello della cucina e dell’ospitalità. Oggi possiamo dire che ne siamo orgogliosi e questa è la soddisfazione più grande».

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